Alexandre HMINE La chiave nel latteAlexandre HMINE La chiave nel latte Romanzo, 208 Seiten / pages /...

12
ch Stiftung für eidgenössische Zusammenarbeit Tel +41 31 320 16 16 Haus der Kantone [email protected] Speichergasse 6, Postfach www.chstiftung.ch CH-3001 Bern Alexandre HMINE La chiave nel latte Gabriele Capelli Editore Mendrisio, 2018

Transcript of Alexandre HMINE La chiave nel latteAlexandre HMINE La chiave nel latte Romanzo, 208 Seiten / pages /...

Page 1: Alexandre HMINE La chiave nel latteAlexandre HMINE La chiave nel latte Romanzo, 208 Seiten / pages / pagine Gabriele Capelli Editore, Mendrisio, 2018 € 18.00 ISBN 978-2-940518-19-0

ch Stiftung für eidgenössische Zusammenarbeit Tel +41 31 320 16 16 Haus der Kantone [email protected] Speichergasse 6, Postfach www.chstiftung.ch CH-3001 Bern

Alexandre HMINE

La chiave nel latte

Gabriele Capelli Editore Mendrisio, 2018

Page 2: Alexandre HMINE La chiave nel latteAlexandre HMINE La chiave nel latte Romanzo, 208 Seiten / pages / pagine Gabriele Capelli Editore, Mendrisio, 2018 € 18.00 ISBN 978-2-940518-19-0

Alexandre HMINE La chiave nel latte

Romanzo, 208 Seiten / pages / pagine Gabriele Capelli Editore, Mendrisio, 2018 € 18.00 ISBN 978-2-940518-19-0 www.gabrielecapellieditore.com

Inhaltsübersicht / Bref résumé / Breve riassunto Siamo alla metà degli anni Settanta: una diciassettenne marocchina prende l’aereo per partorire lontano da casa il figlio che porta in grembo, evitando in questo modo uno scandalo alla famiglia. Il piccolo nasce a Lugano e viene affidato a un’anziana signora dell’Alto Malcantone, dal nome quasi emblematico di Elvezia, che lo crescerà fino all’adolescenza, quando il ragazzo, in seguito alla malattia della donna, torna a vivere con la madre, che nel frattempo ha un nuovo compagno. Per il protagonista si tratta di un cambiamento importante, che lo riavvicina alle origini ma che al tempo stesso pone in discussione la sua identità. La narrazione prosegue fino alle soglie del presente, includendo gli anni della formazione universitaria e le prime esperienze lavorative.

Begründung des Vorschlags / Motivation de la proposition / Motivazione della proposta Romanzo autobiografico, La chiave nel latte, ripercorre per brevi frammenti la vita del protagonista, dall’infanzia alla prima vita adulta, affrontando temi universali quali la formazione di sé, i rapporti con la propria famiglia e la ricerca di un’identità a cavallo tra due culture. La narrazione è articolata per episodi che svelano l’esistenza di un insieme grazie al loro montaggio. Particolarmente degno di nota è l’impasto linguistico, che ingloba e modella nell’italiano il dialetto ticinese, lingua dell’Elvezia e gergo dell’infanzia, l’arabo, al quale l’autore si riavvicina senza entusiasmo quando torna a vivere con la madre, e il francese. Storia moderna di incrocio tra culture, il romanzo è anche un fedele ritratto della vita in Ticino tra gli anni Settanta e gli anni Novanta. Biografie / Biographie / Biografia Alexandre Hmine è nato a Lugano nel 1976. Dopo aver conseguito la maturità presso il Liceo 2 di Lugano, si è laureato in Lettere all’Università di Pavia. È stato redattore per la RSI, ha collaborato col settimanale “Azione” e dal 2004 insegna italiano nelle scuole superiori del Cantone, dal 2011 al Liceo 1 di Lugano. La chiave nel latte, il suo romanzo d’esordio, ha vinto il Premio Studer/Ganz 2017 per la migliore opera prima.

Page 3: Alexandre HMINE La chiave nel latteAlexandre HMINE La chiave nel latte Romanzo, 208 Seiten / pages / pagine Gabriele Capelli Editore, Mendrisio, 2018 € 18.00 ISBN 978-2-940518-19-0

Alexandre HmineLa chiave nel latte

ISBN 978-88-97308-64-5

© 2018 Gabriele Capelli Editore

EditingAnna Ruchat

Grafica e impaginazioneGCE

Immagine di copertina© Solovyov Andriy

Prima edizione GCE aprile 2018Prima ristampa dicembre 2018Seconda ristampa settembre 2019

Pubblicazione sostenuta dalla Fondazione Studer/Ganzin occasione dell’omonimo premio rivolto a giovani autricie autori esordienti della Svizzera italiana.

Con il sostegno diPro Helvetia, Fondazione svizzera per la cultura

La casa editrice Gabriele Capelli Editore beneficia di un sostegno strutturale dell’Ufficio federale della cultura per gli anni 2016-2020

gceGabriele Capelli Editore saglMendrisio, Svizzerawww.gabrielecapellieditore.com

Page 4: Alexandre HMINE La chiave nel latteAlexandre HMINE La chiave nel latte Romanzo, 208 Seiten / pages / pagine Gabriele Capelli Editore, Mendrisio, 2018 € 18.00 ISBN 978-2-940518-19-0

9

Casablanca, Aeroporto Mohammed V, 1395 Hijri. Una marocchina prende posto su un volo intercontinentale. Ha diciassette anni ed è incinta. Fugge, per evitare il disonore.Ad accoglierla in Svizzera ci sarà una sorella, lì accasata già da qualche anno.

Vezio, Canton Ticino, 1976. Sette mesi dopo aver partorito, la ragazza- madre affida suo figlio alle cure di un’anziana vedova.

Vedo l’Elvezia. I capelli sono grigi, laccati all’indietro, gli occhi stretti e scintillanti, le vene del collo in rilievo. Indossa una gonna scura al gi-nocchio, le calze di lana e gli zoccoli. È seduta a capotavola, scomposta.Vedo anche la zia e suo marito. Lì, in piedi davanti alla credenza del tinello. Lei è vestita di nero. Sulla sua pelle mulatta luccica l’oro. Lui porta una camicia chiara. È quasi calvo.Guardano tutti verso il basso. Sorridono amabilmente. Guardano me.Io sono sul tappeto, non so se seduto o sdraiato.Forse è solo una fotografia, forse l’ha scattata mia madre.

Vedo le sbarre del lettino, il muro scrostato, la camera illuminata da una luce opaca. L’aria è viziata. Gli zoccoli dell’Elvezia fanno scricchiolare il pavimento. Veste una camicia da notte bianca a fiorami. Si avvicina, af-ferra il piumino appallottolato ai miei piedi e mi copre fino alle spalle.Non dico niente. Mi rannicchio sul fianco, infilo le braccia tra le ginoc-chia e aspetto.Lei mi accarezza la nuca. Le piace, le piace sentire sul palmo i miei ric-cioli. Invece a me piace far scorrere le dita sul dorso delle sue mani, se-guire il tracciato delle vene, di tanto in tanto schiacciare, con delicatezza.

Le forme e i colori sbiadiscono. Sento l’Elvezia:«Sia fatta la tua volontà. Come in cielo così in terra...»Le parole arrivano ovattate, forse perché ho nascosto la testa sotto il piu-mino, oppure perché mi sto addormentando. Ho imparato sia il Padre nostro sia l’Ave Maria. Ripeto mentalmente:«Come noi li rimettiamo ai nostri debitori...»

11

Page 5: Alexandre HMINE La chiave nel latteAlexandre HMINE La chiave nel latte Romanzo, 208 Seiten / pages / pagine Gabriele Capelli Editore, Mendrisio, 2018 € 18.00 ISBN 978-2-940518-19-0

Le ascolto ogni giorno. Capita che l’Elvezia mi chieda di recitarle con lei, spesso prima dei pasti domenicali, oppure che le intoni lei, da sola, a fior di labbra e capo chino.«Non ci indurre in tentazione...»

Sento il pavimento che scricchiola. Le molle del lettone che cigolano.L’Elvezia tira la cordicella. Tutto nero.Amen.

Gioco nel cortile. Vedo l’asfalto rattoppato. Il mio triciclo abbandonato in un angolo. L’azzurro vivo delle imposte, socchiuse, perché il sole entri nel tinello senza accecare. La cassetta delle lettere, in metallo, appesa al muro. La porta d’ingresso – le venature del legno chiaro –, il vetro sme-rigliato. La finestra ribaltabile del bagno. La facciata grigia, imponente, di un’altra casa che delimita un lato del nostro cortile. Il muretto e le inferriate appuntite. Il ripostiglio dove è accatastata la legna. La scala che scende verso l’orto.Forse rincorro il gatto.Al di là della rete metallica, il palazzo di altri vicini – non so contare i piani –, l’albero che cresce al centro del loro giardino e l’erba alta, tra-scurata. Al di qua, un piccolo lembo di terra che l’Elvezia coltiva e la prima pietra di una seconda scala.Forse inciampo.Capitombolo.

Piango in fondo alla scala. Le mani graffiate, il sangue che cola, le tem-pie che pulsano doloranti. Chiamo l’Elvezia e urlo.

Sono seduto sulle sue ginocchia. Non devo tirare su il narìcc, guai. Dice bofagh sü e mi massaggia il bernoccolo con l’Euceta.

Sposto il rotolo antispifferi, apro la portafinestra e affondo gli stivali

12 13

nella neve fresca.Respiro l’aria tersa d’altura e ammiro il panorama: le montagne che si confondono nel cielo lattiginoso e nelle distese di prati.Mi avvicino al davanzale. Accarezzo il manto soffice. Ne abbatto una parte con l’avambraccio. Anche la strada che scende fino alla piazza è coperta di bianco – una lunga passerella ancora intatta. Il figlio del contadino lavora per segnare una via nel cortile.

Bella la neve che resta in equilibrio sui fili elettrici.

Raggiungo l’angolo più vicino. Non vedo la strada principale – ur stra-dón. Colpa dello spazzaneve che liberando la carreggiata ha formato una barriera. Distinguo appena la rete metallica. Più in alto si scorgo-no alcuni squarci di roccia, la staccionata del parco giochi e l’albero.Attraverso il balcone di corsa. Osservo il giardino dei vicini completa-mente imbiancato: la coltre attenua le ondulazioni del terreno, nasconde la vegetazione e gli oggetti.Leggo l’ora sul campanile. Il bar apre più tardi.

Prendo la mira. Voglio colpire l’Elvezia con una palla di neve fresca. Non la centro ma la spavento. Infatti si volta, ansante, si massaggia la schiena. Mi sgrida, dice che devo coprirmi bene, l’è un frecc dala madona. Poi riprende a spalare.

Vedo i tovaglioli di stoffa piegati accuratamente, il barattolo arancione dell’Ovomaltina, la zuccheriera in ceramica e due piatti sui quali l’El-vezia ha preparato gli Zwieback. Sono spalmati di burro e marmellata – ciliegie, more, prugne o fragole. Devo aspettarla senza far dondolare la sedia, con le mani sul tavolo e la schiena diritta. Affranco il tovagliolo al bavero del pigiama.Sento gli zoccoli strascicati sulle piastrelle. Arriva impugnando le chic-chere fumanti. Appoggia la mia accanto al piatto, poi versa l’Ovomalti-

Page 6: Alexandre HMINE La chiave nel latteAlexandre HMINE La chiave nel latte Romanzo, 208 Seiten / pages / pagine Gabriele Capelli Editore, Mendrisio, 2018 € 18.00 ISBN 978-2-940518-19-0

na invitandomi a soffiare, che scotta. D’altronde non devo mica pren-dere il treno.Ubbidisco, soffio.Nell’attesa mi racconta del marito defunto – l’ha costruita lui la casa che adesso abitiamo noi –, storielle di quando era bambina – delle faticose scarpinate per raggiungere la scuola, dei suoi maestri e delle classi numerosissime.«Che cucù» si rimprovera quando la memoria la tradisce.Mi piace ascoltarla.

Comincio a zufolare. L’Elvezia aggrotta la fronte, si scurisce in volto e ammonisce:«Mócala! A tavola non si canta e non si cifóla!»Mi scappa una risata. Allora lei minaccia di suonarmele:«L’è scià!» dice fissandomi. «Va’ che la ’riva!»

L’asilo si intravede appena, eppure quando passo guardo sempre. Già da lontano metto a fuoco la siepe che lo protegge e la fermata della posta, o meglio, dell’auto-postale. Avvicinandomi, osservo il cancello, l’ingresso e un pezzo di scivolo – o di altalena? Segna un confine, il punto in cui cambia la pendenza della strada – l’automobile prende velocità – le case si diradano, lasciano spazio agli alberi.Mi volto e vedo la facciata scoperta le finestrelle i giochi i pendii verdi.

Percorro il breve corridoio, fino al mio posto. Appendo il sacco al gan-cio e mi siedo sulla panchina.

Tasto il contorno della casetta cucita sul mio grembiule.

A destra c’è la sala più illuminata, dove sono allineati i cavalletti. Qui disegno strisce di cielo azzurro, semisfere di sole, raggi che scendono nel bianco, altre case, camini che fumano.

14 15

A sinistra, un salone polivalente, quadrato.

Dalla brandina vicina si diffonde un odore di urina.

Oggi arriva San Nicolao dai grossi scarponi. Arriva col trattore.Noi cantiamo:«E se le mamme dicon di sì, tu porti un sacco grosso così.»Aspettiamo il nostro turno, seduti sulle panche. Ci chiama per nome. Distribuisce sacchetti colmi di spagnolette, mandarini, marzapane e cioc-colatini.I bimbi son buoni. La mela non c’è.Smanio dalla curiosità di scoprire chi si nasconde sotto la barba bianca, lavoro di immaginazione.Qualcuno dice di saperlo.«Chi è?»«Segreto», e fa il gesto di chiudere la cerniera fra le labbra.

Sono inginocchiato sul tappeto del tinello e allineo letterine colorate, quelle con la calamita, nella speranza di riuscire a comporre una paro-la. Un regalo, non so di chi. Seduta sulla poltrona accanto alla stufa, l’Elvezia legge la Libera Stampa. Prima di voltare le pagine s’inumidisce la punta del dito. Ogni tanto scosta il giornale e piega il collo per guar-darmi da sopra le lenti. Dalle due finestre entra la luce pomeridiana.Rovisto nel mucchio, sollevo un pezzo, lo studio per decidere se tenerlo e in quale posizione appoggiarlo, richiamo l’attenzione dell’Elvezia e le chiedo che cosa ho scritto. Mi ha consigliato di formare parole corte – quattro, al massimo cinque lettere – e di usare le vocali, ma io spesso compongo sequenze lunghissime zeppe di consonanti. Non le do retta perché mi piace la sua reazione quando il risultato è impronunciabile.ASDFGHJKLRide di gusto, scuote la testa e dice:«No, nan, mia inscì.»

Page 7: Alexandre HMINE La chiave nel latteAlexandre HMINE La chiave nel latte Romanzo, 208 Seiten / pages / pagine Gabriele Capelli Editore, Mendrisio, 2018 € 18.00 ISBN 978-2-940518-19-0

16

E allora io rimescolo le lettere e ricomincio: consonante, vocale, con-sonante, vocale.MAMAL’Elvezia osserva. Legge e corregge.

La stufa a legna scoppietta. Vedo la ghisa e il rettangolo arancione. Il tubo metallico che sale, si incurva ed entra nella parete. Sono sdraiato su una coperta, con le gambe allungate sui braccioli della poltrona. Sull’al-tra poltrona riposa il gatto. Fuori è buio.Accanto alla macchina per cucire a pedale c’è una radiolina. Nera, più profonda che alta. Segna anche l’ora: su quattro cilindri rotanti dove sono impressi i numeri in bianco.Solitamente l’Elvezia accende l’apparecchio quando vuole ascoltare il notiziario, oppure la domenica pomeriggio. Per La costa dei barbari.Non è domenica. Deve essere sabato. Seguo la radiocronaca delle par-tite del campionato svizzero di hockey su ghiaccio. Tifo per l’HCL.Sonnecchio. Il commentatore alza la voce. Mi risveglio.L’Elvezia mi dice di filare a letto.

Il mio numero preferito è il nove. Controlliamo subito, spesso prima ancora di aver preso posto a sedere. Ci precipitiamo dentro, solleviamo il bicchiere per leggere e gridiamo:«Sette!»«Uno!»Vedo le piastrelle rosse, i tavoli incolonnati e i due accessi. Là in fondo, la cucina – sento il profumo del pranzo. Alle mie spalle, altre file di tavoli occupate da bambini affamati e chiassosi, e le finestrelle, lassù, che illuminano il lato lungo della sala.«Nove!»«Che fortunato!»Mangiare alla mensa scolastica mi piace. La pastasciutta condita con panna e prosciutto. I bastoncini di merluzzo che intingo nella maionese.

17

Il budino al cioccolato.«Facciamo scambio?»Bevo il Grapefruit.Mi scoccio solo quando mi tocca sparecchiare.

Dovrebbe arrivare a momenti. Lo aspetto in cortile. Una serata di tarda primavera. Il sole non è ancora tramontato. Calcio il pallone contro il muro. Destro e sinistro. Col mancino sono più preciso.

Riconosco l’automobile. Eccolo finalmente. Abita di fronte a noi. Ral-lenta e parcheggia sullo stradone, accanto al nostro ripostiglio. Non sto nella pelle. Faccio rotolare il pallone verso l’angolo del cortile e corro a spalancargli il cancello.Lo vedo. Blocca l’apparecchio con le braccia contro l’addome. Impugna un sacco che contiene una scatola.«Uela lì» mi dice non appena si accorge di me.Ricambio il saluto e gli apro anche la porta d’ingresso.«L’è permèss?» chiede attraversando il corridoio.Ha sentito. L’Elvezia esce dal cucinino per accoglierlo. Andiamo tutti nella mia cameretta. Ci pensa lui a mettere in funzione il televisore. Do-po averlo posato sul comò, collega il cavo dell’alimentazione, poi sistema l’antenna, infine accende l’apparecchio e comincia a regolare la ricezione dei canali.«Ta ciapat mia la scossa di volt?», l’Elvezia.

Restano il grigio che sale nell’azzurro – un fumo senza fuoco – e l’ec-citazione. Sbiadiscono persino le bandierine rossocrociate la scalinata la chiesetta le rocce gli alberi l’erbetta verde.Festeggiamo il compleanno della patria.Dove sono? seduto sul bilzo balzo? sulla giostra? nella vasca della sabbia? sull’altalena? sulle gradinate del mini teatro? sul prato? oppure corro ir-requieto qua e là.

Page 8: Alexandre HMINE La chiave nel latteAlexandre HMINE La chiave nel latte Romanzo, 208 Seiten / pages / pagine Gabriele Capelli Editore, Mendrisio, 2018 € 18.00 ISBN 978-2-940518-19-0

© CARTESENSIBILI, 28.02.2020

MONUMENTO ALL’ELVEZIA “La chiave nel latte” di Alexandre Hmine Note di lettura di Lucia Guidorizzi

A volte il caso offre doni inaspettati. L’anno scorso mi trovavo a visitare la Biblioteca Querini Stampalia con un gruppo d’ingegneri per apprezzare gl’interventi architettonici compiuti nel palazzo da Carlo Scarpa, quando ho visto che in una sala c’era un incontro nell’ambito della rassegna internazionale di letteratura “Incroci di civiltà” che si tiene ogni anno a Venezia: ho abbandonato il gruppo e sono entrata nella sala per seguire l’incontro di cui era protagonista Alexandre Hmine, autore del romanzo “La chiave nel latte”.

Mi sono trovata subito dentro una situazione che mi ha coinvolto a tutti i livelli, sia per il valore letterario dell’opera, sia per il contenuto della vicenda, sia per la qualità umana dell’autore che ho avuto la fortuna d’incontrare. È un romanzo la cui lettura lascia il segno e la cui vicenda continua a lavorarti dentro, come accade sempre davanti alla letteratura di qualità.

È la storia di un bambino, figlio di una ragazza giovanissima che fugge incinta in Svizzera dal Marocco e che, dopo aver partorito, affida il figlio ad una vecchia vedova di nome Elvezia che lo cresce nel Canton Ticino: le due lingue del bambino saranno perciò l’italiano ed il dialetto locale.

La grande eroina di questo romanzo è l’Elvezia che si staglia con la sua presenza adamantina in tutto il romanzo: è una donna che con la sua ruvidezza, le sue ombrosità e la sua intensità inespressa domina la scena, diventando un grande personaggio letterario. Sarà lei ad offrire al bambino quel radicamento, quella presenza costante, quella sicurezza affettiva di cui necessita.

Sono inginocchiato sul tappeto del tinello e allineo letterine colorate, quelle con la calamita, nella speranza di riuscire a comporre una parola. Un regalo, non so di chi. Seduta sulla poltrona, accanto alla stufa, l’Elvezia legge la Libera Stampa. Prima di voltare le pagine si inumidisce la punta del dito. Ogni tanto scosta il giornale e piega il collo per guardarmi da sopra le lenti. Dalle finestre entra la luce pomeridiana. Rovisto nel mucchio, sollevo un pezzo, lo studio per decidere se tenerlo e in quale posizione appoggiarlo, richiamo l’attenzione dell’Elvezia e le chiedo che cosa ho scritto. Mi ha consigliato di formare parole corte – quattro, al massimo cinque lettere – e di usare le vocali, ma io spesso compongo sequenze lunghissime zeppe di consonanti. Non le do retta perché mi piace la sua reazione quando il risultato è impronunciabile. ASDFGHJKL Ride di gusto, scuote la testa e dice: “No, nan, mia inscì.” Allora io rimescolo le lettere e ricomincio: consonante, vocale, consonante, vocale. MAMA L’Elvezia osserva. Legge e corregge.

Le opere autobiografiche sono difficili perché richiedono da parte dell’autore la capacità di mettersi a nudo, esponendosi in tutta la propria vulnerabilità e la sincerità è una condizione imprescindibile per poter evitare derive narcisistiche od intimistiche che potrebbero annoiare o infastidire il lettore.

Alexandre Hmine riesce appieno nel suo compito, raccontandosi in modo oggettivo, distaccato, quasi minimalista, senza mai indulgere o caricare troppo la narrazione. Essendo vissuto nel Canton Ticino ed avendo studiato Lettere all’Università di Pavia, ha molti autori di riferimento italiani tra i

Page 9: Alexandre HMINE La chiave nel latteAlexandre HMINE La chiave nel latte Romanzo, 208 Seiten / pages / pagine Gabriele Capelli Editore, Mendrisio, 2018 € 18.00 ISBN 978-2-940518-19-0

quali Giuseppe Fenoglio, Primo Levi, Mario Soldati, Luigi Malerba, Michele Mari, Vitaliano Trevisan. Fra gli stranieri invece, i suoi preferiti sono David Foster Wallace, Paul Auster, Thomas Bernhard, Cormac McCarthy, Orhan Pamuk e Josè Saramago: già dalla lettura di questi nomi si comprende come la sua formazione letteraria sia stratificata e complessa, anche se l’autore dichiara che non pensa di poter ispirarsi a loro ed afferma che i modelli a cui guarda più spesso li trova in poeti come Umberto Saba, Vittorio Sereni, Eugenio Montale dei quali ammira l’estrema precisione ed il ritmo.

Le pagine del suo romanzo infatti sono nitide e procedono con un ritmo musicale per piani di sequenze quasi cinematografiche.

Riconosco quel bianco! Il vetro smerigliato tanto bianco! Attraverso il corridoio e mi affretto a spalancare la porta. Lo strato di neve caduto durante la notte è più basso di me. Il cortile, un ostacolo insormontabile. Vedo le punte delle inferriate, non il muretto. Respiro l’aria pura, fermo sullo zerbino. Mi chiedo come farò a raggiungere la fermata dell’auto-postale. Chiamo l’Elvezia, che venga a vedere. Non sente. La raggiungo in cucina. Ha già visto, dice che provvederà a spalare la neve più tardi. Ma come? “Gh’è mia pressa” mi rassicura. Tanto oggi le scuole restano chiuse. “Dabon?” Poi esulto, come quando segna Kenta Johasson.”

Il bianco della neve, del latte, di Casablanca, attraversa le pagine del romanzo, creando luminosi ed algidi cammei narrativi. L’identità del protagonista è sempre disattesa dalle aspettative degli altri su di lui che si aspettano una maggiore aderenza da parte sua a degli stereotipi facilmente riconoscibili e perciò rassicuranti. Ed è invece in questa disappartenenza che si radica l’identità del ragazzo, che si identifica piuttosto con cartoni animati, videogames, personaggi del mondo calcistico o autori della grande letteratura che con un’etnia, una religione o una nazione, rivelando quanto i confini identitari siano labili ed incerti per tutti.

Crescendo, il ragazzo torna a vivere con la madre, che nel frattempo si è trovata un nuovo compagno e che ha con lui una figlia: tutto questo crea tensioni conflittuali e gelosie nell’adolescente. Nel frattempo l’Elvezia, divenuta vecchia, prende atto con dolore di non avere più la forza di accudirlo. Questo distacco crea una profonda e dolorosa cesura nel libro, che viene raccontata magistralmente.

Adesso l’Elvezia è seduta sulla poltrona. I suoi occhi umidi e gonfi, continuano a sfuggirle verso l’alto. Anch’io cerco rifugio altrove. Sulle sue gambe emaciate. Sul rettangolo rosso arancio di fuoco della stufa che ha riscaldato tanti inverni e ora sbuffa. Non riesce a dirla. Quella frase che da ore, da giorni, da mesi invade ed obnubila la sua mente stanca. Non vuole ferirmi. Lo sappiamo entrambi. Nessuno dei due vorrebbe essere lì. Ci piacerebbe rinviare ancora questo momento, fantasticare una realtà diversa. Una realtà irreale, miracolosa, che vince la morte, zittisce spacca annienta l’inevitabile necessario. Invece restiamo lì, in silenzio.

Nel libro c’è un rigoroso lavoro di anamnesi, di recupero di frammenti di memoria che fanno affiorare i ricordi più intimi e più remoti, legati alla percezione dei luoghi e degli oggetti. Ci sono delle pagine molto belle ed intense che riescono a condensare in poche immagini tutto un vissuto emotivo senza parlare di emozioni, ma attraverso lo sguardo sui luoghi, sulle persone, gesti e posture e sulle cose.

Page 10: Alexandre HMINE La chiave nel latteAlexandre HMINE La chiave nel latte Romanzo, 208 Seiten / pages / pagine Gabriele Capelli Editore, Mendrisio, 2018 € 18.00 ISBN 978-2-940518-19-0

Grazie all’indimenticabile figura di Elvezia, il bambino, l’adolescente e poi il giovane uomo, riuscirà a trovare un punto di riferimento, un ancoraggio ed un equilibrio che gli permetteranno di radicarsi e di realizzare i suoi obbiettivi nel lavoro, con l’insegnamento della lingua italiana e nella scrittura.

Dopo averlo letto, le sue pagine si sedimentano in profondità e vengono interiorizzate dall’immaginario dei lettori come riescono a fare solo le pagine di autentica letteratura.

© Corriere italianità, 12.11.2019Società e territorio Identità in equilibrio – Alexandre Hmine di Valeria Camia

“La chiave nel latte”, romanzo di Alexandre Hmine (Premio Studer/Ganz 2017 e Premio svizzero di letteratura 2019), tocca la “questione dell’appartenenza” nel modo più profondo e radicale. A tratti con leggerezza, come solo gli occhi di un fanciullo permettono di fare; a tratti con la drammatica profondità di un adolescente che si pone, consapevolmente, domande ultime su se stesso nella società e sulla cultura circostante.

Il romanzo segue la crescita (fisica e soprattutto emotiva) di un giovane, nato da madre marocchina ma cresciuto in Svizzera e affidato sin dai primi mesi di vita alle cure di un’anziana donna, che abita in un paese ticinese di montagna e con la quale il bambino rimarrà fino agli anni dell’adolescenza. Elvezia, così il nome della donna, accudirà il giovane ‘come uno di loro’, insegnandogli il dialetto locale e cucinando per lui, di famiglia musulmana, la “luganiga”, la salsiccia tipica ticinese. Con grande apprezzamento da parte del giovane! Fino a quando, ricongiuntosi con la madre, egli si troverà, naturalmente, a rifiutare il piatto a base di maiale, iniziando a cogliere – allo stesso tempo – gli sguardi ‘curiosi’ degli altri attorno a lui, dal colore della pelle ‘scura’. Eppure, per il giovane la Svizzera rimarrà ‘casa’. Come non mangiare carne suina sarà parte della sua normalità. Ma senza per questo imparare l’arabo, mai! Pur tifando per la nazionale marocchina… Costituisce ciò una contraddizione?

Tra le settimane di vacanza trascorse in Marocco, la casa tra i monti di Elvezia e il campo di calcio ‘locale’ in Svizzera, dove avvengono anche i primi – presunti – ‘veri’ amori e esplodono le prime ribellioni, maturano sentimenti contrastanti, di attaccamento, straniamento, incomprensione ma anche riscatto, dove il filo sottile tra certezze e dubbi è in continua tensione. E dove l’equilibro è raggiunto anche grazie alla passione per la lettura. Così lo studio diventa riscatto: nel confronto con i grandi classici, nelle parole letterarie, negli esami universitari e nello spazio della cultura accademica in generale, il protagonista del libro arriverà a maturare la consapevolezza che le identità sono permeabili e fluide, soprattutto non sono auto-esclusive.

Il libro affronta temi dalla difficile definizione, come appartenenza e straniamento culturale, e lo fa con una narrazione molto veloce, frammentata. Stilisticamente il romanzo non ha capitoli, ad esempio. I periodi, brevi e paratattici, discutono ciascuno di un evento preciso e si susseguono secondo un ordine cronologico rapido e con salti temporali. L’impressione è un susseguirsi di pensieri, emozioni ed eventi narrativi in continuo divenire e senza che ci sia mai il tempo di fermarsi per riflettere.

Alexandre, perché scrivere un tale romanzo fortemente autobiografico? Una necessità intima per fare chiarezza dentro di sé oppure il desiderio di condividere con ‘gli altri’ il percorso di un equilibrio raggiunto?

Page 11: Alexandre HMINE La chiave nel latteAlexandre HMINE La chiave nel latte Romanzo, 208 Seiten / pages / pagine Gabriele Capelli Editore, Mendrisio, 2018 € 18.00 ISBN 978-2-940518-19-0

Credo entrambe le cose. Da un lato, mi sono spesso trovato nella condizione di raccontare delle mie origini, della mia famiglia, del perché non sia cresciuto con mia madre, del perché non abbia imparato l’arabo anche se ho genitori marocchini. A fronte di tanto interesse per la mia storia, mi sono reso conto che potevo avere qualche cosa di originale e interessante da raccontare. D’altra parte questo romanzo, al quale ho lavorato per circa dieci anni, riflette la necessità personale e intima di fare i conti con le mie origini. Quando, negli anni del liceo, mi sono dovuto trasferire da mia madre, ho attraversato un periodo complicato, trovandomi improvvisamente in una cultura ‘altra’, che non conoscevo, che rifiutavo ma che al contempo non potevo far a meno di osservare con curiosità. Quella musica araba che arrivava dal salotto e che sentivo chiuso in camera mia, quella lingua per me incomprensibile, quel gusto nel cibo e nell’arredamento in qualche modo mi riguardavano. Eppure non potevo farli semplicemente miei – in parte anche come reazione nei confronti di mia madre, che non mi aveva tenuto con lei durante la mia fanciullezza e adolescenza. Non saprei dire se ho raggiunto un ‘equilibrio identitario’ al punto da non rimettere in discussione la mia identità di nuovo. Piuttosto negli anni ho raggiunto la consapevolezza di non dover scegliere tra due culture o appartenenze, di non dover ingabbiare l’identità in compartimenti stagni.

In una Svizzera dove circa un quarto della popolazione totale è costituita da stranieri, qual è il ruolo della scuola e del mondo dell’istruzione in generale nel difficile compito di aiutare i giovani a costruire ed accettare la complessità e stratificazione della propria identità? Come docente di italiano mi capita di riflettere insieme agli studenti sul tema della diversità, e ovviamente pure sulla similarità, tra culture. Inoltre attraverso i componimenti liberi, i ragazzi hanno l’opportunità di trasformarsi in “scrittori” e raccontarsi (ad esempio, raccontare che cosa può succedere nella casa di un ragazzo di origine indiana che oggi vive in Ticino o come vive e ragiona un ragazzo che ha genitori musulmani). La scuola assume, in tal modo, una funzione importante, forse la più importante, per favorire l’integrazione. Nelle classi con varie etnie e culture differenti, l’ambiente scolastico può diventare il luogo in cui le personalità, i caratteri, i pregi, e i difetti dei singoli individui, così come le tradizioni, si incontrano e si ‘conoscono’. L’ora di italiano si presta molto bene a questo proposito, ma non è, e non deve, essere il solo momento di integrazione. Ad esempio, si possono organizzare incontri, manifestazioni, conferenze, dibattiti che toccano la tematica dell’Altro e della conoscenza reciproca favorendo il sorgere della consapevolezza, nei ragazzi, della natura fluida, liquida, stratificata e complessa dell’identità individuale. Certamente la questione identitaria e l’integrazione tra culture non può risolversi se, da un lato, l’autorità politica non mette in campo le risorse necessarie (per lavorare con classi meno numerose e per organizzare corsi specifici, ad esempio), e dall’altro se le famiglie dei ragazzi non sono disponibili ad abbracciare progetti di integrazione.

© Il Bernina, 05.09.2019Due volti di un amore di Monica PaganiniSotto le arcate del Viadotto di Brusio, sabato 31 agosto Begoña Feijoó Fariña – scrittrice e presidente della PGI Valposchiavo – intervista Alexandre Hmine, professore di letteratura italiana al Liceo di Lugano.

Parla del suo libro, il primo.

Racconta ciò che ha vissuto, con lucidità e amore, dopo il tempo giusto per capire…” essere troppo dentro le cose non fa scrivere”…dice.

È un canto alla vita, un omaggio a culture diverse, un messaggio di gratitudine.

Page 12: Alexandre HMINE La chiave nel latteAlexandre HMINE La chiave nel latte Romanzo, 208 Seiten / pages / pagine Gabriele Capelli Editore, Mendrisio, 2018 € 18.00 ISBN 978-2-940518-19-0

«La chiave nel latte» è la sua storia, quella trascorsa fino a 18 anni nel Malcantone, quella delle vacanze a Casablanca, quella di due culture che si scontrano, si incontrano, si fondono, lo fanno sentire parte di due mondi dai quali cogliere il meglio.

Non è un vissuto facile il suo; c’è spaesamento, rancore, scontro, c’è il dolore dell’abbandono, la curiosità di sapere e la paura di scoprire. E c’è il tempo per rappacificarsi con il destino e per scrivere la sua storia. La dedica alle due madri; a Elvezia, che lo alleva consapevole di non averlo partorito, e alla giovane mamma marocchina, che lo ha partorito e non l’ha visto crescere.

Elvezia lo ama di un amore ruvido, scarno, fatto di frasi brevi in dialetto stretto, dell’ovomaltina e gli Zwieback al mattino, consumati in silenzio che… “Mòcala! A tavola non si canta e non si cìfola!”, della messa della domenica. Vivono in simbiosi loro due; non sente la mancanza di un padre.

La mamma marocchina è un po’ distratta, un po’ distante: lo copre di regali, impreca in arabo sulle strade di montagna, si affeziona all’Islam, porta le scarpe col tacco e lo ama, a modo suo. Ha un marito – che tutto sommato gli vuole bene – gli regala una sorellina. Ha letto la sua vita attraverso gli occhi del figlio. Hanno avuto il tempo di confrontarsi. Non è stato facile e c’è ancora tanto da dire.

Elvezia non c’è più. Alexandre la va a trovare al cimitero e le regala la sua storia… “A ta l’ lengi mì, Elvezia, pian pianìn, come ta fasevat tì quand ca sevi pinìn e a ma setavi giò süi tò ginöcc, visìn a la stüa…”

Aspettiamo il secondo libro di Hmine. Se ci sarà, sarà simile al primo – ci dice, e intanto aspetta di aggiungere nuovi fotogrammi alla storia della sua vita.

© Passim, Bollettino dell’Archivio svizzero di letteratura

Premi letterari«Mentre scrivevo non pensavo di partecipare a un premio letterario» Intervista a Alexandre Hmine Di Daniele Cuffaro