A Aktuelle Rechtssprechung der Unionsgerichte Rassegna ... · non indossare più il velo, a causa...
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A Aktuelle Rechtssprechung der Unionsgerichte – Rassegna della giurisprudenza europea
Brüssel, 06. April 2017 - Bruxelles, 06 aprile 2017
03/2017
Grundsätze des Gemeinschaftsrechts– Principi del diritto comunitario ........................ 2
Eine unternehmensinterne Regel, die das sichtbare Tragen jedes politischen,
philosophischen oder religiösen Zeichens verbietet, stellt keine unmittelbare
Diskriminierung dar ......................................................................................................... 2
Non costituisce una discriminazione diretta la norma interna di un’impresa che vieta di
indossare in modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso .................................. 3
SERV ............................................................................................................................ 4
Die Mitgliedstaaten können den Notaren die Vornahme von Beglaubigungen der Echtheit
von Unterschriften auf Urkunden, die für die Schaffung oder Übertragung von Rechten an
Liegenschaften erforderlich sind, vorbehalten ..................................................................... 4
Gli Stati membri possono riservare ai notai la facoltà di autenticare le firme apposte sui
documenti necessari per la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari ................. 5
Rechtsangleichung – Ravvicinamento delle legislazioni ............................................... 6
Nach Ansicht des Gerichtshofs gibt es kein Recht auf Vergessenwerden für die im
Gesellschaftsregister eingetragenen personenbezogenen Daten ............................................ 6
Non esiste diritto alla cancellazione per i dati personali contenuti nel registro delle imprese ...... 8
Steuerrecht – Fiscalità ................................................................................................. 9
Der Grundsatz der Gleichbehandlung steht dem Ausschluss auf elektronischem Weg
gelieferter digitaler Bücher, Zeitungen und Zeitschriften von der Anwendung eines
ermäßigten Mehrwertsteuersatzes nicht entgegen ............................................................... 9
Il principio della parità di trattamento non osta a che libri, giornali e riviste digitali forniti
per via elettronica siano esclusi dall’applicazione di un’aliquota IVA ridotta ............................ 11
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Grundsätze des Gemeinschaftsrechts– Principi del diritto comunitario
Eine unternehmensinterne Regel, die das sichtbare Tragen jedes politischen, philosophischen
oder religiösen Zeichens verbietet, stellt keine unmittelbare Diskriminierung dar
(Urteile in den Rechtssachen C-157/15, Achbita und Centrum voor Gelijkheid van kansen en vorr
rasismebestijding / G4S Secure Solutions, und C- 188/15, Bougnaoui und Association de défense des droits
de l’homme (ADDH) / Micropole Univers)
Es handelte sich hier um zwei sehr ähnlich gelagerte Fälle, bei denen sich die klagenden Arbeitnehmerin-
nen im Laufe des aufrechten Arbeitsverhältnisses dazu entschlossen, während der Arbeitszeit das islami-
sche Kopftuch zu tragen. Der Betriebsrat im ersten Fall, der in Belgien seinen Ausgangspunkt nahm, billig-
te am 29. Mai 2006 eine Anpassung an die Arbeitsanordnung des Unternehmens, in der es heißt: „Es ist
den Arbeitnehmern verboten, am Arbeitsplatz sichtbare Zeichen ihrer politischen, philosophischen oder
religiösen Überzeugung zu tragen und/oder jeglichen Ritus, der sich daraus ergibt, zum Ausdruck zu brin-
gen“. Im zweiten Fall, der sich in Frankreich ereignete, wurde die Arbeitnehmerin lediglich vom Arbeitgeber
aufgrund eines Kundenwunsches dazu aufgefordert, den Schleier nicht mehr zu tragen. Beide Arbeitneh-
merinnen widersetzten sich den Anordnungen und wurden daraufhin entlassen.
Im ersten Fall stellte der Gerichtshof fest, dass eine solche interne Regelung keine unmittelbar auf der Re-
ligion oder Weltanschauung beruhende Ungleichbehandlung im Sinne der Gleichbehandlungsrahmen-
Richtlinie1 darstellt. Der Gerichtshof hält es jedoch nicht für ausgeschlossen, dass das nationale Gericht zu
dem Ergebnis gelangt, dass die interne Regel eine mittelbar auf der Religion oder der Weltanschauung be-
ruhende Ungleichbehandlung begründet, wenn sich erweisen sollte, dass die dem Anschein nach neutrale
Verpflichtung tatsächlich dazu führt, dass Personen mit einer bestimmten Religion oder Weltanschauung in
besonderer Weise benachteiligt werden. Eine solche mittelbare Diskriminierung kann jedoch durch ein
rechtmäßiges Ziel wie die Verfolgung einer Politik der politischen, philosophischen und religiösen Neutrali-
tät durch den Arbeitgeber im Verhältnis zu seinen Kunden sachlich gerechtfertigt sein, wenn die Mittel zur
Erreichung dieses Ziels angemessen und erforderlich sind.
Im zweiten Fall kommt es zunächst darauf an zu ermitteln, ob die Entlassung der Klägerin auf eine interne
Regelung gestützt wurde, die es verbietet, Zeichen politischer, philosophischer oder religiöser Überzeugung
zu tragen. Ist dies der Fall, muss wie in der belgischen Rechtssache geprüft werden. Sollte die Entlassung
der Klägerin nicht auf eine solche interne Regelung gestützt sein, ist zu prüfen, ob der Wille des Arbeitge-
bers im Sinne von Art. 4 Abs. 1 der Gleichbehandlungsrahmen-Richtlinie gerechtfertigt ist. Insoweit weist
der Gerichtshof darauf hin, dass u. a. ein mit der Religion im Zusammenhang stehendes Merkmal nur unter
sehr begrenzten Bedingungen eine wesentliche und entscheidende berufliche Anforderung darstellt. Der
Wille eines Arbeitgebers, den Wünschen eines Kunden zu entsprechen, seine Leistungen nicht mehr von
der Arbeitnehmerin ausführen zu lassen, die ein islamisches Kopftuch trägt, kann nicht als eine wesentliche
und entscheidende berufliche Anforderung im Sinne der Richtlinie angesehen werden.
Link 1 und Link 2 zu den vollständigen Urteilen
1 Richtlinie 2000/78/EG des Rates vom 27. November 2000 zur Festlegung eines allgemeinen Rahmens für die Verwirkli-
chung der Gleichbehandlung in Beschäftigung und Beruf (Abl. 2000, L 303).
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Non costituisce una discriminazione diretta la norma interna di un’impresa che vieta di
indossare in modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso
(Sentenze nelle cause C-157/15 Achbita, Centrum voor Gelijkheid van kansen en voor racismebestrijding /
G4S Secure Solutions e C-188/15 Bougnaoui e Association de défense des droits de l’homme (ADDH) /
Micropole Univers)
Si tratta di due casi molto simili, nei quali le ricorrenti, due lavoratrici dipendenti, nel corso del loro
rapporto di lavoro hanno deciso di indossare il velo islamico durante l’orario lavorativo. Nel primo caso il
comitato aziendale, che ha sede in Belgio, ha approvato il 29 maggio 2006 una modifica del regolamento
interno dell’azienda, che ora prevede che “è fatto divieto ai dipendenti di indossare sul luogo di lavoro
segni visibili delle loro convinzioni politiche, filosofiche o religiose e/o manifestare qualsiasi rituale che ne
derivi”. Nel secondo caso, che ha origine in Francia, alla lavoratrice è stato chiesto dal datore di lavoro di
non indossare più il velo, a causa di una richiesta da parte di un cliente.
Nel primo caso la Corte ha rilevato che siffatta norma interna non implica una disparità di trattamento
direttamente fondata sulla religione o sulle convinzioni personali, ai sensi della direttiva2. La Corte rileva
che non è tuttavia escluso che il giudice nazionale possa arrivare alla conclusione che la norma interna
istituisca indirettamente una disparità di trattamento fondata sulla religione o sulle convinzioni personali,
qualora fosse dimostrato che l’obbligo apparentemente neutro in essa contenuto comporta, di fatto, un
particolare svantaggio per le persone che aderiscono ad una determinata religione o ideologia. Tuttavia,
siffatta disparità di trattamento non costituirebbe una discriminazione indiretta qualora fosse giustificata da
una finalità legittima (quale la volontà di un datore di lavoro di mostrare ai suoi clienti un’immagine di
neutralità politica, filosofica e religiosa) e i mezzi impiegati per il suo conseguimento fossero appropriati e
necessari.
Nel secondo caso va innanzitutto determinato, se se il licenziamento della ricorrente sia stato basato sul
mancato rispetto di una norma interna che vieta di indossare in modo visibile segni di convinzioni politiche,
filosofiche o religiose. In caso affermativo, si deve procede alle stesse verifiche individuate nel caso belga.
Per contro, nel caso in cui il licenziamento della ricorrente non fosse basato sull’esistenza di siffatta norma
interna, occorrerebbe determinare se la volontà di un datore di lavoro sia giustificata ai sensi dell’articolo
4, paragrafo 1, della direttiva. A tale riguardo, la Corte rammenta che è solo in casi strettamente limitati
che una caratteristica collegata, in particolare, alla religione può costituire un requisito essenziale e
determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La volontà di un datore di lavoro di tener conto del
desiderio del cliente che i suoi servizi non siano più assicurati da una dipendente che indossa un velo
islamico non può essere considerata un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività
lavorativa ai sensi della direttiva.
Link1 e Link 2 alle sentenze complete
2 Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di tratta-
mento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16).
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SERV
Die Mitgliedstaaten können den Notaren die Vornahme von Beglaubigungen der Echtheit von
Unterschriften auf Urkunden, die für die Schaffung oder Übertragung von Rechten an
Liegenschaften erforderlich sind, vorbehalten
(Urteil in der Rechtssache C-342/15, Leopoldine Gertraud Piringer)
Die Klägerin ist Eigentümerin eines Hälfteanteils an einer österreichischen Liegenschaft. Sie unterfertigte in
der Tschechischen Republik ein Gesuch um Eintragung der beabsichtigten Veräußerung ihres Anteils an der
fraglichen Liegenschaft in das österreichische Grundbuch. Die Echtheit ihrer Unterschrift auf diesem Gesuch
wurde von einem tschechischen Rechtsanwalt beglaubigt. Dies steht im Einklang mit dem tschechischen
Recht, das Rechtsanwälten die Vornahme solcher Beglaubigungen gestattet.
Die Klägerin beantragte beim Bezirksgericht Freistadt die Bewilligung dieser Eintragung. Das Bezirksgericht
wies ihren Antrag ab, weil ihre Unterschrift entgegen dem österreichischen Recht nicht gerichtlich oder no-
tariell beglaubigt worden sei.
Der mit dem Revisionsrekurs von der Klägerin befasste Oberste Gerichtshof möchte vom Gerichtshof nun
wissen, ob der den freien Dienstleistungsverkehr betreffende Art. 56 AEUV es einem Mitgliedstaat gestat-
tet, den Notaren die Vornahme von Beglaubigungen der Echtheit von Unterschriften auf Urkunden, die für
die Schaffung oder Übertragung von Rechten an Liegenschaften erforderlich sind, vorzubehalten.
In seinem am 9. März 2017 ergangenen Urteil stellte der Gerichtshof fest, dass die in Rede stehende öster-
reichische Regelung eine Beschränkung des durch Art. 56 AEUV garantierten freien Dienstleistungsverkehrs
darstellt. Zur Frage, ob diese Beschränkung gerechtfertigt werden kann, stellte der Gerichtshof fest, dass
dem Grundbuch vor allem in den Mitgliedstaaten, die das lateinische Notariat kennen, u. a. im Rahmen von
Grundstückstransaktionen entscheidende Bedeutung zukommt. Insbesondere hat jede Grundbuchseintra-
gung konstitutive Wirkung, so dass das Recht der Person, die diese Eintragung beantragt hat, erst mit ihr
entsteht. Die Führung des Grundbuchs stellt somit insofern einen wesentlichen Bestandteil der vorsorgen-
den Rechtspflege dar. Unter diesen Umständen tragen nationale Bestimmungen, die vorschreiben, dass die
Richtigkeit von Grundbuchseintragungen durch vereidigte Berufsangehörige wie Notare überprüft werden
muss, zur Gewährleistung der Rechtssicherheit von Grundstückstransaktionen und zur Funktionsfähigkeit
des Grundbuchs bei und stehen allgemein mit dem Schutz der ordnungsgemäßen Rechtspflege im Zusam-
menhang. Letzteres stellt einen zwingenden Grund des Allgemeininteresses dar, der eine Beschränkung
des Grundsatzes des freien Dienstleistungsverkehrs rechtfertigt. Die Beschränkung ist auch verhältnismä-
ßig, da das Tätigwerden des Notars in Österreich für die Eintragung im Grundbuch wichtig und notwendig
ist.
Der Gerichtshof entschied, dass der Grundsatz des freien Dienstleistungsverkehrs einer Regelung eines
Mitgliedstaats wie der im Ausgangsverfahren in Rede stehende österreichische Regelung nicht entgegen-
steht.
Link zum vollständigen Urteil
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Gli Stati membri possono riservare ai notai la facoltà di autenticare le firme apposte sui
documenti necessari per la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari
(Sentenza nella causa C-342/15 Leopoldine Gertraud Piringer)
La ricorrente è proprietaria della metà di un immobile sito in Austria. Ella ha sottoscritto nella Repubblica
ceca una domanda di annotazione nel libro fondiario austriaco di una prevista vendita della propria quota di
tale immobile. La sua firma in calce a tale domanda è stata autenticata da un avvocato ceco conformemen-
te al proprio diritto nazionale. Tale diritto, infatti, permette agli avvocati di procedere a detta certificazione.
La ricorrente ha presentato la domanda di annotazione presso il Tribunale distrettuale di Freistadt (Au-
stria), il quale l’ha respinta poiché, a dispetto di quanto richiesto dal diritto austriaco, la firma del richie-
dente non era stata autenticata da un tribunale o da un notaio.
Adito con un ricorso in cassazione, la Corte suprema austriaca chiede alla Corte di giustizia l’articolo 56
TFUE sulla libera prestazione dei servizi consenta a uno Stato membro di riservare ai notai la facoltà di au-
tenticare le firme apposte sui documenti necessari per la costituzione o il trasferimento di diritti reali im-
mobiliari.
Nella sua sentenza del 9 marzo 2017, la Corte ha stabilito che la normativa austriaca in esame costituisce
una restrizione al principio della libera prestazione di servizi garantito dall’articolo 56 TFUE. Quanto al fatto
che tale restrizione possa essere giustificata, la Corte ha rilevato che il libro fondiario, soprattutto in taluni
Stati membri in cui esiste un notariato di tipo latino, riveste un’importanza decisiva, soprattutto nelle tran-
sazioni immobiliari. In particolare, qualsiasi annotazione in un libro fondiario produce effetti costitutivi, nel
senso che il diritto della persona che ha domandato tale annotazione nasce unicamente in forza di
quest’ultima. La tenuta del libro fondiario costituisce così una componente fondamentale
dell’amministrazione preventiva della giustizia. In questo contesto, le disposizioni nazionali che obblighino
a verificare, avvalendosi di professionisti giurati, come i notai, l’esattezza delle annotazioni effettuate in un
libro fondiario, contribuiscono a garantire la certezza del diritto quanto alle transazioni immobiliari e il buon
funzionamento del libro fondiario e si ricollegano, più in generale, alla tutela della buona amministrazione
della giustizia. La Corte, quindi, ha considerato tale restrizione proporzionata, dal momento che in Austria
l’intervento del notaio è rilevante e necessario onde procedere all’annotazione nel libro fondiario.
La Corte ha statuito pertanto che il principio della libera prestazione dei servizi non osta a una normativa
nazionale come quella austriaca in causa.
Link alla sentenza completa
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Rechtsangleichung – Ravvicinamento delle legislazioni
Nach Ansicht des Gerichtshofs gibt es kein Recht auf Vergessenwerden für die im
Gesellschaftsregister eingetragenen personenbezogenen Daten
(Urteil in der Rechtssache C-398/15 Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Lecce /
Salvatore Manni)
In Italien erhob der Geschäftsführer einer Baufirma Klage gegen die Handelskammer Lecce und trug vor,
dass er geschädigt worden war, da sich aus dem Unternehmensregister ergebe, dass er alleiniger Geschäf-
tsführer und Liquidator der Baufirma gewesen sei, die 1992 für insolvent erklärt und nach einem Liquida-
tionsverfahren am 7. Juli 2005 im Unternehmensregister gelöscht worden sei. Der Kläger beantragte daher
zum einen, der Handelskammer Lecce aufzugeben, die Daten, die ihn mit der Insolvenz in Verbindung
brächten, zu löschen, zu anonymisieren oder zu sperren, und zum anderen, die Handelskammer Lecce zum
Ersatz des Schadens zu verurteilen, den er wegen der Rufschädigung erlitten habe.
Die Kassationsgerichtshof (Italien) hat den Gerichtshof gefragt, ob es die Richtlinie zum Schutz der Daten
natürlicher Personen3 und die Richtlinie über die Offenlegung von Gesellschaftsurkunden4 verbieten, dass
jede Person ohne zeitliche Beschränkung Zugang zu natürliche Personen betreffenden Daten im Gesell-
schaftsregister haben kann.
Im seinen Urteil von 9. März 2017 wies der Gerichtshof zunächst darauf hin, dass die Offenlegung von Ge-
sellschaftsregistern die Rechtssicherheit in den Beziehungen zwischen den Gesellschaften und Dritten si-
cherstellen soll und u. a. dazu dient, die Interessen Dritter gegenüber Aktiengesellschaften und Gesell-
schaften mit beschränkter Haftung zu schützen, da diese zum Schutz Dritter lediglich ihr Gesellschaf-
tsvermögen zur Verfügung stellen. Außerdem können sich auch noch mehrere Jahre nach Auflösung einer
Gesellschaft Fragen ergeben, die einen Rückgriff auf im Gesellschaftsregister eingetragene personenbezo-
gene Daten erfordern.
Nach der Meinung des Gerichtshofs können die Mitgliedstaaten natürlichen Personen, deren Daten im Ge-
sellschaftsregister eingetragen sind, nicht das Recht garantieren, nach einer bestimmten Frist nach Au-
flösung der Gesellschaft die Löschung der sie betreffenden personenbezogenen Daten verlangen zu
können. Nach Ansicht des Gerichtshofs ist dieser Eingriff in die Grundrechte der betroffenen Personen nicht
unverhältnismäßig, da erstens nur eine begrenzte Zahl an personenbezogenen Daten im Gesellschaftsregi-
ster eingetragen werden und es zweitens gerechtfertigt ist, dass die natürlichen Personen, die sich dafür
entscheiden, über eine Aktiengesellschaft oder eine Gesellschaft mit beschränkter Haftung am Wirtschaf-
tsleben teilzunehmen, und die zum Schutz Dritter lediglich das Vermögen dieser Gesellschaft zur
Verfügung stellen, verpflichtet sind, die Daten zu ihren Personalien und Aufgaben innerhalb der Gesell-
schaft offenzulegen.
3 Richtlinie 95/46/EG des Europäischen Parlaments und des Rates vom 24. Oktober 1995 zum Schutz natürlicher Perso-
nen bei der Verarbeitung personenbezogener Daten und zum freien Datenverkehr (ABl. 1995, L 281, S. 31). 4 Erste Richtlinie 68/151/EWG des Rates vom 9. März 1968 zur Koordinierung der Schutzbestimmungen, die in den Mit-
gliedstaaten den Gesellschaften im Sinne des Artikels 58 Absatz 2 des Vertrages im Interesse der Gesellschafter sowie
Dritter vorgeschrieben sind, um diese Bestimmungen gleichwertig zu gestalten (ABl. 1968, L 65, S. 8) in der durch die
Richtlinie 2003/58/EG des Europäischen Parlaments und des Rates vom 15. Juli 2003 (ABl. 2003, L 221, S. 13) geänder-
ten Fassung.
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Der Gerichtshof schloss jedoch nicht aus, dass in besonderen Situationen überwiegende, schutzwürdige,
sich aus dem konkreten Fall der Person ergebende Gründe ausnahmsweise rechtfertigen können, den Zu-
gang zu den sie betreffenden personenbezogenen Daten nach Ablauf einer hinreichend langen Frist nach
der Auflösung der Gesellschaft auf Dritte zu beschränken, die ein besonderes Interesse an der Einsicht-
nahme in die Daten nachweisen. Es ist Sache jedes Mitgliedstaats, zu entscheiden, ob er eine solche Zu-
gangsbeschränkung innerhalb ihrer Rechtsordnung erwünscht ist.
Link zum vollständigen Urteil
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Non esiste diritto alla cancellazione per i dati personali contenuti nel registro delle imprese
(Sentenza nella causa C-398/15 Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Lecce / Sal-
vatore Manni)
In Italia, l'amministratore di una società edile ha convenuto in giudizio la Camera di commercio di Lecce
affermando di essere danneggiato dal fatto che dal registro delle imprese risultava che egli era stato
l’amministratore unico e il liquidatore di una società dichiarata fallita nel 1992 e cancellata dal registro
delle imprese all’esito della liquidazione nel 2005. Il ricorrente ha chiesto la condanna della Camera di
commercio di Lecce alla cancellazione, alla trasformazione in forma anonima o al blocco dei dati che lo col-
legavano al fallimento e la condanna della stessa Camera di commercio al risarcimento del danno
all’immagine cagionatogli.
La Corte suprema di cassazione (Italia) ha chiesto alla Corte di giustizia se la direttiva sulla tutela dei dati
delle persone fisiche5 nonché la direttiva sulla pubblicità degli atti delle società6 ostino a che chiunque pos-
sa, senza limiti di tempo, accedere ai dati relativi alle persone fisiche contenuti nel registro delle imprese.
Con sentenza del 9 marzo 2017, la Corte di giustizia ha rilevato che la pubblicità del registro delle imprese
mira a garantire la certezza del diritto nelle relazioni tra le società ed i terzi nonché a tutelare, in particola-
re, gli interessi dei terzi rispetto alle società per azioni e alle società a responsabilità limitata, dal momento
che queste offrono come unica garanzia il proprio patrimonio sociale. La Corte ha constatato, inoltre, che
anche molti anni dopo che la società ha cessato di esistere possono ancora sorgere questioni per cui è ne-
cessario disporre dei dati delle persone fisiche contenuti nel registro delle imprese.
Per la Corte di giustizia gli Stati membri non sono quindi tenuti a garantire alle persone fisiche, i cui dati
sono iscritti nel registro delle imprese, il diritto di ottenere, decorso un certo periodo di tempo dallo scio-
glimento della società, la cancellazione dei dati personali che le riguardano. La Corte non ritiene spropor-
zionata una tale ingerenza nei diritti fondamentali delle persone interessate in quanto solamente un nume-
ro limitato di dati personali è iscritto nel registro delle imprese ed inoltre è giustificato che le persone fisi-
che, che scelgono di prender parte agli scambi economici attraverso una società per azioni o una società a
responsabilità limitata e che offrono come unica garanzia per i terzi il patrimonio sociale di tale società,
siano obbligate a rendere pubblici i dati relativi alle loro generalità e alle loro funzioni in seno alla stessa.
La Corte non esclude comunque che, in situazioni particolari, decorso un periodo di tempo sufficientemente
lungo, ragioni preminenti e legittime, connesse ad un caso concreto, possano giustificare in via eccezionale
che l’accesso ai dati personali ad essa relativi sia limitato ai terzi che dimostrino un interesse specifico alla
loro consultazione. Spetta a ciascuno Stato membro decidere se adottare nel proprio ordinamento giuridico
una simile limitazione all’accesso.
Link alla sentenza della Corte di giustizia
5 Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisi-
che con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati
6 Prima direttiva 68/151/CEE del Consiglio, del 9 marzo 1968, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie
che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell’articolo 58, secondo comma, del Trattato per proteggere
gli interessi dei soci e dei terzi
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Steuerrecht – Fiscalità
Der Grundsatz der Gleichbehandlung steht dem Ausschluss auf elektronischem Weg gelieferter
digitaler Bücher, Zeitungen und Zeitschriften von der Anwendung eines ermäßigten
Mehrwertsteuersatzes nicht entgegen
(Urteil in der Rechtssache C-390/15 Rzecznik Praw Obywatelskich (RPO))
Nach der Mehrwertsteuerrichtlinie7 können die Mitgliedstaaten auf gedruckte Publikationen wie Bücher, Zei-
tungen und Zeitschriften einen ermäßigten Mehrwertsteuersatz anwenden. Für digitale Publikationen gilt
hingegen der normale Steuersatz, mit Ausnahme digitaler Bücher, die auf einem physischen Träger wie
etwa einer CD-ROM geliefert werden.8 Das vom polnischen Bürgerbeauftragten angerufene polnische Ver-
fassungsgericht zweifelt an der Gültigkeit dieser unterschiedlichen Besteuerung. Es wollte vom Gerichtshof
wissen, ob diese Besteuerung mit dem Grundsatz der Gleichbehandlung vereinbar ist.
In seinem Urteil vom 9. März 2017 stellte der Gerichtshof fest, dass durch die Regelung in der Mehr-
wertsteuerrichtlinie, soweit mit ihr die Anwendung eines ermäßigten Mehrwertsteuersatzes auf die Liefe-
rung digitaler Bücher auf elektronischem Weg ausgeschlossen wird, während sie bei der Lieferung digitaler
Bücher auf jeglichen physischen Trägern zulässig ist, zwei Sachverhalte ungleich behandelt werden, die in
Anbetracht des vom Unionsgesetzgeber mit der Gestattung der Anwendung eines ermäßigten Mehr-
wertsteuersatzes bei bestimmten Arten von Büchern verfolgten Zwecks, und zwar dem der Förderung des
Lesens, vergleichbar sind.
Sodann prüfte der Gerichtshof, ob die Ungleichbehandlung gerechtfertigt ist. Dies ist der Fall, wenn sie im
Zusammenhang mit einem rechtlich zulässigen Ziel steht, das mit der Maßnahme, die zu einer solchen un-
terschiedlichen Behandlung führt, verfolgt wird, und wenn die unterschiedliche Behandlung in angemesse-
nem Verhältnis zu diesem Ziel steht.
In diesem Kontext wies der Gerichtshof darauf hin, dass der Ausschluss der Anwendung eines ermäßigten
Mehrwertsteuersatzes auf die Lieferung digitaler Bücher auf elektronischem Weg die Konsequenz der für
den elektronischen Handel geltenden Mehrwertsteuer-Sonderregelung ist. In Anbetracht der fortwährenden
Weiterentwicklungen, denen elektronische Dienstleistungen als Ganzes unterworfen sind, wurde es nämlich
als erforderlich angesehen, für diese Dienstleistungen klare, einfache und einheitliche Regeln aufzustellen,
damit der für sie geltende Mehrwertsteuersatz zweifelsfrei ermittelt werden kann und so die Handhabung
dieser Steuer durch die Steuerpflichtigen und die nationalen Finanzverwaltungen erleichtert wird.
Durch den Ausschluss der elektronischen Dienstleistungen von der Anwendung eines ermäßigten Mehr-
wertsteuersatzes erspart es der Unionsgesetzgeber den Steuerpflichtigen und den nationalen Finanzverwal-
tungen bei jeder Art solcher Dienstleistungen zu prüfen, ob sie unter eine der Kategorien von Dienstlei-
stungen fällt, die nach der Mehrwertsteuerrichtlinie in den Genuss eines ermäßigten Satzes kommen
können. Eine solche Maßnahme muss deshalb als zur Verwirklichung des mit der Mehrwertsteuer-
7 Richtlinie 2006/112/EG des Rates vom 28. November 2006 über das gemeinsame Mehrwertsteuersystem (ABl. 2006, L
347, S. 1) in der Fassung der Richtlinie 2009/47/EG des Rates vom 5. Mai 2009 zur Änderung der Richtlinie
2006/112/EG in Bezug auf ermäßigte Mehrwertsteuersätze (ABl. 2009, L 116, S. 18). 8 In diesem Fall darf auch auf digitale Bücher ein ermäßigter Mehrwertsteuersatz angewandt werden. Werden sie hinge-
gen per Download oder Streaming übermittelt, gilt der normale Steuersatz. Für digitale Zeitungen und Zeitschriften gilt
stets der normale Steuersatz, unabhängig davon, in welcher Form sie geliefert werden.
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Sonderregelung für den elektronischen Handel verfolgten Ziels geeignet angesehen werden. Würde man
den Mitgliedstaaten die Möglichkeit geben, auf die Lieferung digitaler Bücher auf elektronischem Weg einen
ermäßigten Mehrwertsteuersatz anzuwenden, würde überdies die Kohärenz der gesamten vom Unionsge-
setzgeber angestrebten Maßnahme beeinträchtigt, die darin besteht, alle elektronischen Dienstleistungen
von der Möglichkeit der Anwendung eines ermäßigten Mehrwertsteuersatzes auszunehmen.
Link zum vollständigen Urteil
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Il principio della parità di trattamento non osta a che libri, giornali e riviste digitali forniti per
via elettronica siano esclusi dall’applicazione di un’aliquota IVA ridotta
(Sentenza nella causa C-390/15 Rzecznik Praw Obywatelskich (RPO))
Ai sensi della direttiva IVA9 gli Stati membri possono applicare un’aliquota IVA ridotta alle pubblicazioni in
forma cartacea quali libri, giornali e riviste. Al contrario le pubblicazioni digitali sottostanno all’aliquota
normale, ad eccezione dei libri digitali forniti tramite un supporto fisico come un CD-ROM10. La Corte costi-
tuzionale polacca, adita dal Difensore civico polacco, dubita della validità di tale differenza di tassazione.
Essa chiede alla Corte di giustizia, se ciò sia compatibile con il principio della parità di trattamento.
Con la sua sentenza del 9 marzo 2017 la Corte ha constatato anzitutto che, nei limiti in cui la direttiva IVA
ha l’effetto di escludere l’applicazione di un’aliquota IVA ridotta alla fornitura di libri digitali per via elettro-
nica, mentre una siffatta applicazione è autorizzata per la fornitura di libri digitali su qualsiasi tipo di sup-
porto fisico, si deve ritenere che tali disposizioni instaurino una differenza di trattamento tra due situazioni
peraltro comparabili sotto il profilo dell’obiettivo che il legislatore dell’Unione ha perseguito consentendo di
applicare un’aliquota IVA ridotta a determinati tipi di libri, obiettivo che consiste nell’incentivare la lettura.
La Corte è quindi passata a verificare se tale differenza fosse giustificata. Essa ha ricordato che una diffe-
renza di trattamento è giustificata quando sia collegata a un legittimo scopo perseguito dalla misura che ha
l’effetto di instaurarla e sia proporzionata a tale scopo.
In tale contesto, la Corte ha osservato che l’esclusione dell’applicazione di un’aliquota IVA ridotta alla forni-
tura di libri digitali per via elettronica è la conseguenza del particolare regime di IVA applicabile al commer-
cio elettronico. Infatti, tenuto conto delle continue evoluzioni cui sono soggetti i servizi elettronici nel loro
complesso, si è ritenuto necessario assoggettare tali servizi a norme chiare, semplici e uniformi, affinché
l’aliquota IVA loro applicabile potesse essere stabilita con certezza e la gestione di tale imposta da parte
dei soggetti passivi e delle amministrazioni fiscali nazionali fosse così facilitata.
Escludendo l’applicazione di un’aliquota IVA ridotta ai servizi forniti per via elettronica, il legislatore
dell’Unione evita ai soggetti passivi e alle amministrazioni fiscali nazionali di dover esaminare, per ogni tipo
di servizio elettronico fornito, se esso rientri in una delle categorie di servizi che possono beneficiare di una
simile aliquota in forza della direttiva IVA. Di conseguenza, una misura siffatta deve essere considerata
idonea a realizzare l’obiettivo perseguito dal particolare regime di IVA applicabile al commercio elettronico.
Peraltro, ammettere che gli Stati membri abbiano la possibilità di applicare un’aliquota IVA ridotta alla for-
nitura di libri digitali per via elettronica equivarrebbe a pregiudicare la coerenza d’insieme della misura vo-
luta dal legislatore dell’Unione, consistente nell’escludere tutti i servizi elettronici dalla possibilità di appli-
care un’aliquota IVA ridotta.
Link alla versione integrale della sentenza
9 Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto
(GU 2006, L 347, pag. 1), nella versione risultante dalla direttiva 2009/47/CE del Consiglio, del 5 maggio 2009, recante
modifica della direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda le aliquote ridotte dell’imposta sul valore aggiunto (GU 2009, L
116, pag. 18).
10 In tal caso è possibile applicare un’aliquota IVA ridotta anche ai libri in formato digitale. Se invece questi libri digitali
vengono forniti attraverso download o streaming, allora si applica l’aliquota IVA normale. Per quanto riguarda riviste e
giornali digitali, si applica l’aliquota IVA normale indipendentemente dal mezzo usato per la fornitura.
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Quelle: curia.europa.eu
Fonte: curia.europa.eu
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CURIA-News ist eine gemeinsame Initiative der Abteilung Präsidium und Außenbeziehungen der Autonomen
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CURIA – News arbeitet auch mit dem Osservatorio del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università
degli Studi di Trento zusammen.
CURIA – News collabora anche con l’Osservatorio del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università
degli Studi di Trento.
Abteilung Präsidium und Außenbeziehungen Ripartizione Presidenza e relazioni estere