Etica Ges e Paolo Comandamento Amore

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Etica di Gesù e di Paolo – Comandamento dell’amore 1 Il Gesù dei vangeli e Paolo sull’agape J. KIILUNEN, Das Doppelgebot der Liebe in synoptischer Sicht (AASF B.250; Helsinki 1989). T. SÖDING, Das Liebesgebot bei Paulus. Die Mahnung zur Agape im Rahmen der paulinischen Ethik (Neutestamentliche Abhandlungen. Neue Folge 26; Münster, Aschendorff 1995). Paolo e l’agape Le occorrenze dei vocaboli. Sono colorati i versetti pertinenti, cioè quelli in cui gli uomini (e non Dio) sono il soggetto dell’amore. In giallo, l’amore per Dio; in grigio, per gli uomini: - il verbo: Rm 8,28.37; 9,13.25; 13,8-9; 1Co 2,9; 8,3; 2Co 9,7; 11,11; 12,15; Ef 1,6; 2,4; 5,2.25.28.33; 6,24; Col 3,12.19; 1Ts 1,4; 4,9; 2Ts 2,13.16. - il sostantivo: Rom 5,5.8; 8,35.39; 12,9; 13,10; 14,15; 15,30; 1Co 4,21; 8,1; 13,1.2.3.4.8.13; 14,1; 16,14.24; 2Co 2,4.8; 5,14; 6,6; 8,7.8.24; 13,11.13; Ef 1,4.15; 2,4; 3,17.19; 4,2.15.16; 5,2; 6,23; Fil 1,9.16; 2,1.2; Col 1,4.8.13; 2,2; 3,14; 1Ts 1,3; 3,6.12; 5,8.13; 2Ts 1,3; 2,10; 3,5; Flm 5.7.9. 1. L’elogio dell’agape in 1Co 13 Bibliografia C. FOCANT, «1Corinthiens 13. Analyse rhétorique et analyse de structures», in R. Bieringer (ed.), The Corinthian Correspondence (BETL 125), Leuven 1996, 199-245. W.O WALKER Jr, Interpolations in the Pauline Letters (JSNT SupS 213) Sheffield 2001, ch.7 p.147-165 (vedere CBQ 60 [1998] 484-499). (= 1Co 13 sarebbe un’interpolazione). L. PERNOT, La rhétorique de l'éloge dans le monde gréco-romain. Vol. 1: Histoire et technique ; Vol. 2 : Les valeurs (Etudes Augustiniennes. Série Antiquité 137 ; Institut d'Études Augustiniennes : Paris 1993). Progymnasmata: Greek Textbooks of Prose Composition and Rhetoric. Translated with introductions and notes by G.A. Kennedy (New York; SBL 2003). J.E. AGUILAR CHIU, 1 Cor 12-14. Literary Structure and Theology (AB 166; Rome 2007). 1.1. Genere e funzione Come caratterizzare 1Co 13: come inno, confessione, encomio? Molte proposte furono fatte sullo status retorico di 1Co 13. Focant ne rileva una buona dozzina (p.212-214), e opta con ragione per l’encomio (p.215): né Dio, né i credenti sono menzionati, solo la carità ed altre virtù, per mostrare la necessità e la superiorità della carità. Secondo J.G. Singountos, «The Genre of 1 Corinthians 13», NTS 40 (1994) 246-260, lo snodarsi dell’encomio (che può avere come oggetto persone o virtù) è rimasto stabile dal IV av.C. fino all’epoca bizantina (p.247): secondo fonte antiche la ta,xij basilare dell’encomio è composta da 2 (per le virtù) a 5 (per le persone) elementi: prologo, nascita e educazione, azioni (pra,xeij), paragone (su,gkrisij) e epilogo. Per le virtù gli elementi sono le azioni (pra,xeij) e il paragone (su,gkrisij). Singoutos applica lo schema a 1Co 13, vedendo nei v.1-3 il prologo, nei v.4-7 le azioni, nei v.8-13 il paragone, il v.13 fungendo anche da breve conclusione. Di fatti, 1Co 13 sembra seguire con libertà il modello. - Funzione dell’encomio di 1Co 13: digressione? Così dicono Standaert, Smit, Fee, Focant, Masalles, ecc. Per evitare fraintendimenti, bisogna vedere che cosa designa la pare,kbasij nell’antichità.

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Estudio en italiano sobre el mandamiento del amor desde la óptica de Jesús y la óptica de San Pablo.

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    Il Ges dei vangeli e Paolo sullagape J. KIILUNEN, Das Doppelgebot der Liebe in synoptischer Sicht (AASF B.250; Helsinki 1989). T. SDING, Das Liebesgebot bei Paulus. Die Mahnung zur Agape im Rahmen der paulinischen Ethik (Neutestamentliche Abhandlungen. Neue Folge 26; Mnster, Aschendorff 1995).

    Paolo e lagape Le occorrenze dei vocaboli. Sono colorati i versetti pertinenti, cio quelli in cui gli uomini (e non Dio) sono il soggetto dellamore. In giallo, lamore per Dio; in grigio, per gli uomini:

    - il verbo: Rm 8,28.37; 9,13.25; 13,8-9; 1Co 2,9; 8,3; 2Co 9,7; 11,11; 12,15; Ef 1,6; 2,4; 5,2.25.28.33; 6,24; Col 3,12.19; 1Ts 1,4; 4,9; 2Ts 2,13.16. - il sostantivo: Rom 5,5.8; 8,35.39; 12,9; 13,10; 14,15; 15,30; 1Co 4,21; 8,1; 13,1.2.3.4.8.13; 14,1; 16,14.24; 2Co 2,4.8; 5,14; 6,6; 8,7.8.24; 13,11.13; Ef 1,4.15; 2,4; 3,17.19; 4,2.15.16; 5,2; 6,23; Fil 1,9.16; 2,1.2; Col 1,4.8.13; 2,2; 3,14; 1Ts 1,3; 3,6.12; 5,8.13; 2Ts 1,3; 2,10; 3,5; Flm 5.7.9.

    1. Lelogio dellagape in 1Co 13 Bibliografia C. FOCANT, 1Corinthiens 13. Analyse rhtorique et analyse de structures, in R. Bieringer (ed.), The

    Corinthian Correspondence (BETL 125), Leuven 1996, 199-245. W.O WALKER Jr, Interpolations in the Pauline Letters (JSNT SupS 213) Sheffield 2001, ch.7 p.147-165 (vedere

    CBQ 60 [1998] 484-499). (= 1Co 13 sarebbe uninterpolazione). L. PERNOT, La rhtorique de l'loge dans le monde grco-romain. Vol. 1: Histoire et technique ; Vol. 2 : Les

    valeurs (Etudes Augustiniennes. Srie Antiquit 137 ; Institut d'tudes Augustiniennes : Paris 1993). Progymnasmata: Greek Textbooks of Prose Composition and Rhetoric. Translated with introductions and notes

    by G.A. Kennedy (New York; SBL 2003). J.E. AGUILAR CHIU, 1 Cor 12-14. Literary Structure and Theology (AB 166; Rome 2007). 1.1. Genere e funzione Come caratterizzare 1Co 13: come inno, confessione, encomio? Molte proposte furono fatte sullo status retorico di 1Co 13. Focant ne rileva una buona dozzina (p.212-214), e opta con ragione per lencomio (p.215): n Dio, n i credenti sono menzionati, solo la carit ed altre virt, per mostrare la necessit e la superiorit della carit. Secondo J.G. Singountos, The Genre of 1 Corinthians 13, NTS 40 (1994) 246-260, lo snodarsi dellencomio (che pu avere come oggetto persone o virt) rimasto stabile dal IV av.C. fino allepoca bizantina (p.247): secondo fonte antiche la ta,xij basilare dellencomio composta da 2 (per le virt) a 5 (per le persone) elementi: prologo, nascita e educazione, azioni (pra,xeij), paragone (su,gkrisij) e epilogo. Per le virt gli elementi sono le azioni (pra,xeij) e il paragone (su,gkrisij). Singoutos applica lo schema a 1Co 13, vedendo nei v.1-3 il prologo, nei v.4-7 le azioni, nei v.8-13 il paragone, il v.13 fungendo anche da breve conclusione. Di fatti, 1Co 13 sembra seguire con libert il modello. - Funzione dellencomio di 1Co 13: digressione? Cos dicono Standaert, Smit, Fee, Focant, Masalles, ecc. Per evitare fraintendimenti, bisogna vedere che cosa designa la pare,kbasij nellantichit.

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    1.2. Composizione orale

    X 12,31 (zhlou/te de. ta. cari,smata ta. mei,zona) = conclusione 1Co 12 Kai. e;ti kaqV u`perbolh.n o`do.n u`mi/n dei,knumi = introd. 1Co 13

    v.1 a VEa.n tai/j glw,ssaij tw/n avnqrw,pwn lalw/ kai. tw/n avgge,lwn( b avga,phn de. mh. e;cw( c ge,gona calko.j hvcw/n h' ku,mbalon avlala,zon A

    v.2 a kai. eva.n e;cw profhtei,an kai. eivdw/ ta. musth,ria pa,nta kai. pa/san th.n gnw/sin kai. eva.n e;cw pa/san th.n pi,stin w[ste o;rh meqista,nai(

    b avga,phn de. mh. e;cw( c ouvqe,n eivmi v.3 a ka'n ywmi,sw pa,nta ta. u`pa,rconta, mou

    kai. eva.n paradw/ to. sw/ma, mou i[na kauch,swmai( b avga,phn de. mh. e;cw( c ouvde.n wvfelou/mai

    v.4 a ab

    ba ~H avga,ph makroqumei/( crhsteu,etai h` avga,ph(

    B

    v.5 v.6

    b

    ouv zhloi/( h` avga,ph ouv perpereu,etai( ouv fusiou/tai( | ouvk avschmonei/( ouv zhtei/ ta. e`auth/j( ouv paroxu,netai( ouv logi,zetai to. kako,n( | ouv cai,rei evpi. th/| avdiki,a|( sugcai,rei de. th/| avlhqei,a|\ (= versetto transizione)

    v.7

    a

    pa,nta ste,gei( pa,nta pisteu,ei( pa,nta evlpi,zei( pa,nta u`pome,nei

    v.8

    a

    ~H avga,ph ouvde,pote pi,ptei (= cerniera) ei;te de. profhtei/ai( katarghqh,sontai\ ei;te glw/ssai( pau,sontai\ ei;te gnw/sij( katarghqh,setai

    v.9 v.10

    b

    evk me,rouj ga.r ginw,skomen kai. evk me,rouj profhteu,omen\ | o[tan de. e;lqh| to. te,leion( to. evk me,rouj katarghqh,setai

    A

    v.11 i ii c i ii

    o[te h;mhn nh,pioj( evla,loun w`j nh,pioj( evfro,noun w`j nh,pioj( evlogizo,mhn w`j nh,pioj\ o[te ge,gona avnh,r( kath,rghka ta. tou/ nhpi,ou

    v.12 i ii b i ii

    ble,pomen ga.r a;rti diV evso,ptrou evn aivni,gmati( to,te de. pro,swpon pro.j pro,swpon\ a;rti ginw,skw evk me,rouj( to,te de. evpignw,somai kaqw.j kai. evpegnw,sqhn

    v.13 a Nuni. de. me,nei pi,stij( evlpi,j( avga,ph( ta. tri,a tau/ta\ mei,zwn de. tou,twn h` avga,ph

    X 14,1 Diw,kete th.n avga,phn( (= conclusione 1Co 13)

    zhlou/te de. ta. pneumatika,( ma/llon de. i[na profhteu,hte = introduzione 1Co 14

    - Abbinamento delle composizioni orale e concettuale. (i) abbinamento dei tipi di composizione:

    concentrico progressione dellelogio dispositivo retorica

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    v.31 propositio v.1-3 A necessit dellagape (prologo) v.4-7 B specificit dellagape (le sue pra,xeij) v.8-13 A superiorit dellagape ( su,gkrisij con le altre virt)

    probativo (prove)

    v.14a peroratio (in forma esortativa) (ii) composizione orale: quale effetto di senso produce la disposizione concentrica? (iii) composizione discorsiva (le pisteis fornite): quale la progressione dellargomentazione, dalla propositio del v.31b al v.14,1a di conclusione? Cf. lelogio di una virt. (iv) Se seguiamo il modello encomio, dobbiamo mettere il v.8a con quel che segue, perch il verbo pi,ptw (cadere) non una azione voluta come le precedenti e non ha come oggetto gli altri (il prossimo), ma va bene con gli altri tre del v.8. Daltra parte, la ripetizione del vocabolo avga,ph e il suo essere soggetto del verbo, allaccia sintatticamente il v.8a a quel che precede (ragione per la quale Focant lo allaccia allunit centrale del capitolo). Quali sono i criteri i pi vincolanti? 1.3. Elementi di retorica - Il fenomeno il pi strano che la carit non qualificata, n per la sua provenienza (divina, perch dono di Dio o dello Spirito?), n per i suoi destinatari (chi amare?). Come spiegare questo? - Luso della prima persona singolare. Perch Paolo parla in Io nei v.1-3 e 11-12. Il v.1 essendo molto forte (specialmente nei confronti dei glossolali), Paolo vuole evitare di offendere e di prendersela direttamente con i glossolali e i portatori di altri carismi (v.2-3). 1.4. Breve esegesi del passo V.1 VEa.n tai/j glw,ssaij tw/n avnqrw,pwn lalw/ kai. tw/n avgge,lwn( avga,phn de. mh. e;cw( ge,gona calko.j hvcw/n h' ku,mbalon avlala,zon Se anche parlo (con) le lingue degli uomini e degli angeli, ma (se) non ho lamore1, sono un bronzo sonante o un cembalo squillante. Secondo tutti i commentari, Paolo comincia con la glossolalia, perch era il carisma il pi desiderato e apprezzato a Corinto. (i) Le due protasi in eva,n + congiuntivo descrivono delle eventualit (supponiamo che io parli , ammettiamo che io parli o se eventualmente parlassi , alle quali si oppone la realt dellapodosi. Il fenomeno va riprodotto nei v.2-3 (con ancora pi grande enfasi). (ii) - Lespressione lingue degli uomini e degli angeli. La distinzione sembra riflettere quella della letteratura giudaica intertestamentaria, in cui alcuni esseri umani parlano e pregano nel linguaggio degli angeli (vedere lesegesi di 12,10; cf. Testamento di Giobbe 48,1-3; 49,2; 50,2; Giubilei 25,14; TestGiuda25,3; 1En 40; 71,11; 4Mac 10,21). Qualunque siano le lingue degli angeli (inintelligibili per gli uomini, perch sovrumane), la formula lingue degli uomini e degli angeli un merismo ed esprime una totalit (capacit fantastica, dono smisurato di parlare tutte le lingue di quaggi e di lass); la scelta dei membri del merismo va generalmente spiegata dalla situazione ecclesiale (parlavano in lingue sconosciute). (iii) Il sintagma avga,phn e;cein (anzich il solo verbo avgapa/n) si riscontra spesso nel NT (lamore che ho/avete in voi o per Gv 5,42; 13,35; 15,13; 1Co 13,1-3; 2Co 2,4; Fil 2,2; Col 1,4; Flm. 5; 1P 4,8; 1Gv 3,17). (iv) lapodosi. sono un bronzo sonante o un cembalo squillante. Pi che alludere alla musica, Paolo riprende un topos antico che descriveva cos i retori verbosi. Cf. gli autori menzionati da G. Barbaglio, 1 Corinzi 7032. Paolo farebbe anche allusione ai chiassi fatti nei templi pagani3? Quel che chiaro in 1Co 13,1 lopposizione tra il chiasso e lassenza di senso o ancora linutilit del chiasso fatto.

    1 Sulle distinzioni tra e;rwj, fili,a e avga,ph, vedere A. THISELTON, 1 Corinthians, 1033-35. Si vede bene perch, i v.1-3, Paolo adopera il sostantivo avga,ph e non il verbo avgapa/n. 2 Tiberio definendo il grammatico Apione cimbalum mundi (de palio, PL 2,1098a); PLATONE, Protagora 329a. 3 Cos C. SPICQ, Lavga,ph de 1 Cor 13. Un exemple de contribution de la smantique lexgse notestamentaire, ETL 31 (1955) 357-370 ; ID., Agap dans le Nouveau Testament : analyse des textes, vol.2 (tudes bibliques) Paris 1959, 68-69.

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    (v) Rilevare il ritmo delle frasi (protasi lunghe + una brevissima negativa; lapodosi anchessa brevissima). Il ritmo mira ad opporre nettamente le ipotesi (mirabolanti) e la realt (un bel niente detto in un quasi niente linguistico: il linguaggio sposa la realt). (vi) Paolo non considera n il contenuto (di che cosa si parla) n i destinatari (a chi si parla) del parlare, ma la totalit dei possibili mezzi linguistici (le lingue): lenfasi quindi messa sulle possibili lingue. (vii) Lironia forte: lo Io ha tutti i mezzi a disposizione per produrre senso, ma non ne produce, o il suono che produce inutile, e, per conseguenza, egli stesso diventato inutile (lenfasi va messa su ci che diventa lo Io). V.2 kai. eva.n e;cw profhtei,an kai. eivdw/ ta. musth,ria pa,nta kai. pa/san th.n gnw/sin kai. eva.n e;cw pa/san th.n pi,stin w[ste o;rh meqista,nai( avga,phn de. mh. e;cw( ouvqe,n eivmi E se anche ho il (dono del)la profezia e conosco tutti i misteri e tutta la scienza; e se anche possiedo tutta la fede, s da trasportare le montagne, ma non ho lamore, non sono niente. (i) La tecnica quella della ripetizione (3 laggettivo pa/j), tecnica diversa dal merismo del v.1. Qui si tratta di accumulazione di doni (profezia e fede, la quale d una identit, quella di credente). Oltre allaccumulazione, notare la qualit estrema dei doni (conoscenza superiore = i misteri divini; fede insuperabile, da trasportare le montagne: credere al punto di rendere possibile limpossibile; cos si insiste anche sullefficienza della fede; non una fede qualunque, ma una fede perfetta). Accumulazione ed esagerazione (au;xhsij) mirano a sottolineare il contrasto con il risultato: pur avendo tanti e tali doni (spirituali) lo Io non niente (la curva anticlimactica). Ogni avere equivale ad un essere niente. Si deve aggiungere: anzitutto lavere il pi elevato, perch fa conoscere i segreti celesti (non diciamo divini, perch il testo non adopera la parola!), avere che solo illusione per chi non ha la carit. La scelta della lista viene dal fatto che i doni elencati mettono in valore chi li ha ricevuti e possono portare alla burbanza, al disprezzo degli altri. (i) Rilevare le formulazioni e;cw profhtei,an, e;cw (pa/san th.n) pi,stin, copiate su quella gi riscontrata nel versetto precedente, avga,phn e;cw. Tali formulazioni fanno delloggetto del verbo un valore posseduto (la carit, la profezia e la fede come oggetti-valore, e non come azioni; lagire dellagape sar considerato nei v.4-7). Inoltre, lespressione e;cw profhtei,an brachilogica. (ii) Il dono di profezia non allacciato a quello di glossolalia. Il cap. 14 ne dar la ragione (la profezia edifica, utile agli altri, ecc., mentre la glossolalia non lo ). Il legame profezia/conoscenza sembra fare della prima leffetto della seconda (per comunicare, bisogna prima conoscere). (iii) Nella lista (profezia, conoscenza dei misteri, scienza; fede) tre elementi sono gi stati menzionati, cio la gnw/sij (12,8), la profhtei,a (12,10) e la pi,stij (12,9). Ma (a) la profezia ha lo stesso oggetto che la conoscenza dei misteri? Non si pu rispondere senza il contesto posteriore (vedere 14,30). (b) la parola pi,stij designa la stessa realt che in 1Co 12,9? Senzaltro, ma pu anche essere pi generica (descrivere lo scopo [ideale] della pi,stij): il versetto descrive quel che la fede nella sua radicalit (come enormi sono i suoi effetti). (g) Per i sintagmi pa/san th.n gnw/sin e pa/san th.n pi,stin sono di comprensione difficile; infatti, pa/sa po,lij = ogni citt, pa/sa h` po,lij = tutta la citt (o la citt intera), e h` pa/sa po,lij = linsieme della citt; nella Bibbia riscontriamo espressioni simili, la cui interpretazione non sempre facile. Come tradurre 1Co 13,2: ogni tipo di conoscenza e di fede o tutta la scienza, tutta la fede per significare un apice, una plenitudine? Verificare luso paolino. (iv) Per il motivo del trasportare le montagne, rilevare la tradizione cristiana comune (Mc 11,23-24 = Mt 17,20; 21,21-22). V.3 ka'n ywmi,sw pa,nta ta. u`pa,rconta, mou kai. eva.n paradw/ to. sw/ma, mou i[na kauch,swmai [kauqh,somai]( avga,phn de. mh. e;cw( ouvde.n wvfelou/mai E se anche distribuisco tutte le mie sostanze, e se anche do il mio corpo per essere bruciato, ma non ho lamore, non mi giova nulla. - il problema di critica testuale: kauch,swmai, kauqh,somai o kauqh,swmai? Vedere la posizione ben argomentata di Focant, che opta per kauqh,somai. Bisogna capire la logica delle figure nel loro contesto. (i) oltre ai testimoni eccellenti in cui si trova4, la scelta kauch,swmai non a priori da escludere, perch il dare tutto si fa generalmente per motivi generosi ed altruistici (nutrire gli altri, morire o accettare la schiavit per gli altri), ed il kauch,swmai indica allora laspetto perverso

    4 Cf. ad es. P46 a A B Clemente Origene Girolamo.

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    (contrario alla carit) della generosit. (ii) Ma nei primi tre versetti, le reazioni affettive e i sentimenti non centrano, quel che Paolo mette in valore lestremo del perdere, del rinunciare. Quel che importa il fare o lavere, solo quello. Si vede fino a quale estremit il rinunciare a tutto pu andare. Ci detto, come lhanno rilevato molti commentari, il morire bruciato non era una pena di morte nellimpero romano dallora. Il bruciare potrebbe allora designare limpronta fatta sulla pelle degli schiavi con un ferro caldissimo; ma espressa cos sfocatamene, difficile credere che lallusione sia colta. - Semantica. (i) Lenunciato eva.n paradw/ to. sw/ma, mou (condizione eventuale) designa un dono volontario, non imposto da fuori per la forza (se consegno). Lenfasi va messa sulla generosit incalcolabile del gesto (dare la propria libert e forse la vita). E quale gesto? Se il verbo della finale non kai,w (bruciare), lidea molto probabilmente quella di un diventare schiavo (per servire i poveri?). (ii) Il ouvde.n wvfelou/mai difficile (lett. non ricevo aiuto in niente), perch i le azioni delle protasi non avevano per finalit di cercare aiuto, soccorso o profitto. Il senso deve essere determinato in funzione del verbo della finale: se kauch,swmai, allora lidea quella di profitto spirituale (non trovo nessun profitto [spirituale]), e se kauqh,somai, lapodosi allude a una ricompensa post mortem (non ottenuta; ma Paolo non specula mai sul dopo morte). Rilevare il passaggio dallavere (possesso di) tutto al perdere tutto (tutti i beni, fino alla libert e, possibilmente, alla propria vita secondo il verbo ritenuto). La sorpresa viene dal fatto che Paolo non finisce con un ouvqe,n eivmi come nel v.2, perch perdere la vita equivale a perdere lidentit. Ora, egli dice: ouvde.n wvfelou/mai, letteralmente: non sono per nulla aiutato, cio non trovo niente profitto: come mai una persona morta (o schiava) pu avere qualche profitto, se non nel dopo morte, un profitto o una ricompensa regalata da Dio? Ma wvfelou/mai un presente! - Non dimenticare che lo Io descritto da Paolo in questi versetti credente, discepolo di Cristo e membro della Chiesa: la generosit descritta quella di un credente (cf. v.2). - Finora, Paolo non ha ancora detto che cosa lagape. Egli ha scelto attivit che mettono in risalto la qualit religiosa dello Io e le sue opere con i loro pregi (parlare in lingue, profetizzare, conoscenza dei misteri, aiuto ai poveri, dare la propria vita), ma mette allo stesso tempo in luce il fatto che i valori religiosi anche i pi alti (al livello dellavere + fare) non giovano se non c la carit. I v.1-3 insistono quindi sulla necessit vitale della carit per ogni credente. - Altro significato delluso della prima persona (Io): assimila il testo ad una confessione, nella quale il credente riconosce o ammette che in fine dei conti la carit a dare identit e vita al cristiano. v.4-7 - Composizione. (i) Niente difficolt a riconoscere il cambiamento di unit (si cambia di soggetto, di sintassi, di stile). Si passa inoltre da ipotesi (supponiamo che) a fatti reali e concreti (stile descrittivo). La prima difficolt viene dal terminus ad quem dellunit: si finisce con il v.7 (pa,nta u`pome,nei) o con il v.8 (h` avga,ph ouvde,pote pi,ptei)5? (ii) Interpretazione della composizione concentrica in aba: il centro b negativo; quali conseguenze si pu tirare da tale costatazione? Paolo avrebbe potuto cominciare con enunciati negativi e, solamente dopo, elencare quelli positivi: quale leffetto di senso di una tale disposizione? Il testo procede per accumulazione pi che per progressione semantica.

    Logica e progressione dellunit: tutti fanno fatica ad evidenziare la progressione dei v.4-7. In realt, semanticamente, i primi due verbi preparano i seguenti:

    a ~H avga,ph makroqumei/ = pazienza, b crhsteu,etai h` avga,ph = bont, B lista denunciati negativi = il non fare male, A lista denunciati positivi = lessere paziente.

    Il criterio principale che consente di dividere cos il microchiasmo iniziale: ~H avga,ph makroqumei/( crhsteu,etai h` avga,ph

    5 Per la maggioranza dei commentatori, lunit finisce col v.7; Focant, p.225 e 230-232, opta per il v.8a.

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    Il chiasmo indica che questo binomio non fa soltanto scattare la lista degli altri verbi, ma che forma una micro-unit a se stante (e ci solleva immediatamente la questione della loro funzione retorica e semantica). Quel che colpisce che i destinatari delle azioni non sono menzionati (A chi la carit rende servizio? Chi non invidia? Contro di chi non si adira? ecc.): lenfasi va chiaramente messa sulle azioni. - Sfondo. Vedere un elogio simile nel testamento di Issacar, citato da G. Barbaglio, 1 Corinzi, p.710: = Testamenta xii patriarcharum 5.4.2-6 2 o` a`plou/j crusi,on ouvk evpiqumei/, to.n plhsi,on ouv pleonektei/, brwma,twn poiki,lwn ouvk evfivetai, evsqh/ta dia,foron ouv qe,lei, 3 cro,nouj makrou.j ouvc u`pogra,fei zh/n, avlla. mo,non evkde,cetai to. qe,lhma tou/ qeou/|\ 4 kai,ge ta. pneu,mata th/j pla,nhj ouvde.n ivscu,ousi pro.j auvto,n. Ouv ga.r ei=den evpide,xasqai ka,lloj qhlei,aj, i[na mh. evn diastrofh/| mia,nh| to.n nou/n auvtou/. 5 ouv zh/loj evn diabouli,oij auvtou/ evpeleu,setai\ ouv baskani,a evkth,kei yuch.n auvtou/, ouvde. porismo.n evn avplhstei,a| evnnoei/\ 6 poreu,etai ga.r evn euvqu,thti zwh/j, kai. pa,nta o`ra/| evn avplo,thti mh. evpideco,menoj ovfqalmoi/j ponhri,aj avpo. th/j pla,nhj tou/ ko,smou, i[na mh. i;dh| diestramme,nwj ti tw/n evntolw/n tou/ Kuri,ou. Vedere anche lelogio di Eros in Platone, Simposio, 197d-e. V.4 ~H avga,ph makroqumei/( crhsteu,etai h` avga,ph( ouv zhloi/( h` avga,ph ouv perpereu,etai( ouv fusiou/tai( Lamore ha gran pazienza, rende servizio lamore, non invidia, non si vanta, non si gonfia (i) La radice veicola lidea di avere pazienza e longanimit, come lo indicano le altre occorrenze NT6, e non ci sono motivi per rigettare tale senso in questo versetto, anzitutto se consideriamo lordinamento dei verbi nei v.4-7.

    (ii) crhsteu,etai. Paolo ha adoperato il verbo (perch i v.4-7 elencano lagire dellagape), che non si riscontra mai prima del tempo di Paolo, negli scritti non biblici7 e nella Bibbia greca stessa8. Laggettivo crhsto,j (buono) era invece ben utilizzato al tempo di Paolo, e lo stesso pu essere detto del sostantivo crhsto,thj (bene). Per luso paolino di questi vocaboli, cf. Rm 2,4; 3,12; 11,22; 1Co 15,33; 2Co 6,6; Ga 5,22; Ef 2,7; 4,32; Col 3,12; [Tt 3,4].

    I sostantivi makroqumi,a e crhsto,thj fanno tre volte parte delle stesse liste di virt: Rm 2,4; 2Co 6,6; Ga 5,22; Col 3,12. Qui (v.4), annunciano o preparano tutti i sinonimi che esprimeranno le stesse idee. Il modello di pazienza/bont evidentemente Dio (SapSal 15,1). (iii) i tre verbi preceduti da una negazione, ouv zhloi/( ouv perpereu,etai( ouv fusiou/tai, illustrano il secondo verbo (crhsteu,etai). Per i verbi preceduti dallavverbio ouv, rilevare lo slittamento progressivo della prospettiva (voler il male, fare il male ed essere egocentrico, reagire al male che ci colpisce, reagire al male che schiaccia gli altri). Di per se il significato di zhlo,w non negativo, indica soltanto un forte desiderio e un grande impegno. In 1Co 12-14, luso del verbo paradossale, perch se in 13,4 Paolo dice che la carit non invidia (e il zhlou/n allora un atteggiamento negativo), in 12,31 e 14,1 afferma invece che si deve zhlou/n i carismi superiori. Insomma, la sua connotazione viene dal contesto, come lo mostra un altro brano, Ga 4,17-18 : zhlou/sin u`ma/j ouv kalw/j( avlla. evkklei/sai u`ma/j qe,lousin( i[na auvtou.j zhlou/te 18 kalo.n de. zhlou/sqai evn kalw/| pa,ntote kai. mh. mo,non evn tw/| parei/nai, me pro.j u`ma/j. Il verbo perpereu,omai un hapax del NT, non compare nella LXX e il TLG non ne segnala lesistenza prima del nostro brano9: Come lo dice G. Barbaglio, il riferimento ad atteggiamenti di superiorit nei confronti degli altri ritenuti inferiori (p.712). Il verbo fusio,w, tipicamente paolino: si non si riscontra n nella LXX n nel resto del NT; gli unici passi in cui compare sono: 1Co 4,6,18.19; 5,2; 8,1; 13,4; Col 2,18 (e fusi,wsij in 2Co 12,20).

    6 Cf. Mt 18,26.29; Lc 18,7; At 26,3; Rm 2,4; 9,22; 1Co 13,4; 2Co 6,6; Ga 5,22; Ef 4,2; Col 1,11; 3,12; 1Ts 5,14; 1Tm 1,16; 2Tm 3,10; 4,2; Eb 6,12, 15; Gc 5,7-8.10; 1P 3,20; 2P 3,9.15. 7 Il TLG non segnala una sola referenza prima del I secolo d.C. 8 Lunica referenza, fuori nostro passo, Salmi Salomone 9,6, il cui uso non sembra dipendere da quello paolino: ti,ni crhsteu,sh| o` qeo,j eiv mh. toi/j evpikaloume,noij to.n ku,rion 9 Nel II d.C., lo si riscontra di nuovo in Marcus Aurelius Antoninus, ta. eivj e`auto,n 5.5.1.

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    Come lo mostrano tutte le occorrenze in 1Co, la comparsa del verbo in 13,4 non casuale! Paolo sembra approfittare delloccasione per alludere nei v.4-7 ad alcuni difetti tipici dei cristiani di Corinto. V.5 ouvk avschmonei/( ouv zhtei/ ta. e`auth/j( ouv paroxu,netai( ouv logi,zetai to. kako,n( non compie azioni vergognose, non cerca i suoi interessi, non si adira, non tiene conto del male ricevuto Gli altri quattro verbi sono anchessi preceduti da una negazione e coprono diverse situazioni contrarie alla bont: male fatto -- mancanza di rispetto; egoismo; ira -- o male che facciamo pagare. (i) Nel NT, avchmone,w e le parole di stessa radice compaiono solo in Rom. 1,27 (avschmosu,nh); 1Co 7,36 (avchmone,w); 12,23 (avsch,mwn); 13,5 (avchmone,w); Ap 16,15 (avschmosu,nh). Il contesto essendo abbastanza generale, il verbo pu alludere ad ogni tipo di comportamento irrispettoso. (ii) lespressione ouv zhtei/ ta. e`auth/j riprende 10,24: mhdei.j to. e`autou/ zhtei,tw avlla. to. tou/ e`te,rou e anche 10,33: kaqw.j kavgw. pa,nta pa/sin avre,skw mh. zhtw/n to. evmautou/ su,mforon avlla. to. tw/n pollw/n( i[na swqw/sin. Questo conferma limpressione segnalata sopra, cio che i v.4-7 alludono a difetti costatati da Paolo a Corinto10. Per luso del verbo in Paolo, vedere anche Fil 2,4 e 21: oi` pa,ntej ga.r ta. e`autw/n zhtou/sin( ouv ta. VIhsou/ Cristou/, infine lesempio di Cristo in Rm 15,3. (iii) Il verbo paroxu,nw (al passivo) ha qui un senso negativo (essere esasperato, adirarsi per qualunque offesa, negligenza, rozzezza, ecc.), esprime una reazione impulsiva, ed complementare del seguente, che designa la vendetta premeditata. (iv) Il sintagma ouv logi,zetai to. kako,n (non tener conto del male) indica una intenzione cattiva nei confronti altrui. A differenza dei precedenti che descrivevano (a) sia un comportamento maligno (b) o egoistico (g) questo ultimo verbo (e gi il precedente) descrive reazioni negative per un male ricevuto. Nel NT, il verbo logi,zomai (considerare, contare) prevalentemente usato da Paolo. Luso del nostro versetto corrisponde a quello di 2Co 5,19 e Rm 4,8, dove si dice che Dio non tiene conto dei peccati. Il credente deve quindi fare come Dio V.6 ouv cai,rei evpi. th/| avdiki,a|( sugcai,rei de. th/| avlhqei,a| non si rallegra dell' ingiustizia, ma si compiace della verit Versetto gancio, che finisce la lista concernente il non fare male, e inizia quella che illustra lessere (molto) paziente. La prospettiva ancora diversa (reagire al male che colpisce gli altri). Le figure retoriche sono letimologia (ripetizione della radice) e lomeoptoto (identit di flessione nominale th/| avdiki,a| - th/| avlhqei,a|); la loro presenza indica che le due parti del versetto non possono essere separate. Nondimeno, questo versetto funge da cerniera: finisce la lista negativa e fa scattare la positiva. Ricorrenze del binomio giustizia/verit nella bibbia greca: 1Esd 4,37; Tb (S) 12,8; Mal 2,6; Dn (T) 9,13; Rm 1,18; 2,8; 1Co 13,6; 2Th 2,10.12. Come si vede, nel NT, Paolo lunico ad abbinare i due sostantivi cos strettamente (lingiustizia come ci che soffoca la verit Rm 1,18). Certamente labbinamento tra dikaiosu,nh (e/o avdiki,a) e avlh,qeia viene dallAT, dove la hnWma (o tma) e la hqdc sono due tratti divini inseparabili. Si vede che in 1Co 13,6 (come nei versetti precedenti) lagape copia il comportamento divino perch viene da Dio? Tuttavia, notare che il brano non menziona Dio, come se lagape non avesse n origine n destinatario. Il verbo sugcai,rei si gi riscontrato in 12,26 (situazione analoga). Le due altre occorrenze paoline: Fil 2,17-18. V.7 pa,nta ste,gei( pa,nta pisteu,ei( pa,nta evlpi,zei( pa,nta u`pome,nei tutto sostiene (copre), tutto crede, tutto spera, tutto sopporta 11 Come detto sopra, il versetto illustra e amplifica il makraqumei/ del v.4. G. Barbaglio propone une composizione concentrica, in abba, se si ammette che ste,gw significa sopportare (p.715). (i) pa,nta ste,gei. Il verbo ste,gw ha due significati coprire (cio riparare, proteggere) e sopportare (anche resistere). Qui lidea di sopportare (accettando di soffrire) certamente adatta, perch descrive la forza dellamore capace di sostenere ogni avversit (Barbaglio, 715), ma quella di coprire (per proteggere il contrario di distruggere) conviene anchessa, tanto di pi che prepara il secondo verbo (chi copre o protegge, crede, cio osa, va avanti). Allora si pu evidenziare una traiettoria: proteggere (e non distruggere), credere (osare), sperare (nel futuro) e sopportare (durante il processo che dura). Il sintagma riprende quel che Paolo diceva in 1Co 9,12.

    10 Vedere A. Thiselton, 1 Corinthians 1051. 11 Per le somiglianze con lencomio con alcuni encomi, vedere G. Barbaglio, 715.

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    (ii) pa,nta pisteu,ei. Tutti i commentari segnalano che il referente non la fede teologica (lattaccamento totale a Cristo e Dio, alla loro parola, ecc.), ma una fiducia da non poter mai esse disperato. Sembra che Paolo esageri: una tale fiducia non diventata credulit? In realt quel che vuole dire Paolo che lagape, perch agape, dispone ad unapertura e ad unaccoglienza vere, che lungo dallessere ingenuit o credulit, dispongono a relazioni vere. (iii) pa,nta evlpi,zei. Losservazione la stessa per questo sintagma. Lagap apre al futuro e consente di aspettare quel che si deve aspettare (di buono e di vero). (iv) pa,nta u`pome,nei. Solo lagape pu far superare le avversit. Se in 1Co la radice (verbo e sostantivo) compare solo in questo versetto, il suo senso pu essere evidenziato grazie alle altre ricorrenze: il verbo in Rm 12,12 (th/| evlpi,di cai,rontej( th/| qli,yei u`pome,nontej( th/| proseuch/| proskarterou/ntej), il sostantivo in Rm 2,7; 5,3-4; 8,25; 15,4f; 2Co 1,6; 6,4; 12,12; Col 1,11; 1T 1,3; 2T 1,4; 3,5. Il duplice agire fondamentale dellagape: bont e apertura continua. Ripresa dei v.4-7. Non si parla ne di Paolo, ne dei Corinzi, ne di Dio, ne di Cristo, ma abbiamo visto che alcuni verbi sono gi comparsi nei precedenti capitoli per descrivere sia latteggiamento (positivo) dellapostolo, sia quello (negativo) di alcuni membri della Chiesa locale. Alcuni verbi non sono anche senza legami semantici con latteggiamento di Dio e di Cristo (pazienza, perdono, dare il corpo, ecc.). Questa unit quindi piena di richiami! v.8-13 - Rilevare il cambiamento di attori (aa = carismi/virt; bb = noi; c = Io) - La composizione concentrica mette in risalto le categorie spaziali e temporali:

    a = v.8 agape/carismi: provvisorio (vs. permanente) b = v.9 NOI: parziale vs. totale + v.10 prospettiva temporale = giustificazione di a. c = v.11 IO: passato v. presente b= v.12 NOI: presente vs. futuro + parziale vs. totale = giustificazione di c. a= v.13 vit/agape: permanente (vs. provvisorio) + prospettiva spaziale (superiore/inferiore)

    - Il parallelo aa mette in opposizione 3 carismi e 3 virt; - il parallelo bb stabilisce omologie: presente/futuro = imperfetto/perfetto = oscuro/chiaro. - il centro c oppone due momenti della vita fanciullo/adulto (omologia con il binomio imperfetto/perfetto). V.8 ~H avga,ph ouvde,pote pi,ptei\ ei;te de. profhtei/ai( katarghqh,sontai\ ei;te glw/ssai( pau,sontai\ ei;te gnw/sij( katarghqh,setai Lamore non viene mai meno; invece sia le profezie saranno distrutte, sia le lingue cesseranno, sia la conoscenza sar distrutta Retorica. - Come spesso in Paolo, la prima frase che inizia una nuova unit discorsiva, enuncia in un modo brachilogico la posizione fondamentale che sar ripresa pi a lungo per essere precisata e spiegata. Ed una ragione supplementare per attaccare il v.8a a ci che segue. G. Barbaglio parla di questo versetto come di una propositio per i v.8-13. - Rilevare le molteplici opposizioni tra il primo enunciato e gli altri. (i) Opposizione tra i verbi (viene mai meno e saranno/sar distrutti/o, cesseranno) (ii) tra il presente e il futuro, (iii) tra il modo di esprimere con una negazione la solidit dellamore, e senza negazioni la cessazione delle altre cose, (iv) tra i sostantivi (lamore vs. le profezia, lingue, conoscenza). - Le lingue cesseranno dice lapostolo. Tuttavia, se ci sono lingue angeliche (cf. 13,1), come dire che le lingue cesseranno? Laffermazione vale? Semantica. - Paolo riprende tre doni gi elencati nellunit A (v.1-2: lingue, profezia, fede) e afferma la loro provvisoriet. V.9-12 I versetti 9-12 formano le pisteis grazie alle quali Paolo mostra perch i carismi sono provvisori ma non mostrer che la carit non finir mai (i v.9-12 spiegano solo la seconda parte del v.8). Come spesso, lapostolo procede per precisioni successive. Il primo argomento (v.9) si presenta come una chiarificazione, che rileva laspetto essenzialmente parziale (in qualit e quantit?), vale a dire imperfetto e limitato della nostra

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    conoscenza (di Dio, del creato, degli altri?) attuale (= componente temporale), ma senza dire ancora esattamente perch cos. V.9 evk me,rouj ga.r ginw,skomen kai. evk me,rouj profhteu,omen parzialmente infatti conosciamo, e parzialmente profetizziamo (i) Il sintagma evk me,rouj = in parte, parzialmente. Nel NT il sintagma compare solamente in 1Co 12,27; 13,9.10.1212. Lidea di limitatezza o ristrettezza viene dal contesto. (ii) i verbi al presente dellindicativo: descrivono la situazione attuale (quella di tutta una vita) dei credenti. (iii) Quel che non si vede immediatamente come il carattere parziale (e quindi imperfetto) della conoscenza in questa vita dimostra la sua transitoriet. Perch Paolo fa leva sul evk me,rouj per mostrare che i carismi dovranno katargei/sqai? Egli avrebbe potuto trovare altri argomenti al merito! V.10 o[tan de. e;lqh| to. te,leion( to. evk me,rouj katarghqh,setai Ma quando verr quel [che ] perfetto, quel [che ] parziale sar distrutto Retorica. Paolo fa adesso il legame tra limperfezione presente (di questa vita) e la sua cessazione; ci che parziale e quindi imperfetto -- non per sempre, deve sparire un giorno o laltro per essere sostituito da ci che perfetto. Questo enunciato somiglia ad un principio e suona come una verit assoluta, innegabile. Si pu nondimeno obiettare che certe realt, ora imperfette, saranno trasformate senza avere fine (ad es., pur essendo impura e imperfetta, la nostra agape non sar distrutta, solo purificata e resa perfetta). Quindi, alcune realt non cesseranno ed altre, si. Paolo deve quindi proseguire nella sua argomentazione, per mostrare che tutti i doni che toccano la conoscenza sono destinati a cessare, perch inseparabili della nostra natura fisica. Semantica. Interessante vedere che lopposizione non si fa tra me,roj e o[loj (o o[lon), come ad esempio in Lc 11,36 (eiv ou=n to. sw/ma, sou o[lon fwteino,n( mh. e;con me,roj ti skoteino,n), ma tra me,roj e te,leion. Nondimeno, come G. Barbaglio lo rileva a proposito di un passo di Platone, luno e laltro concetto sono vicini: Dio olon kai te/leon e)k tele/wn swma/twn swma e)poihsen (Timeo 34b2-3): per essere perfetta (te,leion) una realt deve essere completa (o;lon). In realt, la scelta del vocabolo te,leion non casuale: lopposizione, che poteva concernere la struttura (totalit/parte), diventa temporale (adesso/fine dei tempi), perch i vocaboli e;rcesqai e te,leion connotano palesemente leschaton. Paolo non parla quindi di un perfezionamento nella storia o nel tempo, ma dellirruzione delleschaton, la perfezione delleschaton essendo di un altro ordine che il miglioramento nel corso della storia (tutto va eliminato o trasformato). V.11 o[te h;mhn nh,pioj( evla,loun w`j nh,pioj( evfro,noun w`j nh,pioj( evlogizo,mhn w`j nh,pioj\ o[te ge,gona avnh,r( kath,rghka ta. tou/ nhpi,ou Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Quando sono divenuto adulto, ho distrutto ci che era da bambino. Per suffragare quel che dice, Paolo ricorre a un esempio che non sembra adatto, perch fa leva su un cambiamento (gnoseologico) nel corso di una vita (senza lopposizione adesso vs. alla fine). Ma deve essere preso come un exemplum, i cui tratti corrispondono bene alla realt che Paolo vuole descrivere. Infatti, il linguaggio e il modo di pensare cambiano del tutto dallet di bambino a quella dadulto, il rapporto bambino/adulto essendo analogico a quello parziale/perfetto. Implicitamente o soggiacente alle osservazioni di Paolo, c la problematica del cambiamento di corpo, perch alla risurrezione, nostro corpo non sar lo stesso (cf. 1Co 15): non avremo pi occhi, orecchi, bocca, lingua, ecc., perch conosceremo direttamente, gloriosamente. Lopposizione si riscontra in altri passi della 1Co, con parole simili o affini: in 1Co 2,6; 3,1; 14,20. V.12 ble,pomen ga.r a;rti diV evso,ptrou evn aivni,gmati( to,te de. pro,swpon pro.j pro,swpon\ a;rti ginw,skw evk me,rouj( to,te de. evpignw,somai kaqw.j kai. evpegnw,sqhn infatti adesso vediamo come mediante uno specchio, in forma enigmatica, ma allora vedremo faccia a faccia. Adesso conosco parzialmente, ma allora conoscer come sono stato conosciuto

    12 Ma il vocabolo me,roj compare 42x nel NT (20x nei vangeli/Atti; 17x in Paolo; 1x in Eb e 4x in Ap).

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    Lallusione al modo di conoscere nelleschaton diventa referenza esplicita: non conosceremo pi come adesso (perch adesso gli strumenti fisici sono essenziali, il corpo risorto invece non ne avr pi bisogno). Rilevare le diverse opposizioni: a;rti / to,te, ginw,skw / evpignw,somai, diV evso,ptrou evn aivni,gmati / pro,swpon pro.j pro,swpon. Come lo rileva Barbaglio (p.719), la perfezione del conoscere finale espressa dal passivo teologico evpiginw,skomai. Laltra espressione, [ble,yomen] pro,swpon pro.j pro,swpon per mezzo della quale Paolo descrive la conoscenza futura sembra, secondo lopinione concorde dei commentatori, alludere o riprendere il testo di Nm 12,6-8, dove abbiamo le stesse opposizioni:

    kai. [il Signore] ei=pen pro.j auvtou,j avkou,sate tw/n lo,gwn mou eva.n ge,nhtai profh,thj u`mw/n kuri,w| evn o`ra,mati auvtw/| gnwsqh,somai kai. evn u[pnw| lalh,sw auvtw/| 7 ouvc ou[twj o` qera,pwn mou Mwush/j evn o[lw| tw/| oi;kw| mou pisto,j evstin 8 sto,ma kata. sto,ma lalh,sw auvtw/| evn ei;dei kai. ouv diV aivnigma,twn kai. th.n do,xan kuri,ou ei=den kai. dia. ti, ouvk evfobh,qhte katalalh/sai kata. tou/ qera,ponto,j mou Mwush/.

    Il modo di procedere di Paolo , come di solito, complesso: se alcune parole possono rinviare a Num 12, altre, come diV evso,ptrou, possono rinviare allesperienza quotidiana dei Corinzi, alla quale allude anche Gc 1,23 per descrivere il carattere evanescente di tale conoscenza. Un doppio sfondo spesso evidenziabile in molti passi paolini! Ma, qualunque sia la fonte (biblica o greco-ellenistica; vedere A. Thiselton, p.1068s) dalla quale il versetto attinge le sue opposizioni, Paolo esclude palesemente che la conoscenza che la profezia ha dei misteri divini (o di Dio) sia una visione diretta e immediata: questa ultima riservata per leschaton. V.13 Nuni. de. me,nei pi,stij( evlpi,j( avga,ph( ta. tri,a tau/ta\ mei,zwn de. tou,twn h` avga,ph Ora restano fede, speranza, amore, queste tre; ma la pi grande di esse [] lamore La particella nuni, e il presente me,nei sollevano difficolt enormi. La particella va intesa come avverbio temporale (adesso) o come congiunzione logica (or dunque). Quanto al verbo me,nei, ha una connotazione temporale (per oggi) o escatologica (rimanere oltre il tempo, eternamente)? Si vedono bene le due letture opposte che si pu fare del versetto:

    (i) Or dunque, sussistono [per sempre] fede, speranza, amore; ma la pi grande di queste [] lamore,

    (ii) adesso (cio, per il tempo presente), rimangono fede, speranza, amore, ma La seconda lettura rispetta di pi la semantica del verbo me,nein e la logica, lo sviluppo dellargomentazione., Di per se, infatti, il verbo me,nein non ha il senso rimanere in eterno; quando lidea questa, si aggiunge eivj to.n aivw/na13. Inoltre, il v.13 non porta avanti i le opposizioni tra presente e eschaton, ma paragona tre grandezze nelloggi della vita terrestre. Quel che il verbo me,nein connota qui la permanenza delle tre virt nella vita di ogni credente, permanenza opposta qui al carattere occasionale dei carismi. Questa triade essenziale per vivere la vita cristiana; in altri termini, il credente non pu vivere senza fede, speranza e agape. Sfondo. La triade fede, speranza e agape che contrassegna o caratterizza la vita cristiana, compare spesso nelle lettere paoline. Oltre a 1Co 13,13, vedere 1T 1,3; 5,8; Rm 5,2-5 (Col 1,4-5). Ripresa teologica - 1Co 13 lunico capitolo della sezione dove il nome di Dio (di Cristo e dello Spirito Santo) non pronunciato ! - Quale lorigine (Dio?)e loggetto (Dio? il prossimo?) della carit? - Carismi e carit. Il discorso chiaro e rilevante? Perch Paolo non ha opposto i carismi allumilt, alla discrezione, alla modestia, ecc.? Ora, avendo li ha chiaramente detto che tutti i carismi vengono dallo Spirito, non poteva paragonare i carismi se non con un altro dono di Dio, in cui la grazia divina si manifesta in suprema abbondanza e che copre tutta la vita cristiana. Daltra parte, i carismi non sono assenti da 1Co 13. Anzi, formano lo sfondo del discorso di Paolo che procede per paragoni impliciti. Le opposizioni sono molteplici, tra transitoriet e continuit,

    13 Vedere ad es 1Esd 4,38; Tb (S) 6,8; S 110,3.10; 111,3.9; 116,2 (in questi tre salmi, la stringa me,nein eivj to.n aivw/na tou/ aivw/noj); Sir 42,23; Is 14,20; 40,8; Dn (T) 6,27 (plurale); Ger 8,35; 12,34; 2Co 9,9; Eb 7,24; 1P 1,25; 1Gv 2,17.

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    tra imperfezione e perfezione, tra apparenza e invisibilit, tra spettacolarit e discrezione, tra contingenza e essenzialit, ecc. La via dellagape quella dellumilt, ed proprio per quello che va facilmente dimenticata. - Per Paolo, se adesso l avga,ph non basta, il dono per eccellenza, essenziale per tutti, perch senza di essa niente vale. 2. Il comandamento dellagape in Rm e Ga14 Rm 13,8-10

    8 Mhdeni. mhde.n ovfei,lete eiv mh. to. avllh,louj avgapa/n\ o` ga.r avgapw/n to.n e[teron no,mon peplh,rwken. 9 to. ga.r ouv moiceu,seij( ouv foneu,seij( ouv kle,yeij( ouvk evpiqumh,seij( (Es 20,13-15 ; Dt 5,17) kai. ei; tij e`te,ra evntolh,( evn tw/| lo,gw| tou,tw| avnakefalaiou/tai evn tw/| avgaph,seij to.n plhsi,on sou w`j seauto,n (Lv 19,18b) 10 h` avga,ph tw/| plhsi,on kako.n ouvk evrga,zetai\ plh,rwma ou=n no,mou h` avga,ph

    2.1. Breve esegesi v.8 - Il verbo ovfei,lein usato qui con un doppio senso (avere debiti e/o essere obbligato di fare qualcosa); nel primo caso si ha il verbo + acc. oggetto + dativo persona, e nel secondo il verbo seguito da un infinito. Paolo gioca sulle parole (lo far di nuovo in Rm 14,13 col verbo kri,nein) e sembra aver conosciuto il topos del non dovere niente a nessuno. Cf. Filemone il comico (IV av.C.), Fragmenta 163: aivtw/ dV u`gi,eian prw/ton, ei=tV euvpraxi,an, tri,ton de. cai,rein, ei=tV ovfei,lein mhdeni,. Citato tal quale da Luciano di Samosate (II d.C.), pro lapsu inter salutandum 6.15-17. Gli esegeti segnalano lesistenza della formula su sarcofaghi. - senso di eiv mh,: eccetto, se non (esprime allora una eccezione), o ma, al contrario [dovete amarvi a vicenda] (il verbo ovfei,lein allora sottointeso, e il versetto esprime una antitesi). La maggioranza dei commentatori, dai Padri ad oggi, vedono qui formulata una eccezione. - chi designa il pronome avllh,louj? Gli altri cristiani? O pi generalmente tutti quelli (credenti o altri) che incontriamo? Vedi ad es. la posizione di Jewett15:

    Most commentators are inclined to improve Pauls ethic by including all with whom the Roman Christians would come in contact, to use Dunns expansive phrasing. This overlooks the transparent meaning of the expression one another. When Paul wishes to address the attitude of believers toward outsiders, he refers to strangers (12:13), persecutors (12:14, all (12:18), or enemies (12:20). No, the appropriate social context of the love ethic in this section is the small Christian congregations in Rome, and, more concretely, the love feasts and sacramental celebrations in which members shared resources. This context, which was natural and close at hand for the early churchbut alien and unacknowledged in the orientation of most later scholarsrenders it unnecessary to theorize about a debitum immortale (eternal debt) that can never be paid since it is owed to all people everywhere. There is no indication in any of Pauls references to love that it was a boundless and thus impossible burden. That misconception is due to the social decontextualization of Pauls ethic in the mainstream of the interpretive tradition, replacing it with elaborate intellectual constructs that have boundless implications and hence contain the convenient corollary of never being capable of actualization. There is not a shred of support in this pericope for this expansive and finally evasive understanding of love.

    Jewett ha materialmente ragione, ma il modo di procedere di Paolo molto sottile e non permette di escludere un possibile allargamento16.

    14 Paolo non dice mai che si deve amare Dio. Quando ha Dio/Cristo come oggetto (1Co 8,3; Rm 8,28; Ef 6,24) il verbo avgapa/n non mai allimperativo. Non si riscontra dunque nelle lettere dellapostolo il doppio comandamento (di Dio e del prossimo). 15 Romans, 807.

  • Etica di Ges e di Paolo Comandamento dellamore

    12

    - Come tradurre del v.8 (o` ga.r avgapw/n to.n e[teron no,mon peplh,rwken)? Colui infatti che ama, ha compiuto laltra legge, o colui che ama laltro, ha compiuto la legge? Motivi per il secondo senso:

    - avgapa/n allattivo sempre utilizzato da Paolo con un complemento doggetto diretto. - Laggettivo sostanziale (o` e[teroj) designa anche laltra persona in Rm 2,1.21 (senza larticolo); 1Co 6,1; 10,24.29; 14,17; Ga 6,4; Fil 2,4.

    - il sostantivo no,moj designa la legge mosaica o ogni legge (Jewett preferisce la seconda lettura)? Il sostantivo pu effettivamente designare una legge qualunque a condizione che il suo scopo e intento sia l avga,ph. E siccome tale lo scopo della legge mosaica (e divina), vale in prevalenza per essa. Nel v.9b il comandamento dellamore si trova tal quale solo negli scritti biblici: con ogni probabilit dunque il sostantivo no,moj designa qui la legge mosaica. - Il verbo plhro,w non implica necessariamente un essere suddito della Legge. Lintensione e lo scopo della Legge possono essere compiuti da non sudditi suoi (ad es. gli etnico-cristiani). v.9 - le citazioni bibliche non sono esplicite (non ci sono formule dintroduzione). - perch questi comandamenti e non altri? Secondo molti esegeti, Paolo ha scelto questi quattro perch valgono per tutti. Ma si vede che la lista solo indicativa, perch Paolo aggiunge kai. ei; tij e`te,ra evntolh,. - Paolo il primo ad accomunare i quattro comandamenti del decalogo e quello di Lv 19,8. - lidea che la Legge trova la sua espressione in uno o due comandamenti, non una creazione di Paolo (ne di Ges). Troviamo riassunti del genere in diversi passi biblici: cf S 14/15,3; 33/34,14; 49/50,18-20; Mal 3,5; ecc. Vedere anche Filone, De congressu eruditionis gratia 120, che descrive le 10 parole cos:

    kai,toi ti, tou,twn memnh,meqa th.n ga.r i`era.n kai. qei,an nomoqesi,an de,ka toi/j su,mpasi lo,goij Mwush/j avnage,grafen\ ou-toi de, eivsi qesmoi,( tw/n kata. me,roj avpei,rwn no,mwn genika. kefa,laia( r`i,zai kai. avrcai. kai. phgai. ave,naoi diatagma,twn prosta,xeij kai. avpagoreu,seij perieco,ntwn evpV wvfelei,a| tw/n crwme,nwn

    - come i divieti menzionati possono rispecchiare lintento estremo della Legge e in particolare lavga,ph? Lavga,ph consiste a non fare male al prossimo? Perch Paolo non la caratterizza con sostantivi ed aggettivi positivi, come in 1Co 13? - il modello proposto dalla Legge amare se stesso. Ma che cosa significa una tale espressione? Voler bene a se stesso? Fare al prossimo il bene che facciamo a noi stessi? E il bene descritto nella Legge, nei comandamenti, quelli del decalogo ma anche tutti che dicono come comportarsi con il prossimo. v.10 - quel che dice il versetto sembra riprendere topoi non biblici ripresi anche dagli scrittori antichi. Cf. Diogene Laerzio (III d.C.), Vitae philosophorum 1.69,6-70,1 che riporta esortazioni del filosofo Chilone di Sparta (VI a.C.): glw,tthj kratei/n kai. ma,lista evn sumposi,w|. mh. kakologei/n tou.j plhsi,on, eiv de. mh,, avkou,sesqai evfV oi-j luph,sesqai. Isocrate (V-IV a.C.), ad Demonicum 30: gi,gnou pro.j tou.j plhsia,zontaj o`milhtiko,j. avlla. mh. semno,j. Ma si pu allora dire che i filosofi antichi paralavano dell avga,ph senza conoscerne il nome? Che cosa c in pi in questo versetto di Rm? - La ripetizione h` avga,ph Idea di Jewett: Paolo allude alla cena del Signore, lagape per eccellenza la cena, perch si superano le preferenze naturali (famiglia, trib, ecc.). In Rm 12,9-21, Paolo riprende la regola che esisteva negli scritti dellOriente antico sul non vendicarsi e sul non rendere il male per il male (cf. ANET, Giuseppe e Aseneth, AT, sapienziali, filosofi, ecc.) e aggiunge motivi cristiani (benedire i nemici, ecc.).

    Ges e lagape 16 Cf. J.N. ALETTI, La soumission des chrtiens aux autorits en Rm 13,1-7. Validit des arguments pauliniens? Bib 89 (2008) 457-476.

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    Il vocabolario

    - il verbo: Mt 5,43.44.46; 6,24; 19,19; 22,37.39; Mc 10,21; 12,30.31.33; Lc 6,27.32.35; 7,5.42.47; 10,27; 11,43; 16,13; Jn 3,16.19.35; 8,42; 10,17; 11,5; 12,43; 13,1.23.34; 14,15.21.23.24.28.31; 15,9.12.17; 17,23.24.26; 19,26; 21.7.15.16.20. - il sostantivo: Mt 24,12; Lc 11,42; Jn 5,42; 13,35; 15,9.10.13; 17,26.

    Principi metodologici - distinzione tra il Ges della storia e quello dei vangeli. - Gerarchizzazione dei comandamenti? Lagape, principio unificante delletica di Ges (storia e vangeli) e di Paolo? - testi: Mc 12,28-34 e par.17; Mt 5,44/Lc 6,27; Gv 13,34; 15,12.17. 1. Il doppio comandamento dellamore di Dio e del prossimo

    Mt 22,34-40 Mc 12,28-34 Lc 10,25-28 34 Oi` de. Farisai/oi avkou,santej o[ti evfi,mwsen tou.j Saddoukai,ouj sunh,cqhsan evpi. to. auvto,( 35 kai. evphrw,thsen ei-j evx auvtw/n nomiko.j

    28 Kai. proselqw.n ei-j tw/n grammate,wn avkou,saj auvtw/n suzhtou,ntwn( ivdw.n o[ti kalw/j avpekri,qh auvtoi/j

    evphrw,thsen auvto,n\

    25 Kai. ivdou. nomiko,j tij avne,sth

    peira,zwn auvto,n\ evkpeira,zwn auvto.n le,gwn\ 36 dida,skale( poi,a evntolh. mega,lh evn tw/| no,mw|

    poi,a evsti.n evntolh. prw,th pa,ntwn

    dida,skale( ti, poih,saj zwh.n aivw,nion klhronomh,sw

    37 o` de. e;fh auvtw/|\

    29 avpekri,qh o` VIhsou/j 26 o` de. ei=pen pro.j auvto,n\

    o[ti prw,th evsti,n\ a ;koue( VIsrah ,l ( ku ,rioj o ` qeo .j h `mw /n ku ,rioj ei - j e vstin(

    evn tw/| no,mw| ti, ge,graptai pw/j avnaginw,skeij 27 o` de. avpokriqei.j ei=pen\

    a vgaph ,seij ku ,rion to .n qeo ,n sou e vn o [lh | th / | kardi ,a | sou kai . e vn o [lh | th / | yuch / | sou kai. evn o[lh| th/| dianoi,a| sou\

    30 kai . a vgaph ,seij ku ,rion to .n qeo ,n sou e v x o [lhj th /j kardi ,aj sou kai . e v x o [lhj th /j yuch /j sou kai. evx o[lhj th/j dianoi,aj sou kai . e v x o [lhj th /j ivscu,oj sou

    a vgaph ,seij ku ,rion to .n qeo ,n sou e v x o [lhj th /j kardi ,aj sou kai . e vn o [lh | th / | yuch / | sou kai . e vn o [lh | th / | ivscu,i? sou kai. evn o[lh| th/| dianoi,a| sou(

    38 au[th evsti.n h` mega,lh kai. prw,th evntolh, 39 deute,ra de. o`moi,a auvth/|\ a vgaph ,seij to .n plhsi ,on sou w `j seauto ,n

    31 deute,ra au[th\ a vgaph ,seij to .n plhsi ,on sou w `j seauto ,n

    kai . to .n plhsi ,on sou w `j seauto ,n

    40 evn tau,taij tai/j dusi.n evntolai/j o[loj o` no,moj kre,matai kai. oi` profh/tai

    mei,zwn tou,twn a;llh evntolh. ouvk e;stin

    32 kai. ei=pen auvtw/| o` grammateu,j\ kalw/j( dida,skale( evpV avlhqei,aj ei=pej o[ti ei-j evstin kai. ouvk e;stin a;lloj plh.n auvtou/\ 33 kai. to. avgapa/n auvto.n evx o[lhj th/j kardi,aj kai. evx o[lhj th/j sune,sewj kai. evx o[lhj th/j ivscu,oj kai. to. avgapa/n to.n plhsi,on w`j e`auto.n perisso,tero,n evstin pa,ntwn tw/n o`lokautwma,twn kai.

    17 Sinossi Aland #282.

  • Etica di Ges e di Paolo Comandamento dellamore

    14

    qusiw/n 34 kai. o` VIhsou/j ivdw.n auvto.n o[ti

    nounecw/j avpekri,qh ei=pen auvtw/|\ ouv makra.n ei= avpo. th/j basilei,aj tou/ qeou/

    28 ei=pen de. auvtw/|\ ovrqw/j avpekri,qhj\ tou/to poi,ei kai. zh,sh|

    kai. ouvdei.j ouvke,ti evto,lma auvto.n evperwth/sai

    Genere letterario

    Secondo gli esegeti, a differenza di quella Mt/Lc, dove si tratta di una prova, la pericope Mc sarebbe un Schulgesprch (un dialogo didattico) e non una controversia come le precedenti, cio una conversazione irenica tra specialisti della Legge. La composizione mette in rilievo la progressione della conversazione: (i) domanda Scriba/risposta Ges (v.28e-31), (ii) la valutazione scriba/Ges (v.32-34b). Una tale progressione unica nei Sinottici. Il problema sinottico Oltre al contesto di prova (peira,zwn/evkpeira,zwn), due sono gli accordi Mt/Lc contro Mc: (i) nomiko,j (ma lattestazione Mt non sicura, e sarebbe lunica ricorrenza in Mt), (ii) il sintagma evn no,mw| (Mt 22,36 / Lc 10,26). Gli esegeti sono divisi riguardo alle fonti. Alcuni (come Kiilunen e Meier) pensano che le differenze Mt/Lc possono essere spiegate in termini redazionali, senza che ci sia bisogno di ricorrere ad altre fonte, mentre per altri Mt/Lc avrebbero avuto a disposizione altre fonti (Q e forse altre). Lo studio minuto non consente risultati definitivi e apodittici. Ad ogni modo, per lo studio del comandamento, ricavare una sola fonte o due non cambia nulla: i risultati saranno gli stessi, che il Ges dellepisodio sia il Ges sinottico o il Ges storico. Esegesi del testo di Mc (i) Composizione:

    - breve presentazione dello scriba v.28abc - primo dialogo: domanda e risposta

    domanda dello scriba: quale il primo comandamento? v.28d risposta di Ges v.29-31 il primo e il secondo.

    breve lungo

    - secondo dialogo: due valutazioni valutazione che lo scriba fa di Ges v.32-33 valutazione che Ges fa dello scriba v.34ab

    lungo breve

    - esito v.34c (prepara gli episodi seguenti: finite le domande) - la composizione di Mc e quelle di Mt/Lc

    - Mt: presentazione del nomiko,j, domanda a Ges e riposta di Ges. Niente esito. Non notificando la reazione del nomino,j Mt mette in rilievo la risposta di Ges, che diventa cos normativa (e coinvolge il lettore). - Lc: presentazione del nomino,j, domanda a Ges, risposta sotto forma di domanda, risposta del nomino,j con la citazione e breve valutazione di Ges.

    (ii) la presentazione dello scriba - presentazione negativa o positiva. Le pericope anteriori essendo tutte polemiche e gli scribi facendo parte degli avversari di Ges (Mc 11,27), si potrebbe pensare che lo stesso qui. Come interpretare la reazione del grammateu,j quando sente che Ges ha ben risposto ai Sadducei? - secondo alcuni esegeti, lo scriba un avversario, e se non mostra di esserlo, per ingannare Ges. Questa interpretazione basata sul v.34. - secondo altri, lo scriba non un avversario. Essendo grammateu,j, egli condivide le idee dei farisei18 sulla risurrezione, ed contento di vedere come Ges ha risposto ai sadducei. Inoltre, reagisce bene e valuta positivamente la risposta di Ges alla sua domanda. - per altri ancora, il suo ruolo neutro, non fissato dal Nr, e dunque ambiguo. La sua domanda halakica, tipica dei farisei e scribi. Si potrebbe dunque dire che rappresenta un gruppo con le sue 18 In particolare quelle sulla risurrezione finale dei morti. I due gruppi sono spesso associati nei vangeli. Cf. Mt 5,20; 12,38; 15,1; 23,2.13.15.23.25.27.29; Mc 2,16; 7,1.5; Lc 5,21.30; 6,7; 11,53; 15,2; Jn 8,3; Ac 23,9.

  • Etica di Ges e di Paolo Comandamento dellamore

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    preoccupazioni riguardanti i comandamenti e la loro osservanza (tutti sono importanti o alcuni lo sono pi di altri, ecc.?). La pericope non consente di arrivare ad una risposta sicurissima. Certo, il Nr non dice che lo scriba vuole mettere Ges alla prova, come quelli (farisei ed Erodiani) di 11,13. Ma la sua domanda tocca un punto delicatissimo, ed egli vuole verificare la posizione di Ges in merito. Anche la postilla del v.34 (Ges ha definitivamente superato le prove) pu indicare che la domanda poteva aver per scopo di mettere Ges in difficolt. (iii) la domanda dello scriba:

    poi,a evsti.n evntolh. prw,th pa,ntwn quale [il] primo comandamento di tutti? - linterrogativo poi/oj, letteralmente di quale sorta, pu anche significare quale, e la risposta di Ges, che cita i due comandamenti del Dt e del Lv indica che deve essere interpretato cos. - pa,ntwn. In greco classico, lultimo aggettivo sarebbe stato al femminile, pasw/n, ma nel greco della koin, il neutro pa,ntwn si riscontra anche col sostantivi femminili. - prw,th. Laggettivo significa primo per ordine o per importanza.

    - Ges ha letteralmente ragione di dire che lo [mv19 primo, perch riprende il primo comandamento del decalogo, il quale anteriore agli altri:

    - Ex 20,2-3 = Dt 5,6-7 evgw, eivmi ku,rioj o` qeo,j sou o[stij evxh,gago,n se evk gh/j Aivgu,ptou evx oi;kou doulei,aj ouvk e;sontai, soi qeoi. e[teroi plh.n evmou/ (Es) / pro. prosw,pou mou (Dt) - Dt 6,4 a;koue Israhl ku,rioj o` qeo.j h`mw/n ku,rioj ei-j evstin kai. avgaph,seij ku,rion to.n qeo,n sou evx o[lhj th/j kardi,aj sou

    In Mc come nei passi AT, il comandamento preceduto da una dichiarazione sullunicit del Signore, allacciando cos il comandamento alla fede e facendone una risposta di fede. - Ges si accontenta di citare il comandamento, senza commentarlo, cio senza dire cosa significa per lui amare (bha/avgapa/n) Dio. Ci significa che d al verbo e al comandamento il senso che ha nel Dt (voler e fare il bene.). Citando lo [mv, Ges riprende implicitamente la dinamica del Dt (il protocollo dellalleanza, dove i comandamenti o gli obblighi non fanno senso senza la relazione fondamentale che devono onorare e mettere in prassi. Per il senso di amare nella tradizione biblica in particolare nel Dt, vedere R.G. KRATZ & H. SPIECKERMANN (eds.), Liebe und Gebot: Studien zum Deuteronomium (FRLANT 190; Gttingen, Vandenhoeck & Ruprecht 2000). A.P. 33 190 - Le quattro facolt menzionate (cuore, anima, spirito e forza) sottolineano limpegno dellisraelita credente verso Dio. - il legame tra Dt 6,4-6 e Lv 19,18 fatto mediante una gezerah shawah, la cui validit innegabile. Il suo uso ha per conseguenza di rendere inseparabili lamore di Dio e del prossimo. Ma la loro distinzione e gerarchia non eliminata: prima, lamore di Dio e, poi, quello del prossimo; inoltre amare il prossimo non equivale ad amare Dio e vice versa. Ci che inaudito di allacciare due comandamenti che non appartengono allo stesso corpus: se lamore di Dio non un comandamento qualunque (perch fa parte del fondamento del rapporto tra Dio e suo popolo, cos come lo vede il Dt), Lv 19,18 un comandamento tra altri. Aver allacciato il secondo al primo, rende il secondo importantissimo: non si pu amare Dio senza dover amare il prossimo. - Il prossimo ([;re/o` plhsi,on). Nel Dt e nel Lv, il prossimo un parente o, pi generalmente, un membro del popolo dIsraele. Il fatto stesso che il Lv abbia aggiunto un altro comandamento per l-amore dello straniero che risiede in Israele (il rge)20, indica che in Lv 19,18, il prossimo designa solo un membro del popolo dIsraele e non, potenzialmente, ogni essere umano. - la replica dello scriba non indica soltanto una valutazione positiva di ci che ha detto Ges, ma anche un interpretazione e applicazione in riferimento al luogo santo, il Tempio, nel quale lui e Ges stanno. Lo scriba riprende, con modifiche, la dichiarazione di Ges: (i) ritiene dello [mv lenfasi sul monoteismo, (ii) abbrevia il comandamento dellamore di Dio e allaccia direttamente lamore del prossimo a quello di Dio, (iii) infine, commenta lultima frase di Ges (non ci sono comandamenti pi grandi di questi due), aggiungendo perisso,tero,n evstin pa,ntwn tw/n o`lokautwma,twn kai. qusiw/n. La

    19 Allepoca di Ges, lo [mv era gi consegnato nei tefilim (i filacteri) e nelle mezuzot (scatoline messe sui stipiti della porta). Ma non si sa se era gi recitato quotidianamente nelle preghiere dei singoli, mattino e sera, e nelle liturgie del Tempio. Nel rabbinismo posteriore, la preghiera dello [mv fu finalmente composta di Dt 6,4-9; 11,13-21 e Num 15,37-41 20 Lv 19,34; cf. Dt 10,18-19.

  • Etica di Ges e di Paolo Comandamento dellamore

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    frase dello scriba echeggia le dichiarazioni dei profeti (il culto senza la giustizia, Dio non lo pu gradire, ecc.). - la risposta finale di Ges, che valuta positivamente quella dello scriba, sfocata: perch lo scriba non lontano dalla basileia theou (perch non ancora entrato)? Perch non riconosce in Ges il suo Messia e il suo basileus? Confessare un monoteismo puro e mostrare le sue implicazioni sociali non basta pi; dora innanzi bisogna riconoscere in Ges il Messia e il Figlio di Dio. - la fine (kai. ouvdei.j ouvke,ti evto,lma auvto.n evperwth/sai v.34b) indica (i) che questa pericope mette un punto fermo positivo alle controversie iniziate in Mc 2,1: linsegnamento di Ges ha ricevuto un appoggio definitivo dagli specialisti della Legge, (ii) non sar dunque la causa della condanna di Ges: Ges non morir per aver discreditato la Legge o averla dichiarato obsoleta. 1.2 La pericope (non polemica) nel suo contesto (polemico) in Mc: pb che scorre lungo gli episodi nel Tempio: levxousi,a di Ges. in contrasto con ci che precede, dove i diversi avversari di Ges lo interrogano

    11,27-33: sommi sacerdoti,scribi e anziani (autorit Ges); + 12,1-12 la parabola dei vignaioli (agli stessi avversari); 12,13-17: farisei e Erodiani (tasse a Cesare); 12,18-27: sadducei (risurrezione).

    In seguito a questi episodi polemici, quello sul primo comandamento (12,28-34: uno scriba) il primo a non esserlo. A differenza delle pericopi precedenti, dove gli avversari sono gruppi, in questa, c un solo interlocutore, che di pi non dimostra di essere un avversario. Ma poco dopo, la polemica si riaccende, ma liniziativa viene adesso da Ges (non pu pi venire dagli avversari, a causa del v.34c):

    12,35-37: folle (e indirettamente gli scribi) la domanda sul S 110,1. 12,38-40: gli scribi (il loro voler essere venerati).

    Storicit dellepisodio? Meier presenta argomenti forti per la storicit del Schulgesprch21. (a) il fatto che Mc, poco preoccupato dello statuto e dellinterpretazione della Legge (a differenza di Mt), ha nondimeno menzionato un tale dialogo. (b) Largomento principale quello della discontinuit. Quattro infatti sono le caratteristiche della dichiarazione di Ges in Mc 12,28-34:

    (i) Ges si accontenta di citare i due testi della Torah, Dt 6,4-5 e Lv 19,18, (ii) li accomuna mediante una gezerah shawah, (iii) stabilisce una gerarchia tra i due, (iv) ed afferma la superiorit dei due su tutti gli altri comandamenti.

    Siccome la prima caratteristica condizione delle altre, basti mostrare che essa non si riscontra nella letteratura giudaica prima (deuterocanonici, pseudepigrafi22, Giubilei, Qumran, Filone23), durante o dopo (Flavio Giuseppe) il periodo del ministero di Ges, e che il doppio comandamento non ricorre altrove nel NT. Se Lv 19,18 citato in Mt 5,44b/Lc 6,27b; Mt 19,16-22/Mc 10,17-22; Rm 13,9; Ga 5,14 e Gc 2,824, lo solo (non con Dt 6,4-5). Il primo testo cristiano che allaccia i due comandamenti Didach 1,2 (ma, come in Lc 10,27, avgapa,w usato una sola volta: avgaph,seij to.n qeo.n to.n poih,santa, se deu,teron to.n plhsi,on sou w`j seauto,n). In altri termini, Mc 12,28-34 il primo passo ad operare la gezerah shawah Dt/Lv. Un altro criterio, quello di coerenza pu anche confermare la storicit dellepisodio. Allacciando i due comandamenti Dt e Lv (amore di Dio e del prossimo), il Ges dei vangeli

    21 J.P. MEIER, A Marginal Jew IV, 299-325 fr. 22 Ma vedere il Testamento Issacar che enuncia chiaramente il doppio comendamento in 7,8 : to.n ku,rion evn pa,sh| th/| ivscu,i mou\ o`moi,wj kai. pa,nta a;nqrwpon hvga,phsa w`j te,kna. La difficolt di determinare la data (a. o d.C.) e lorigine (giudaica o cristiana) dei 12 Testamenti. 23 Nei libri De Sacrificiis. 27; de Iosepho. 240; de vita Mosis 1:198; Spec 2,63.183; 4.,97; de virtutibus 51,95, Filone associa due virt, leuvse,beia e la filanqrwpi,a (ou la dikaiosu,nh) che corrispondono pi o meno ai due comandamenti dellamore per Dio e per il prossimo. Ma in Filone non c amore per i peccatori. 24 Ma una possible allusione al doppio comandamento si riscontra, se si accomunano Gc 2,5 (toi/j avgapw/sin auvto,n) e 8 (avgaph,seij to.n plhsi,on sou w`j seauto,n).

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    coerente con se stesso, perch durante tutto il suo ministero ha dimostrato di voler la conversione dei peccatori e lessere vicino ai poveri, quelli spesso dimenticati dalle elite della nazione. Alcuni esegeti vedono nel commento di Lv 19,18b in Sifra un principio (un kll) enunciato da Rabbi Aqiba: lamore del prossimo essendo una grande regola generale [kll] della Torah. Ma non si tratta del principio per eccellenza raggruppando tutti i comandamenti. 2. Lamore dei nemici D. LHRMANN, Liebet eure Feinde (Lk 6,27-36/Mt 5,39-48), ZThK 69 (1972) 412-438. Luise SCHOTTROFF, Non-Violence and the Love of Ones Enemies, in Essays on the Love Commandment (Fortress; Philadelphia 1978), 9-39. G. BARBIERO, Lasino del nemico. Rinuncia alla vendetta e amore del nemico nella legislazione dellAntico Testamento (Es 23,4-5; Dt 22,-14; Lv 19,17-18) (AnBib 178; Roma 1991). I testi25:

    Mt 5,43-48 Lc 6,27-35 hvkou,sate o[ti evrre,qh\ avgaph,seij to.n plhsi,on sou kai. mish,seij to.n evcqro,n sou 44 evgw. de. le,gw u`mi/n\ avgapa/te tou.j evcqrou.j u`mw/n kai. proseu,cesqe u`pe.r tw/n diwko,ntwn u`ma/j( 45 o[pwj ge,nhsqe ui`oi. tou/ patro.j u`mw/n tou/ evn ouvranoi/j( o[ti to.n h[lion auvtou/ avnate,llei evpi. ponhrou.j kai. avgaqou.j kai. bre,cei evpi. dikai,ouj kai. avdi,kouj 46 eva.n ga.r avgaph,shte tou.j avgapw/ntaj u`ma/j( ti,na misqo.n e;cete ouvci. kai. oi` telw/nai to. auvto. poiou/sin 47 kai. eva.n avspa,shsqe tou.j avdelfou.j u`mw/n mo,non( ti, perisso.n poiei/te ouvci. kai. oi` evqnikoi. to. auvto. poiou/sin 48 e;sesqe ou=n u`mei/j te,leioi w`j o` path.r u`mw/n o` ouvra,nioj te,leio,j evstin

    avlla. u`mi/n le,gw toi/j avkou,ousin\ avgapa/te tou.j evcqrou.j u`mw/n( kalw/j poiei/te toi/j misou/sin u`ma/j( 28 euvlogei/te tou.j katarwme,nouj u`ma/j( proseu,cesqe peri. tw/n evphreazo,ntwn u`ma/j 29 tw/| tu,ptonti, se evpi. th.n siago,na pa,rece kai. th.n a;llhn( kai. avpo. tou/ ai;ronto,j sou to. i`ma,tion kai. to.n citw/na mh. kwlu,sh|j 30 panti. aivtou/nti, se di,dou( kai. avpo. tou/ ai;rontoj ta. sa. mh. avpai,tei 31 Kai. kaqw.j qe,lete i[na poiw/sin u`mi/n oi` a;nqrwpoi poiei/te auvtoi/j o`moi,wj (= regola doro) 32 kai. eiv avgapa/te tou.j avgapw/ntaj u`ma/j( poi,a u`mi/n ca,rij evsti,n kai. ga.r oi` a`martwloi. tou.j avgapw/ntaj auvtou.j avgapw/sin 33 kai. ga.r eva.n avgaqopoih/te tou.j avgaqopoiou/ntaj u`ma/j( poi,a u`mi/n ca,rij evsti,n kai. oi` a`martwloi. to. auvto. poiou/sin 34 kai. eva.n dani,shte parV w-n evlpi,zete labei/n( poi,a u`mi/n ca,rij evsti,n kai. a`martwloi. a`martwloi/j dani,zousin i[na avpola,bwsin ta. i;sa 35 plh.n avgapa/te tou.j evcqrou.j u`mw/n kai. avgaqopoiei/te kai. dani,zete mhde.n avpelpi,zontej\ kai. e;stai o` misqo.j u`mw/n polu,j( kai. e;sesqe ui`oi. u`yi,stou( o[ti auvto.j crhsto,j evstin evpi. tou.j avcari,stouj kai. ponhrou,j

    Il comandamento amate i vostri nemici collocato (in Mt e Lc) in una serie di esortazioni eterogenee che vengono dalla fonte Q, ma non facile separare la o le fonti dalla redazione Mt/Lc. Il comandamento sullamore dei nemici esattamente lo stesso in Mt e Lc, ed illustrato dai detti che lo seguono (i) come esemplificazioni (in Lc), e poi (ii) come giustificazioni (in Mt/Lc). - caratteristiche del comandamento:

    (a) si trova solo in Q (non ha un attestazione molteplice). Per la sua storicit, lunico criterio dunque la discontinuit (come fu per il doppio comandamento). La difficolt viene dal fatto che (i) la sequenza di logia attorno (Lc 6,27c-36 par.) ha paralleli antichi e non sta in discontinuit con il giudaismo dallora e con le prime tradizioni cristiane, (ii) molti logia non hanno un legame essenziale con il comandamento dellamore

    25 Il comandamento letteralmente ribadito, sotto forma di ripresa, in Lc 6,35.

  • Etica di Ges e di Paolo Comandamento dellamore

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    dei nemici (il rifiuto della violenza, della vendetta, il fare del bene ai nemici, non sono realt identiche allamore dei nemici, perch le motivazioni possono essere del tutto opposte allamore). (b) i versetti che illustrano direttamente il comandamento sono Lc 6,27c-28: kalw/j poiei/te toi/j misou/sin u`ma/j( | euvlogei/te tou.j katarwme,nouj u`ma/j( proseu,cesqe peri. tw/n evphreazo,ntwn u`ma/j. Ma non si sa se inizialmente fossero allacciati allamore dei nemici: possono esser stati collocati in questo posto da Luca, come illustrazione. Ad ogni modo, cos come si presentano fungono da esempi di amore dei nemici. (c) molto breve. Non si sa chi sono i nemici (stranieri, autorit politiche, ricchi, ecc.). (d) preceduto da una enfasi enunciativa (le,gw) tipica dei logia che Ges vuole enfatizzare. (e) non chiede di aver sentimenti affettuosi o calorosi, ma di voler e di fare del bene ai nemici. Come lo dice bene Meier, ci che Ges chiede non di aver emozioni, affezioni o sentimenti, ma ci che comanda ai suoi discepoli piuttosto di voler bene e fare del bene ai loro nemici; poco importa ci che i discepoli provano e poco importa se i nemici rimangono nemici nonostante la bont manifestatasi per loro26. Lamore richiesto da Ges non mira a farlo diventare amico o a riconciliarsi con lui: la finalit del comando non utilitaria! (f) non equivale al perdono27. (g) nellAT, nella letteratura intertestamentaria, nei filosofi, nel NT, non si riscontra limperativo amate i vostri nemici. Cf. i testi segnalati infra.

    Eventuali paralleli - la tradizione sapienziale antica conosceva il consiglio di non rendere il male per il male, lasciando la retribuzione a Dio (o ai dei). Cf. la sapienza di Amenemope (Egitto); il consiglio di sapienza (Babele)28. Idea che si riscontra in molti testi sapienziali (non biblici e biblici): non vendicarsi per non anticipare la retribuzione divina. - Pr 20, 22; 24,18-19.29; Pr 25,21-22 (ripreso da Paolo); Si 27,2228,11. Se nel Pentateuco, le rappresaglie e ritorsioni sono richieste29, nel codice di giustizia30, analizzato da G. Barbiero, si riscontrano ordini soprendenti, perch vanno contro i precetti che chiedono la vendetta: Es 23,4-531:

    eva.n de. sunanth,sh|j tw/| boi. tou/ evcqrou/ sou h' tw/| u`pozugi,w| auvtou/ planwme,noij avpostre,yaj avpodw,seij auvtw/| 5 eva.n de. i;dh|j to. u`pozu,gion tou/ evcqrou/ sou peptwko.j u`po. to.n go,mon auvtou/ ouv pareleu,sh| auvto, avlla. sunegerei/j auvto. metV auvtou/ `Al) WNb,yviT. bveh' h[,_To Armox] Aa ^b.yIao) rAv [G:p.ti yKi `AM)[i bzO[]T; bzO[' Al+ bzO[]me T'l.d:x'w> AaF'm; tx;T; #bero ^a]n:f{ rAmx] ha,r>ti-yK i(5

    I due comandamenti chiedono di fare del bene al nemico, il che equivale ad amarlo. Ci sono nondimeno differenze tra questi e il precetto di Ges: i primi sono in forma casistica (in se, allora), mentre quello di Ges apodittico e non offre n limitazioni n eccezioni. - il comandamento assente negli scritti giudaici intertestamentari (pseudepigrafi32, Qumran), ma li si riscontra il precetto di non vendicarsi (cf. Giuseppe e Asenet 23,9; 28,4.14; 29,3), principio che ritroviamo nel NT (1Ts 5,15; Rm 12,9-21, in particolare il v.17; 1P 3,9). - i filosofi richiedono la magnanimit nei confronti dei nemici, perch la ragione deve controllare i sentimenti e dominare le passioni, e il sapiente essere nobile; inoltre le offese aiutano il sapiente a domare gli istinti. Cf. Filone, De virtutibus 116-118; Seneca, Do otio, 1,4; De beneficiis, 4,26; 7,3.31; De ira, 2,32-34; De constantia sapientis, 4. Vedere anche Epiteto, diatribai 1,25; 3,20; 3,22. 3. La regola doro

    26 J.P. MEIER, A Marginal Jew, IV p.333 (6) fr. 27 A quanto pare, il perdono assente da Q. 28 ANET, p.426: Non far male al tuo opponente; tocca a dio punire chi ti ha fatto male; per il tuo nemico lascia la giustizia (compiersi); non lascia il tuo cuore essere spinto a fare il male. 29 Es 21,23-25; Lv 24,19-20 e Dt 19,21. 30 Es 23,1-9. 31 Se incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino disperso, glielo riporterai. Se vedrai lasino di chi ti odia giacere sotto il suo peso, astieniti dall'abbandonarlo; lo slegherai con lui. 32 Ma vedere 4Mac 2,14: mh. nomi,shte para,doxon ei=nai o[pou kai. e;cqraj evpikratei/n o` logismo.j du,natai dia. to.n no,mon mh,te dendrotomw/n ta. h[mera tw/n polemi,wn futa, ta. de. tw/n evcqrw/n toi/j avpole,sasi diasw,|zwn kai. ta. peptwko,ta sunegei,rwn.

  • Etica di Ges e di Paolo Comandamento dellamore

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    Mt 7,12 Lc 6,31 pa,nta ou=n o[sa eva.n qe,lhte i[na poiw/sin u`mi/n oi` a;nqrwpoi( ou[twj kai. u`mei/j poiei/te auvtoi/j\ ou-toj ga,r evstin o` no,moj kai. oi` profh/tai

    Kai. kaqw.j qe,lete i[na poiw/sin u`mi/n oi` a;nqrwpoi poiei/te auvtoi/j o`moi,wj

    - caratteristiche della cosiddetta regola doro in Mt/Lc:

    - il detto positivo, conciso, senza riferimento a Dio ne allamore, - il cui compito di indicare un comportamento morale tra gli uomini, - basato sulla reciprocit, - e avendo come fonte e motore il proprio desiderio (la coscienza), - desiderio di essere ben trattato dallaltro e, dunque, di fare lo stesso ad altrui, - desiderio che invita e spinge ad agire per primo.

    Il principio vale per atei e religiosi, non credenti e credenti di ogni religione, e si accomuna allinvito a non vendicarsi o a non rendere il male per il male: la regola doro si allontana da una esigenza di vendetta per far avvenire una relazione di reciprocit positiva, perch suppone che altrui abbia un comportamento simile al mio. - Mt presenta la regola doro come sommario e/o culmine della Legge e dei profeti (delle Scritture). Ma non si vede come un detto ben conosciuto della morale greco-romana possa essere il culmine delle scritture, cio di ci che la Parola di Dio insegna e rivela. Certo, in Mt 22,40, Ges dice del doppio comandamento dellamore che gli vengono appesi la Legge e i profeti. Le somiglianze con Mt 7,12c potrebbero far concludere che la regola doro equivale al doppio comandamento dellamore. Ma non vero - Paralleli nel mondo antico Il detto pu avere una formulazione negativa (non fare agli altri ci che non vorrei che ti faccessero). Erodono, Historiae, 3,142 (in forma negativa) il sovrano Meandrius di Samos ai suoi sudditi. Diffusione della regola dora da Isocrate (Nicocls 49 pos. e 61 neg.), A Demoniche 14. A partire dal IV sec., la regola citata da molti scrittori greci. Sentenze di Sextus 89 (in forma positiva) e 90 (in forma negativa)33. Lettera di Aristea, 207; Tobit 4,15 (in forma negativa); Si 31,1232,13 (specialmente 31,15) Seneca, de beneficiis 2.1 (si demus quomodo vellemus accipere); epistolae Lucilio 47,11 (Haec tamen praecepti mei summa est: sic cum inferiore vivas quemadmodum tecum superiores velis vivere). Pi tardi, nel giudaismo, bSabb 31a (Hillel citando la regola doro). - storicit della regola doro? Meier ed altri optano per la negativa34. Ges infatti nei logia seguenti di Lc 6, si pronuncia contro una morale della reciprocit (dei vantaggi reciproci), una morale del do ut des. Se si applica il criterio di coerenza, Meier dice non soltanto che il logion non quadra con quelli attorno, che esprimono una morale basata su esigenze radicali, ma anche con il doppio comandamento dellamore e con quello dellamore dei nemici. Inoltre, il criterio di discontinuit non vale qui, giacch il logion sulla regola doro era gi molto diffuso al tempo di Cristo. In breve, si pu dubitare che il logion sia stato pronunciato dal Ges della storia.

    33 Cf. J.P. MEIER, A Marginal Jew, IV fr. 645 note 248 trad. Des sentences 89 et 90. 34 Cf. J.P. MEIER, A Marginal Jew, IV 362 (ch.36 fin du 4).