Da un romanzo di Hans Einsler (1983) Iskitani - Ischkitani - Isclani · gli eletti spiriti poetici...

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La Rassegna d’Ischia n. 5-6/03 35 Da un romanzo di Hans Einsler (1983) Iskitani - Ischkitani - Isclani... Pietro Martignoni, der Archivar des Königlichen Hofes, begrüsste erfreut Winckelmann.Nach einigen offiziellen Worten, wies er auf die Gebäude. “Das Kastell ist das Wahrzeichen aller grossen Ereignisse Ischias.” Sie gingen durch die Gassen und Martignoni zeigte die Kirchen, das Kloster, die verschiedenen Bauteile des Kastells. “Ischia wird schon von Homer beschrieben. Es ist fast verständlich, dass sich der schiffbrüchige Odysseus dieses Ufer ausgesucht hat, um sich zu erho- len. Viele halten Ischia, diese Insel der Gesundheit, für das homerische Scheria, für die Insel der Phäaken.” Winckelmann sah hinunter auf den Hafen, in dem geschäftige Boote hin und her eilten, von mageren Männern gelenkt und gerudert. Da und dort staffelte sich die bebaute Erde, rückte die Hänge hinauf. Uferkurven winkten Lʼautore pone al centro del romanzo Johann Winckel - mann, il grande archeolo- go tedesco, insieme con il quale è riuscito a sondare il fantastico passato e la realtà di Ischia. Con lui ed altri personaggi si va per le vie e la campagna dellʼisola (oltre che di altri luoghi della Campania importanti sot - to lʼaspetto archeologico, come Pompei, Ercolano, Paestum), si percorrono i viali del Castello Aragonese, di cui sono rievocate tutte le vicende del passato, dalle di- nastie che vi sono succedute nel suo possesso al magico momento che esso visse con Vittoria Colonna e con tutti gli eletti spiriti poetici che le facevano ivi visita. Tutti que- sti avvenimenti sono anche poeticamente legati alla vita di una antica ragazza greca, Larissa Petala, portata come schiava a Ischia. Ich warte auf dich in Ischia - Die Liebe der Larissa Petala (Ti aspetto a Ischia - L’amore di Larissa Petala) di Hans Einsle Stieglitz-Verlag, E. Handle, Muhalcjer, 1983 - Federzeichnungen: Bernahrd Muller-Hahl, Landsberg. Traduzione di Nicola Luongo Pietro Martignoni, l’archivista della corte reale, salutò contento Winckelmann. Dopo alcune parole di circostanza comunicò l’invito di sua moglie, che desiderava conoscerlo. Poi indicò il maniero. “Il Ca‑ stello è l’emblema di tutti i grandi eventi di Ischia”. Attraversando le viuzze, Martignoni mostrò le chiese, il convento, e diverse parti del Castello. “Ischia è descritta già da Omero. Appare quasi scon‑ tato che il naufrago Ulisse abbia preferito questa riva per riprendersi dalle sue fatiche. Molti ritenne‑ ro Ischia, quest’isola della salute, l’omerica Scheria, l’isola dei Feaci”. Winckelmann diede uno sguardo giù al porto, dove c’era un gran movimento di barche, governate da uomini smilzi e condotte a mano.

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La Rassegna d’Ischia n. 5-6/03 35

Da un romanzo di Hans Einsler (1983)

Iskitani - Ischkitani - Isclani...

Pietro Martignoni, der Archivar des Königlichen Hofes, begrüsste erfreut Winckelmann.Nach einigen offiziellen Worten, wies er auf die Gebäude. “Das Kastell ist das Wahrzeichen aller grossen Ereignisse Ischias.” Sie gingen durch die Gassen und Martignoni zeigte die Kirchen, das Kloster, die verschiedenen Bauteile des Kastells. “Ischia wird schon von Homer beschrieben. Es ist fast verständlich, dass sich der schiffbrüchige Odysseus dieses Ufer ausgesucht hat, um sich zu erho-len. Viele halten Ischia, diese Insel der Gesundheit, für das homerische Scheria, für die Insel der Phäaken.” Winckelmann sah hinunter auf den Hafen, in dem geschäftige Boote hin und her eilten, von mageren Männern gelenkt und gerudert. Da und dort staffelte sich die bebaute Erde, rückte die Hänge hinauf. Uferkurven winkten

Lʼautore pone al centro del romanzo Johann Winckel-mann, il grande archeolo-go tedesco, insieme con il quale è riuscito a sondare il fantastico passato e la realtà di Ischia. Con lui ed altri personaggi si va per le vie e la campagna dellʼisola (oltre che di altri luoghi della Campania importanti sot-to lʼaspetto archeologico, come Pompei, Ercolano, Paestum), si percorrono i viali del Castello Aragonese, di cui sono rievocate tutte le vicende del passato, dalle di-nastie che vi sono succedute nel suo possesso al magico momento che esso visse con Vittoria Colonna e con tutti gli eletti spiriti poetici che le facevano ivi visita. Tutti que-sti avvenimenti sono anche poeticamente legati alla vita di una antica ragazza greca, Larissa Petala, portata come schiava a Ischia.

Ich warte auf dich in Ischia - Die Liebe der Larissa Petala (Ti aspetto a Ischia - L’amore di Larissa Petala)di Hans Einsle

Stieglitz-Verlag, E. Handle, Muhalcjer, 1983 -Federzeichnungen: Bernahrd Muller-Hahl, Landsberg.

Traduzione di Nicola Luongo

Pietro Martignoni, l’archivista della corte reale, salutò contento Winckelmann. Dopo alcune parole di circostanza comunicò l’invito di sua moglie, che desiderava conoscerlo. Poi indicò il maniero. “Il Ca‑stello è l’emblema di tutti i grandi eventi di Ischia”.

Attraversando le viuzze, Martignoni mostrò le chiese, il convento, e diverse parti del Castello. “Ischia è descritta già da Omero. Appare quasi scon‑tato che il naufrago Ulisse abbia preferito questa riva per riprendersi dalle sue fatiche. Molti ritenne‑ro Ischia, quest’isola della salute, l’omerica Scheria, l’isola dei Feaci”.

Winckelmann diede uno sguardo giù al porto, dove c’era un gran movimento di barche, governate da uomini smilzi e condotte a mano.

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und Berggrate. Winckelmann wusste es, nach nur wenigen Schritten in die Landschaft hinein entfalteten sich schon neue Perspektiven, wurden da zu Profilen und dort zu Überschneidungen. Und hier hatte einst Odysseus sein Glück wieder gefunden, die langen Jahre der Mühe und Not waren vorüber. “Odysseus betrat geheiligtes Land. Die Ölbäu-me gaben ersten Schutz, der weiche Rasen erste Heimat. Dunkel erschien ihm das Land, wie ein Schild im Nebel des Meeres, so beschrieb Homer die Insel Scheria”, erzählte der Archivar. Winckelmann begann zu grübeln. Waren die Phäaken frühe phönizische Siedler, wie manche Forscher behaupteten? Ischia, an einem wichti-gen Zugang zum Handelsweg nach Süditallen liegend, musste immer schon eine bedeutende Rolle gespielt haben. “Homer besass erstaunliche geograpische Kenntnisse”, meinte er und sah fra-gend auf den Archivar. “Da Homer im neunten Jahrhundert lebte, die Euboier erst im achten Jahrhundert aktiv wur-den, kann auch hier angenommen werden, dass nachträglich an seinen Schriften Änderungen vorgenommen wurden. An der Westbewegung der Griechen waren im achten Jahrhundert die Euboier beteiligt. Auf Ischia wurde schon vor 750 vor Christus eine euboische Kolonie gegründet, die schnell zu einer volkreichen und blühenden Siedlung anwuchs. Sie hatte eine Eisengiesserei, und ihre Töpfereien produzierten eine charakte-ristische Spielart spätgeometrischer Tonwaren. Das Fragment eines bemalten Mischkrugs trägt die Inschrift . . . inos schuf michʼ. Schade, dass man den Namen des Töpfers nicht mehr vollständig lesen kann, denn diese Schrift gilt als die älteste erhaltene Töpfersignatur.” Winckelmann legte dankend seine Hand auf die Schulter des Freundes. “Wenn man um die Mitte des achten Jahrhunderts auf Ischia siedelte, gab es bestimmt schon vorher Erkundigungsfahrten zur Küste Italiens.” Martignoni bestätigte es, nickte nachdenklich. Wieder gingen sie diskutierend durch die Gas-sen. Der Archivar blieb stehen, zeigte auf das Meer, das in tiefer Bläue glänzte. “Die Geschichte des Kastells und damit Ischias blieb in all den Jahrhunderten mit dem Hin und Her der verschie-denen Könige und Dynastien verbunden”, erzählte er. “Immer war Ischia irgendwie ein Bestandteil der Völker, die aus Italien eine Kolonie machen wollten.” “Es war ein eigenartiger Angelpunkt . .” Pietro Martignoni bejahte. “An was liegt es nur?” sprach er nachdenklich vor sich hin und blickte dann hoch. “Ein Mann spanischen Blutes, dessen Familie im Dienst ihrer Fürsten stand, es war Inigi dʼAvalos, hatte lange die Statthal-terschaft über das Kastell.” Wieder schüttelte er

Qui e là si distingueva la terra coltivata, che si estendeva sulle colline. Apparivano rientranze e cre‑ste montuose sembravano aspettarlo con simpatia. Winckelmann sapeva che solo dopo pochi passi si aprivano nel paesaggio nuove prospettive, diventa‑vano qui profili e là precipizi. E qui una volta Ulisse aveva ritrovato la sua felicità, i lunghi anni delle fa‑tiche e del pericolo erano passati.

“Ulisse approdò in una terra benedetta. Gli alberi di ulivo gli offrirono la prima protezione, l’erbe mor‑bido la prima patria. Scura apparve a lui la terra, come uno scudo nella nebbia del mare, così Omero descrisse l’Isola di Scheria”, raccontò l’archivista.

Winckelmann iniziò a rimuginare. I Feaci furono i primi colonizzatori Fenici, come ritenevano alcuni studiosi? Ischia situata su un’importante via d’ac‑cesso per il commercio per il Sud d’Italia, dovette avere sempre un ruolo fondamentale. “Omero pos‑sedeva conoscenze geografiche sorprendenti” affer‑mò e guardò con aria interrogativa l’archivista.

“Poiché Omero visse nel IX secolo e gli Eubei di‑ventarono attivi solo nell’VIII secolo, anche qui si può accettare la tesi che furono fatti dei cambia‑menti ai suoi scritti. Gli Eubei erano interessati nel‑l’VIII secolo al movimento verso Ovest dei Greci. A Ischia fu fondata già prima del 750 a. C. una colonia eubea che ben presto prosperò come colonia popo‑losa e fiorente. Aveva una fonderia per il ferro e le sue fabbriche di ceramiche producevano una varie‑tà caratteristica di terrecotte tardo‑geometriche. Il frammento di una brocca porta l’iscrizione: ... ino mi fece.... Peccato che non si possa leggere il nome completo del vasaio, perché questa iscrizione è rite‑nuta la firma di vasaio conosciuta più antica”.

Winckelmann posò in segno di ringraziamento la sua mano sulla spalla dell’amico. “Se si fondavano delle colonie a Ischia verso la metà dell’VIII secolo, c’erano stati certamente già prima i viaggi di rico‑gnizione sulle coste d’Italia”.

Martignoni lo confermò, assentendo pensieroso. Ripresero a discutere lungo la stradetta. L’archivi‑

sta si fermò, mostrò il mare, che splendeva nel suo azzurro profondo. “La storia del Castello insieme con quella di Ischia rimase collegata in tutti i secoli con il succedersi di diversi re e dinastie”, raccontò. “Ischia fu sempre una componente dei popoli che volevano fare dell’Italia una colonia”.

“Fu uno straordinario centro d’approdo....”

Pietro Martignoni assentì. “Da che cosa dipende ciò?” Parlottò come tra se stesso e guardò verso il cielo. “Un uomo di sangue spagnolo, la cui famiglia era al servizio dei nuovi principi, fu Inigo d’Avalos che ebbe la luogotenenza del Castello”. Scosse di nuovo la testa almanaccando qualcosa. “Per più di 200 anni Ischia restò nelle mani di questa famiglia.

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grübelnd den Kopf. “Über zweihundert Jahre lang blieb Ischia in den Händen dieses Geschlechts. Die Avalos waren spanische Grande, und den Titel der Marchese von Pescara erhielten sie erst von ihren italienischen Verwandten, die ohne Erben waren. Die Avalos waren gut, aus ihrem Blut gingen un-gewöhnliche Menschen hervor. Auch die Frauen waren weithin bekannt durch ihren Mut und ihre Gelehrsamkeit. Der wohl berühmteste Mann dieses Geschlechts wurde Ferrande dʼAvalos, den viele den Marchese von Pescaraʼ nannten, als ob es keine anderen Männer dieses Namens gegeben hätte. “ “Ein Marchese hat hier doch die Vittoria Co-lonna geheiratet. Sie muss eine bedeutende Frau gewesen sein?” “Ja”, bestätigte der Archivar. “Die Colonnesen waren ein Geschlecht von Fürsten, die sogar mit Martin V. einen Papst stellten. Doch”, er lächelte vor sich hin, “vertrugen sie sich nicht besonders mit Rom.” “Wieso, das ist mir bei diesen ̒ Beziehungenʼ ein Rätsel?” “Jaja, die Politik”, klagte Pietro Martignoni kri-tisch. “Wir sehen nur die Vorderseite der Kulisse, die Hinterseite dürfte, wie so oft, völlig anders ausgesehen haben. So stürmten die Colonnesen Rom und die Päpste die colonnesischen Kastelle. Sie jagten einander wie Blutsfeinde. Ein Fabrizio Colonna war der erste Gross-Connetable von Neapel und sein Bruder Lorenzo, der zu ihm stand, musste die Intrigen der Politik damit büs-sen, dass der Henker ihn in Rom enthauptete. Es war auch hohe Politik, dass man Vittoria, Fabrizio Colonnas Tochter, in sehr jungen Jah-ren mit Ferrande dʼAvalos verlobte. Eigenartig”, der Archivar blieb stehen und starrte über die Brüstung des Vorplatzes auf den Strand und das Meer, “aus einer politischen Verbindung, der man keine Tiefe zutraute, wurde ein grosses, unendlich schönes Liebesbündnis. Man könnte, trotz aller Gegenbeweise, an die Macht der Liebe glauben.” “Die Ehe wurde also gut?” fragte Winckelmann und beobachtete einen Segler, der den Hafen in Richtung Neapel verliess. “Sehr sogar. Den Heiratskontrakt schloss man im Kastell Marino, das den Colonnesen gehörte und in dem Vittoria siebzehn Jahre vorher gebo-ren worden war. Etwa zweieinhalb Jahre später wurde die Hochzeit hier auf dem Besitz der Avalos gefeiert. Es war für das Kastell das wohl schönste und höchste Fest. Zu dieser Zeit gab es mindestens zehn Kirchen und neben dem Hofstaat des Gou-verneurs, neben dem Bischof, einer kleinen Armee und den Insassen eines Klosters an die zweitau-send Familien. Alle Häuser waren illuminiert, mit Fahnen, Teppichen und Zweigen geschmückt. Als Vittoria kam, brachte sie ihren Brautschmuck mit, ihre Mitgift und viele seidene und brokatene Kleider. Hier in der Kathedrale der Assunta fand

I d’Avalos erano grandi di Spagna e ricevettero il ti‑tolo di marchesi di Pescara dai loro antenati italiani, che erano senza eredi. I d’Avalos erano buoni, dal loro sangue discesero uomini straordinari, e anche donne famose per il loro coraggio e la loro cultura. Il più famoso di questa famiglia fu Ferrante d’Avalos che molti chiamavano il Marchese di Pescara, come se non vi fosse stato nessun altro uomo con questo nome”.

“Un marchese ha qui sposato Vittoria Colonna. Deve essere stata una donna molto importante”.

“Sì”, confermò l’archivista. “I Colonna erano una famiglia di principi che avevano in Campagna delle proprietà e annoveravano persino un Papa, Martino V”. Lui sorrise compiaciuto. Ma essi non si intende‑vano bene particolarmente con Roma”.

“Come mai? Perché questi rapporti per me sono un enigma?”.

“Ah! la politica”, si lamentò Martignoni critica‑mente. “Noi vediamo solo la facciata delle quinte, la parte posteriore potrebbe essere completamente diversa, come accade spesso. Così i Colonna asse‑diarono Roma e i papi i castelli dei Colonna. Essi si perseguitarono come nemici di sangue. Un Fabrizio Colonna fu il primo Grande Conestabile di Napoli e suo fratello Lorenzo, che parteggiava per lui, do‑vette pagare per gli intrighi della politica con la sua decapitazione a Roma. Fu anche per motivi politi‑ci che Vittoria Colonna, figlia di Fabrizio Colonna, s’innamorò negli anni giovanissimi di Ferrante d’A‑valos. Strano ‑ l’archivista si fermò e guardò dalla balaustrata della spianata la spiaggia e il mare ‑ da una relazione politica a cui non si sarebbe attribuito alcun valore, scaturì un legame amoroso grande, in‑finitamente bello. Sino a prova contraria si potrebbe credere alla potenza dell’amore”.

“Allora il matrimonio fu felice?” domandò Win‑ckelmann e osservò un veliero che abbandonava il porto in direzione di Napoli.

“Persino molto. Il contratto di matrimonio fu stipulato nel Castello Marino, che apparteneva ai Colonna e in cui Vittoria era nata diciassette anni prima. Solo due anni e mezzo dopo fu festeggiato il matrimonio qui nella proprietà dei d’Avalos. Per il Castello fu la festa più bella e grandiosa mai avve‑nuta. In quel tempo c’erano almeno dieci chiese e accanto all’edificio di corte del governatore, accanto all’episcopio, a un piccolo esercito e ai componenti di un monastero c’erano duemila famiglie. Tutte le case erano illuminate, addobbate con bandiere, tap‑peti e rami. Quando arrivò Vittoria Colonna, portò con sé il suo bouquet di sposa, la sua dote e molti ve‑stiti di seta e di broccato. Il matrimonio fu celebrato qui nella Cattedrale dell’Assunta. Vi parteciparono molti ospiti, tra i quali famosi personaggi. Due anni

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die Trauung statt. Viele Gäste nahmen an ihr teil, darunter berühmte Namen. Zwei Jahre später verliess der Marchese die Insel, half die Franzosen schlagen. Schon damals war er von einer seltenen Klugheit und Energie. Trotzdem ging die Schlacht von Ravenna verloren, der Marchese und sein Schwiegervater Fabrizio Colonna kamen in Ge-fangenschaft.” “Als Vittoria von der Gefangennahme des Va-ters und Gatten hörte, schrieb sie die ʻEpistola a Ferrande F. dʼAvalos, suo consorteʼ und sagt in ihr: Dich, der den Sieg verehrt, mich, die nur den zarten Frieden liebt, uns freuten selten Stunden, die süss vereinten . . .ʼ Die Epistola endet, als ob Vittoria ihr Schicksal ahne, dass das Schicksal der Männer an den Triumph und den Ruhm gebun-den sei, das Leben der Frauen sie immer zwinge zu warten, zu leiden und zu klagen. Es war eine Zeit, erzählte der Archivar, “in der die Franzosen aus Italien geworfen wurden. Langwelle ich Sie?” fragte er und stockte. “Bitte, nein, keinesfalls, Sie wissen doch ...”, antwortete Winckelmann. “Das vielumkämpfte Neapel, und damit Ischia, fiel an den spanischen König, der dann als Kaiser Karl V. das grösste Reich der Geschichte regierte. Der Marchese von Pescara war damals einund-dreissig, und sein Ruhm wuchs mit jeder neuen Schlacht. Sechzehn Jahre, es war das Jahr 1525, nachdem er Vittoria Colonna geheiratet hatte, kamen erneut die Franzosen, und der Marchese verteidigte wieder Neapel. In der Schlacht von

dopo, il Marchese lasciò l’isola, contribuì a battere i Francesi. Già d’allora era di straordinaria intelligen‑za ed energia. Tuttavia la battaglia di Ravenna andò perduta, il Marchese e suo suocero Fabrizio Colonna caddero prigionieri”.

Quando Vittoria Colonna venne a sapere della pri‑gionia del padre e dello sposo, scrisse la Epistola a Ferrante Francesco d’Avalos, suo consorte, in cui diceva: “Te, che onora la Vittoria, me, che ama solo la tenera pace, noi rallegrarono ore straordinarie, che dolcemente ci unirono”. L’Epistola si conclude come se Vittoria conoscesse il suo proprio destino, che il destino degli uomini è connesso al trionfo e alla gloria, che la vita costringe le donne ad aspetta‑re sempre, a soffrire e a languire. “Era il tempo in cui – continuò l’archivista – i Francesi venivano cacciati dall’Italia. Si annoia?” domandò e s’interruppe”.

“Anzi, la prego, lei sa.... rispose Winckelmann.

“La contesissima Napoli e con essa Ischia furono assegnate al re spagnolo, il quale allora era l’impe‑ratore Carlo V, che governava sul più grande regno della storia. Il Marchese di Pescara aveva allora trentuno anni e la sua gloria cresceva dopo ogni battaglia. Sedici anni dopo aver sposato Vittoria Colonna, era il 1525, vennero di nuovo i Francesi e il Marchese difese nuovamente Napoli. Nella batta‑glia di Pavia i Francesi furono sconfitti e il loro re fu

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Pavia wurden die Franzosen besiegt und ihr König gefangengenomrnen. Der Ruhm des Marchese ging über alle Kontinente. Kaiser Karl V. schrieb aus Madrid an Vittoria Colonna: “Erlauchte und verehrte Anverwandte, als uns die Nachricht von dem grossen und denkwürdigen Sieg bekannt wurde, welchen der höchste Gott uns gegen die Franzosen in der Lombardei zu verleihen die Gnade hatte, gesellte sich zu manchem für uns Erfreulichen die Erinnerung an Euren Namen. Und dies mit Recht, da Ihr aus einem Geschlecht stammt und einer Familie angehört, welche uns und unseren Ahnen zu allen Zeiten nicht gewöhnli-che Dienste geleistet hat, und einem Gemahl ver-bunden seid, dessen Tapferkeit, Kriegskenntnis und glückhafter Führung wir zum grossen Teil diesen Sieg verdankenʼ.” Winckelmann nickte. “Es war eine schwere, eine eigenartige Epoche”, antwortete er. “Einmal waren es spanische, dann päpstliche und aragone-sische Monarchen, welche die Geschichte Italiens bestimmten. Zum Glück hatte der Marchese das Geschick, sich über diese Machtkämpfe zu stellen.” “Ja, es war schwer für ihn, denn bald nach Pavia boten ihm verschiedene Mächte die Krone Neapels an. Ihr Preis war, dass er nicht mehr den Spaniern diene.” “Er blieb Spanier?” “Immer stand er zum Kaiser, war ihm treu, und alle Angebote wies er mit Verachtung zurück. Für den Marchese von Pescara war Karl V. sein Souverän, den er liebte und dem er gerne diente”. “Der Mann ein Kriegsheld, der Karl V. diente, die Frau eine Römerin und dazu noch eine Colon-na, ein eigenartiges Paar”, meinte Winckelmann. “Vittoria stand zu ihrem Mann, schrieb ihm in einem ihrer wunderbar weisen Briefe, dass sie keine Sehnsucht habe, die Gattin eines Königs zu werden, doch wolle sie immer die Frau eines Feld-herren bleiben, der nicht nur im Kriege, sondern auch im Frieden die mächtigsten Fürsten durch den Grossmut seines Geistes übertroffen habe.” “Der Marchese starb eher?” fragte Winckel-mann. “Hier im Kastell?” “Nein, Vittoria erhielt die Nachricht, dass ihr Mann an den Folgen der Verwundungen von Pavia erkrankt sei und er bitte, dass sie komme. Auf der Reise zu ihm, in Viterbo, noch weit von Mailand entfernt, erfuhr sie seinen Tod. Vittoria kehrte wieder nach Ischia zurück.” “Und blieb dann alleine im Kastell?” sagte Win-ckelmann voll von Anteilnahme. “Zehn Jahre wohnte sie hier und machte das Kastell zum Mittelpunkt des geistigen Lebens Süditallens. Zehn Jahre lang betrauerte sie hier den Traum ihrer Jugend und den Helden ihres Glücks. Vittoria war sechsundvierzig Jahre alt, als sie hier an der Brüstung stand und Abschied nahm.

preso prigioniero. La fama del Marchese si diffuse per tutti i continenti. L’imperatore Carlo V scrisse da Madrid a Vittoria Colonna: “Illustre ed esimia congiunta, quando ci fu comunicata la notizia della grande e memorabile vittoria che Iddio onnipotente ha voluto concederci contro i Francesi in Lombar‑dia, alla gioia per l’accaduto si aggiunse la letizia del ricordo del vostro nome. E ciò a giusta ragione, per‑ché voi discendete da una stirpe e appartenete a una famiglia che ha prestato servizi non comuni a noi e ai nostri antenati in ogni tempo e voi siete legata a un consorte al cui valore, conoscenze belliche e guida felice, noi dobbiamo in gran parte questa vittoria”.

Winckelmann annuì. “Era un’epoca difficile, stra‑ordinaria, quella ‑ rispose ‑ una volta erano i monar‑chi spagnoli, i papi e gli aragonesi che determinava‑no la storia d’Italia. Per fortuna il Marchese aveva l’abilità a porsi al di sopra di queste battaglie per la conquista del potere”.

“Certo, fu difficile per lui, visto che dopo Pavia diverse potenze gli offrirono la corona di Napoli. Il loro prezzo consisteva nel patto che lui non servisse più gli Spagnoli”.

“E lui restò spagnolo?” “Fu sempre dalla parte dell’imperatore, gli fu fe‑

dele e respinse con sdegno ogni proposta. Per il Marchese di Pescara Carlo V era il suo sovrano, che amava e che serviva volentieri”.

“L’uomo, un eroe di guerra, che serviva Carlo V; la donna, una romana e per giunta una Colonna, una coppia ben strana” ‑ affermò Winckelmann.

“Vittoria fu vicina a suo marito, gli scrisse in una delle sue meravigliose lettere che lei non provava nostalgia di diventare consorte di un re, ma voleva restare sempre la moglie di un condottiero che non solo in guerra, ma anche in pace, aveva superato i principi più potenti con la magnanimità del suo spi‑rito”.

“Il Marchese morì prima?” ‑ domandò Winckel‑mann. “Qui nel Castello?”

“No, Vittoria Colonna ricevette la notizia che suo marito si ammalò in seguito alle conseguenze delle ferite di Pavia e la pregava di andare da lui. Durante il viaggio, a Viterbo, non lontano da Milano, venne a sapere della sua morte. Vittoria ritornò di nuovo a Ischia”.

“E restò sola nel Castello?”‑ domandò Winckel‑mann con grande partecipazione emotiva.

“Dieci anni abitò qui e fece del Castello il punto d’incontro della vita spirituale dell’Italia meridiona‑le. Per dieci anni pianse qui il sogno della sua gio‑ventù e l’eroe della sua felicità.

Vittoria aveva 46 anni, quando stava qui al para‑petto e si accomiatò. Era romana, aveva visto Roma prima del suo matrimonio, l’aveva visitata come moglie del Marchese; ora, nel momento infelice del‑

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Sie war Römerin, hatte Rom vor ihrer Hochzeit gesehen, hatte es als Frau des Marchese besucht. Nun wollte sie in ihrer Not dorthin, um in ein Kloster einzutreten.” “Michelangelo?” sagte Winckelmann. “Ihr Glück, oder das Michelangelos, man könnte auch sagen das der Welt war es, dass der Medici-Papst Clemens ihr den Eintritt in ein Kloster verwehrte. Vittoria”, der Archivar schwieg und sah fast glücklich auf das Meer, “war es schon einmal gelungen, durch ihren Geist und ihre Anmut einen Mann zu entzünden, das bedeu-tendste militärische Genie ihres Jahrhunderts, ihren Mann, den Marchese von Pescara. Als sie 1536 nach Rom kam, traf sie auf den grössten schöpferischen Geist Italiens, es war Miche-langelo. Sie begeisterte und entflammte ihn zu vielen Schöpfungen. Die Stunden, die er durch das Zusammensein mit Vittoria genoss, die tiefe Beglückung, die er durch ihre Briefe, ihre Verse und ihre anregenden Gespräche empfing, wur-den zum Quell unendlicher Kraft. Zwischen den beiden war ein Geben und Nehmen, ein Anregen und Schöpfen, ein Ehren und Verehren. Alles Tun wurde nun für Michelangelo zur höchsten Verpflichtung.” “Die berühmteste Fürstin Italiens und der mächtigste Geist Italiens, eines der wenigen schönen Kapitel in einem Jahrhundert, das nur Intrigen, Blut und Krieg kannte”, sagte Winckel-mann feierlich. “Vittoria war nicht nur schön, sondern auch gei-streich und gelehrt, man sagte von ihr, dass sie es verstand, heilige Gedanken in himmlische Worte zu kleiden. Zwei Jahre, nachdem sie das Kastell verlassen hatte, wurden ihre Gedichte zum ersten Male gedruckt. Drei Jahre später, also fünf Jahre nachdem sie Ischia verlassen hatte, verliess sie Rom. Ihr frommer, trotzdem freiheitlicher Geist litt unter der Strenge, die als Folge des Krieges gegen das Luthertum in Rom einzog.” “Sie kehrte doch wieder nach Rom zurück, mir ist irgendetwas darüber bekannt?” fragte Win-ckelmann. “Ich glaube, sie starb auch dort.” Pietro Martignoni nickte nur. “Sie ging in ein Kloster. Als ihre letzten Tage kamen, suchte man für sie einen Platz, wo sie besser gepflegt werden konnte. Keines der Häuser ihres Geschlechts war frei, alle Schlösser und Kastelle der Sippe waren beschlagnahmt.” “Michelangelo”, sagte Winckelmann ehrfürch-tig. “Als Künstler war er ein Theologe, als Theologe ein Künstler. Er war ein Reiner inmitten einer Welt der Gemeinheit. Wir werden noch lange brauchen, bis wir dem Geheimnis, dem Zauber und dem Sinn seiner Schöpfungen folgen kön-nen. Er war ein Mann des Schicksals, nicht nur für die Kunst, sondern auch für die Menschen und die Kirche. Er hat, und das ist ein Teil seines

la sua vita, voleva ritornare là per chiudersi in un convento”.

“Michelangelo?” ‑ disse Winckelmann. “La sua fortuna, o quella di Michelangelo, si po‑

trebbe dire anche quella del mondo, consiste nel fatto che papa Clemente dei Medici impedì a lei l’en‑trata in un convento. A Vittoria ‑ l’archivista tacque e guardò quasi felice il mare ‑ era riuscito già una volta di accendere con il suo spirito e la sua grazia un uomo, il genio militare più significativo del suo secolo, suo marito, il Marchese di Pescara. Quando lei venne a Roma nel 1536, incontrò lo spirito creati‑vo più grande d’Italia, Michelangelo. Lei lo entusia‑smò e lo infiammò a molte creazioni. Le ore che egli godette in compagnia di Vittoria, la profonda felicità che lui provò nel leggere le sue lettere, i suoi versi e i suoi colloqui che erano sempre così stimolanti, furono fonte di una forza infinita; tra loro due ci fu comunque un dare e un avere, uno stimolare e un creare, un onorare e un esaltare. Ogni desiderio di lei diventò per l’artista Michelangelo un dovere im‑prescindibile”.

“La più famosa principessa d’Italia e il più possen‑te spirito d’Italia, uno dei pochi bei capitoli in un se‑colo che conobbe soltanto intrighi, sangue e guerra” ‑ disse Winckelmann solennemente.

“Vittoria non era soltanto bella, ma anche brillante e colta, si diceva di lei che sapesse rivestire pensieri sacri con parole divine. Due anni dopo aver lasciato il Castello, le sue poesie furono date alle stampe per la prima volta. Tre anni dopo, cioè cinque anni dopo aver lasciato Ischia, abbandonò Roma. Il suo spirito devoto ma libero soffriva per la severità che si mani‑festava a Roma come conseguenza della guerra con‑tro il luteranesimo”.

“Ma lei ritornò a Roma, a me questo è noto” – dis‑se Winckelmann. “Io credo che morì proprio là”.

Pietro Martignoni annuì. “Lei si ritirò in un con‑vento. Quando si avvicinarono i suoi ultimi giorni, si cercò per lei un posto dove potesse essere meglio accudita. Nessuna delle case della sua famiglia era libera, tutti i castelli e i manieri della sua stirpe era‑no stati confiscati”.

“Michelangelo ‑ disse Winckelmann, con rispetto ‑ come artista era un teologo, come teologo un ar‑tista. Lui era un puro in mezzo a un mondo di me‑schinità. Abbiamo bisogno di molto tempo per po‑ter comprendere il segreto, il fascino e il senso delle sue creazioni. Era un uomo del destino, non solo per l’arte, ma anche per gli uomini della Chiesa. Ha reso visibile Dio e questa è una parte del suo segreto, diede a quel mistero che coinvolge tutti, lineamenti, forme e colori. Quello che lui ha creato è la bellezza umana più nobile. Il dolore dell’umanità lui lo ha vi‑sualizzato. Nessuno ha creato tali forme ed esistenze come i titani cristiani nella Cappella Sistina del Vati‑

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Geheimnisses, Gott sichtbar gemacht, gab jenem Mysterium, das uns alle bewegt, Umrisse, Formen und Farben. Was er schuf, ist edelste menschliche Schönheit. Den Jammer der Menschheit hat er in seinem Jüngsten Gerichtʼ sichtbar gemacht. Keiner hat solche Formen und Existenzen her-vorgebracht wie die christlichen Titanen in den Papstkapellen im Vatikan, in San Pietro in Vincoli in Rom und in San Lorenzo in Florenz. Fürsten, Könige, Päpste und Kardinäle bemühten sich um ihn. Und trotzdem lebte er einsam, bewundert und beneidet, verleumdet und verfolgt. (...)

Sie waren hinunter gewandert, standen nun vor dem Kastelleingang. “Haben Sie schon bemerkt”, fragte der Archivar, “dass die Iskitaner wohl Italienisch sprechen, jedoch Ihre sprachlichen Ei-genheiten haben? Fast möchte ich sagen, dass hier jedes Dorf einen eigenen Dialekt hat.” Er lachte laut. “Es ist keine Erfindung oder Verleumdung, aber die Leute, die hier im Kastell leben, verstehen, wenn es sich um besondere Ausdrücke handelt, die Bewohner des Dorfes nicht gut, die nur durch diesen Damm hier getrennt, praktisch in Rufweite wohnen. Die Gärten und Villen ziehen sich von Ponte die ganze Küste entlang. Auch dort versteht mancher seinen Nachbarn in bestimmten Worten nicht. Und die Menschen in Lacco Ameno, Forio

cano, a San Pietro in Vincoli a Roma e a San Lorenzo a Firenze. Principi, re, papi e cardinali se lo conten‑devano. E tuttavia visse solo, ammirato e invidiato, diffamato e perseguitato. Non aveva mai conosciuto sua madre. Quando disegnava con ardore puerile, venne bastonato dal padre. Aveva diciassette anni, quando un forzuto energumeno invidioso gli ruppe la faccia”.

(...) Erano discesi e ora stavano davanti all’ingres‑so del Castello. “Ha notato” ‑ domandò l’archivista ‑ che gli Ischitani parlano italiano, ma hanno diffe‑renti caratteristiche pronunce? Mi verrebbe quasi da affermare che qui ogni paese ha il suo proprio specifico dialetto”. Rise sonoramente. “Non è affatto un’invenzione né una calunnia, ma la gente che vive qui nel Castello non capisce bene, in caso di partico‑lari espressioni, gli abitanti del paese, separati sol‑tanto da questo ponte, ad appena un tiro di scoppio. I giardini e le ville di Ischia Ponte si estendono lun‑go la costa. Anche laggiù alcuni non comprendono i loro vicini in alcune parole. E la gente di Lacco Ame‑no, Forio e Fontana, di Casamicciola e Sant’Angelo chiamano gli oggetti della vita quotidiana in manie‑ra tanto differente che si può solo scuotere la testa di fronte a tali stranezze. È già stato a Procida?”

Quando Winckelmann disse di no, l’archivista

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und Fontana, in Casamicciola und S. Angelo be-nennen Dinge des täglichen Lebens so anders, dass man über diese Eigenart nur den Kopf schütteln kann. Waren Sie schon in Procida?” Als Winckelmann verneinte, sagte der Archivar heftig: “Sie müssen einmal dorthin, man muss diese Insel und ihre Menschen gesehen und erlebt haben. Auch die Leute von Procida verwenden andere Dialektwörter als die Iskitaner.” “Es könnte eine Erklärung geben”, antwortete Winckelmann nachdenklich. “Ja?” “Besonders der Golf von Neapel war Ziel vieler Eroberer. Es gab sogar bestimmte Schwerpunkte. Ich will nicht Namen wie Paestum, Pompeli oder Herkulanum nennen, aber von Capri bis nach Sorrent haben die Völker, die hier einmal wohn-ten, Menschen mit bestimmten Veranlagungen zurückgelassen. Mit sprachlichen Eigenheiten. Bei uns in Deutschland erkennt man den Hanno-veraner sofort bei dem Wort ʻSteinʼ an dem sehr artikuliert ausgesprochenen ʻStʼ. So könnte man sagen, dass die Italiener keine Italiener sind, sondern Mailänder, Venezianer, Neapolitaner. Bei uns ist die sauberste Sprache jene, die in Han-nover gesprochen wird. So ist zum Beispiel, bitte das ist meine Sicht, das Toskanische die italieni-sche Hochsprache. Übrigens”, er überlegte, “Sie sagten vorher Iskitaner, ist das richtig? Obwohl das schʼ von Ischia wie ʻskʼ ausgesprochen wird, meine ich, dass man die Sprache mit ischkitanisch bezeichnen sollte. Ich würde”, er lächelte etwas, Ischkitaner sagen?” “Eine uralte Streitfrage”, entgegnete der Archi-var. Nach einigem Schauen auf die nahe Insel Pro-cida und das Meer sagte Winckelmann: “Der Sage nach landete hier nicht nur Odysseus, den dann Nausikaa pflegte, sondern auch Aeneas, der Ahnherr Roms. Zwei Überlieferungen der Frühgeschichte geben sich hier die Hand.” Der Archivar nickte. “Man nannte die Insel manchmal auch die Sireneninsel. Es gab die Bezeichnung Aia und Armida. Dem trojanischen Helden zuliebe nannte man sie auch Citarea oder Aenaria. Im Volk sagte man lange Zeit Vulkan-Inselʼ oder Phlegräische Inselʼ.” Ischia hat also schon seit vielen Jahrhunderten, ja sogar Jahrtausenden auf die Einbildungskraft der Menschen eingewirkt. Ein gutes Zeichen. Ab wann ist eigentlich der Name Ischia üblich?” Der Archivar starrte Winckelmann an, bevor er antwortete. “Die Meinungen unterscheiden sich. Vielleicht bedeutet Ischia nichts anderes als Insulaʼ, also Inselʼ, man könnte den Namen auch aus dem Griechischen ableiten und von einer Insel der Fischeʼ sprechen. In Lacco Ameno gibt es einen Pfarrer, ihn sollten Sie einmal besuchen, er dürfte Sie sehr interessieren, der der Ansicht

sbottò con veemenza: “Lei ci deve andare, occorre assolutamente conoscere questa gente. Anche la gente di Procida usa parole dialettali diverse dagli Ischitani”.

“Ci potrebbe essere una spiegazione” ‑ rispose Winckelmann pensieroso.

“Sì?” “Soprattutto il golfo di Napoli fu la meta di mol‑

ti conquistatori. C’erano persino determinati centri vitali. Non voglio citare nomi come Paestum, Pom‑pei, Ercolano ma i popoli da Capri a Sorrento, che una volta vi abitavano, hanno lasciato indietro uo‑mini con determinate attitudini. Con caratteristiche linguistiche. Da noi in Germania si riconosce subito l’abitante di Hannover dalla parola Stein (pietra), dal modo come si pronuncia il gruppo fonetico ‘st’. Perciò si potrebbe dire che gli Italiani non sono Ita‑liani, ma Milanesi, Veneziani, Napoletani. Da noi la lingua più pura è quella parlata ad Hannover. E lo stesso, ma questo è solo la mia opinione, avvie‑ne in Italia dove l’italiano migliore viene parlato in Toscana. Del resto – rifletté ‑ lei prima ha parlato degli Iskitani, vero? Sebbene il gruppo ‘sch’ di Ischia debba essere pronunciato contro se fosse ‘sk’ – pen‑so ‑ alcuni dicono Ischkitani invece di pronunciare Iskitani. Dovrei dire anch’io – un lieve sorriso incre‑spò le labbra – Ischkitani?”

“Una controversia stravecchia” ‑ replicò l’archivi‑sta.

Dopo uno sguardo alla vicina isola di Procida e al mare, Winckelmann disse: “Secondo la leggenda qui approdò non solo Ulisse, accolto da Nausica, ma anche Enea, il progenitore di Roma. Due tradizioni della storia antica si danno qui la mano”.

L’archivista assentì. “L’isola fu chiamata anche Isola delle Sirene. C’è la designazione di Eea e Ar‑mida. In onore dell’eroe troiano fu chiamata anche Citaréa o Enaria. Per lungo tempo si diceva tra il popolo Isola Vulcano oppure Isola Flegrea.

Ischia, già da molti secoli, anzi da millenni, ha agi‑to sulla fantasia degli uomini. Un buon segno. Da quando esiste il nome di Ischia?”

L’archivista fissò Winckelmann prima di rispon‑dere. “Le opinioni sono divergenti. Forse Ischia non significa altro che ‘insula’, cioè ‘isola’; si potrebbe dedurre il nome anche dal greco e parlare di un’Isola dei pesci. A Lacco Ameno c’è un parroco, lo dovete assolutamente andare a trovare, lui potrebbe inte‑ressarle molto, il quale è dell’opinione che i Greci parlavano di Pithecusa, i Romani di Enaria. L’isola sarebbe bizantina, nel Medio Evo Insula maior e la designazione Ischia sarebbe moderna”.

“L’origine dell’isola potrebbe essere vulcanica?” “Sì. I vulcani, che incussero sempre terrore, ci

furono sempre qui nel Golfo. Le prime eruzioni av‑vennero sotto il mare e col tempo l’isola emerse dal

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ist, dass die Griechen von Pithecusa, die Römer von Aenaria sprachen. Insula wäre byzantinisch, Insula major mittelalterlich und neuzeitlich wäre die Bezeichnung Ischia.” “Der Ursprung der Insel dürfte vulkanisch sein?” “Ja. Die Vulkane, die weithin Schrecken einflös-sten, gab es schon immer hier im Golf. Die ersten Ausbrüche geschahen unter Wasser und mit der Zeit wuchs die Insel aus dem Meer hoch. Die Meer-vergangenheit wird dadurch bewiesen, dass man auf den Bergspitzen die fossilen Reste von Tieren findet, die heute noch im Golf von Neapel leben.” “Auch die Heilquellen Ischias waren schon in der antiken Zeit bekannt. Ein wichtiger Besucher war der syrakusanische Tyrann Hieron, der seine Stadt zum Mittelpunkt des ganzen Mittelmeer-Hellenentums gemacht hatte. An seinem Hof lebten einige Zeit sogar Aeschylos und Pindar.” Sie fanden sich immer mehr im Gespräch, spra-chen über die griechische und römische Kunst, über das antike Kreta, den Santorin.

(...)

Wieder sahen sie Fischer, die ihre Netze flickten. Ischia ist eine Fischerinsel”, erklärte Martignoni. “Die Fischer kennen den Gang der Wellen, den Zug der Fische, das Spiel der Wolken. Sie allein wissen, wie das Wetter wird. Das Klima wird bei uns sehr von den Winden bestimmt. Einmal kommen sie vom Balkan, vom Schwarzen Meer, dann wieder vom Orient und aus Nordafrika. Besonders die alten Fischer sind der Natur sehr verbunden. Sie kennen den Grecoʼ, den Libeccioʼ, den Levanteʼ, die Tramontanaʼ und den Sciroccoʼ, der wegen seiner Einwirkung auf den menschlichen Körper und die menschliche Psyche noch voll von Geheimnissen ist.” “Wir haben bei uns ähnliche klimatische Ein-flüsse, besonders im Süden Deutschlands gibt es den Föhn. Er macht traurig, wirkt also depressiv, belastet den Kreislauf und fördert die Aggression so, dass die Männer in manchen Bergtälern an Föhntagen kein Messer tragen dürfen. “ “Auch der Scirocco ist Bedrohung”, sagte der Archivar. “Was ist das eigentlich immer für eine Schiesse-rei?” fragte Winckelmann. “Gibt es hier Wild, das man jagen kann?” Der Archivar schwieg, betrachtete seine Handfläche, als wolle er die Linien erkunden. “Die Wildkaninchen sind eine Spezialität der Insel. Gar manche Trattoria bietet sie bestens zubereitet an. Aber auch Vögel versteht man gut zuzubereiten.” “Ihr fangt Vögel?” fragte Winckelmann fast erschrocken. “Es ist bestimmt eine jahrtausendealte Tra-dition, dass vom ersten Tag der Karwoche an in Jedem Weinberg, unter jedem Ollvenbaum

mare. Le ricerche dimostrano che sulle cime delle montagne si trovano resti di animali che ancora oggi vivono nel Golfo di Napoli”.

“Anche le sorgenti termali d’Ischia erano note nei tempi passati. Un visitatore importante fu il tiranno siracusano Gerone, il quale aveva reso la sua città il centro di tutto il Mediterraneo e dell’ellenismo. Alla sua corte vissero per un certo tempo persino Eschilo e Pindaro”.

Essi si appassionarono sempre di più al dialogo, parlarono dell’arte greca e romana, dell’antica Cre‑ta, di Santorino.

(...)

Rividero i pescatori che rammendavano le loro reti. “Ischia è un’isola prevalentemente di pescatori ‑ spiegò Martignoni ‑. I pescatori conoscono il moto delle onde, il percorso dei pesci, il gioco delle nuvo‑le. Soltanto loro sanno come sarà il tempo atmosfe‑rico. Da noi il tempo è molto condizionato dai venti. Una volta provengono dai Balcani, dal Mar Nero, oppure da Oriente o dal Nord Africa. Soprattutto i vecchi pescatori sono molto legati alla natura. Essi conoscono il Greco e il Libeccio, il Levante e la Tra‑montana, e lo Scirocco che a causa dei suoi effetti sul corpo e la psiche umana è ancora pieno di misteri”.

“Anche noi abbiamo simili influssi climatici, so‑prattutto a Sud della Germania c’è il Föhn. Esso rende tristi, ha un effetto deprimente, pregiudica la circolazione del sangue e incrementa l’aggressio‑ne al punto tale che in alcune vallate montane nei giorni del Föhn gli uomini non possono avere con sé coltelli”.

“Anche lo scirocco è una minaccia” ‑ disse l’archi‑vista.

“Ma che cosa sono questi colpi di fucile? ‑ doman‑dò Winckelmann ‑; ci sono qui animali selvatici da cacciare?” L’archivista tacque, fissò le palme delle mani come se volesse studiarne le linee. “I conigli selvatici sono una specialità dell’isola. Alcune trat‑torie li cucinano in modo eccellente. Ma vengono serviti anche uccelli”.

“Voi catturate uccelli?” ‑ domandò Winckelmann quasi spaventato.

“È certamente una tradizione millenaria che dal primo giorno della Settimana Santa in ogni vigneto sotto ogni albero di ulivo vengono posti dei lacci con cappio”.

“E questo ogni anno?” ‑ domandò Winckelmann incredulo.

“Sempre lo stesso gioco. Essi vengono in prima‑

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Schlingen ausgelegt werden.” “Und das jedes Jahr?” fragte Winckelmann ungläubig. “Es ist immer das gleiche Spiel. Sie kommen im Frühiahr zu Tausenden und Abertausenden, sie flattern von allen Seiten heran. Warum machen sie hier Rast? Wissen dass hier der Tod in jedem Baum sie immer noch nicht, lauert?” “Die Vögel werden von der langen Reise ermat-tet sein, in dem vielen Grün ein Paradies sehen. Es geht ihnen wie den Menschen”, flüsterte Winckel-mann “auch wir torkeln zwischen Leben und Tod, Gesundheit und Krankheit, Freude und Leid. Das Paradies und die Hölle waren sich immer schon sehr nahe.” “Die Vögel treffen immer kurz vor Sonnenauf-gang ein. Ihr einziger Wunsch ist, nach dem lan-gen Flug über das Meer zu ruhen. Immer kommen sie in riesigen Scharen: Wachteln, Schwalben, Wildtauben, Drosseln, Schnepfen, Lerchen, Nachtigallen, Buchfinken, Rotkehlchen und viele andere.” Er starrte versonnen vor sich hin. “Sie rauschen, wenn sie einfallen.” “Wir sprachen vorher von der Bezeichnung Iskitaner. Ich hörte einmal sogar Isklanerʼ?”

Al Centro di Ricerche Storiche dʼAmbraricordate Le Quattro Giornate di Napoli

Premio Spazio Donna 2004

Il Centro Culturale del Mezzogiorno Presenza organizza la VIII Edizione del Premio Nazionale di Poesia e Narra-tiva Spazio Donna 2004 con lo scopo di porre in rilievo, diffondere e valorizzare le molteplici tematiche del mondo femminile. Il Premio si articola nelle sezioni di Poesia inedita e Poesia edita, Narrativa inedita e Narrativa edita. Una sezione speciale è riservata ad una Lettera d’amore. Per l’invio dei lavori la scadenza è prevista al 30 novembre 2003. Informazioni: Redazione di Presenza, Sez. Concorsi, Via Palma 89, 80040 Striano (NA).

Premio di Poesia e NarrativaEmozioni e Magie del Natale

La Galleria Atelier d’Arte di Roberta Braceschi indice la VI edizione del Premio di Poesia e Narrativa Emozioni e Magie del Natale, sezione Poesia (2 poesie) e Sezione Prosa (2 racconti). Le opere dovranno pervenire entro il 30 ottobre 2003 alla Segreteria: Roberta Braceschi, P.zza Cittadella, 38, 29100 Piacenza. Le opere premiate saranno raccolte in volume e il ricavato delle vendite verrà devoluto al Centro di Riabilitazione “Enrico Manfredini” di Piacenza.

vera a migliaia e migliaia, svolazzano da ogni parte. Perché si fermano qui? Non sanno ancora che qui la morte è in agguato su ogni albero?”

“Gli uccelli sono estenuati dal lungo viaggio, nell’intenso verde vedono un paradiso. A loro suc‑cede ciò che accade anche agli uomini ‑ sussurrò Winckelmann ‑, anche noi barcolliamo tra la vita e la morte, la salute e la malattia, la gioia e il dolore. Il paradiso e l’inferno sono sempre stati connessi l’uno con l’altro”.

“Gli uccelli arrivano sempre un po’ prima dell’al‑ba. Il loro unico desiderio è di riposare oltre il mare dopo il lungo volo. Giungono sempre in stormi gran‑dissimi: quaglie, rondini, colombacci, tordi, beccac‑ce, allodole, usignoli, fringuelli, pettirossi e molti al‑tri”. Lui guardò come trasognato. “Essi producono come un fruscio quando cadono”.

“Prima parlavamo della denominazione Ischitani. Una volta ho sentito persino Isclani”.

d’Ambra (nel decimo anniversario della sua scom‑parsa), che fu uno dei protagonisti delle “quattro giornate” e, soprattutto, uno dei principali organiz‑zatori delle attività precorritrici dell’avvenimento, come la famosa e storica riunione a Napoli a Cap‑pella di Cangiano di tutti i partiti democratici del 20 agosto 1943.

A conclusione delle manifestazioni è stato orga‑nizzato, con la guida dell’Avv. Nino d’Ambra, una visita dei luoghi dove caddero le bombe durante la notte tra l’8 e il 9 settembre del 1943, subito dopo che i Foriani avevano festeggiato con grande gioia la fine della guerra. Il bilancio del tragico evento: tre‑dici morti, mutilati, feriti e tante case distrutte, ma soprattutto un evento (di cui il d’Ambra fu testimone oculare) che segnò la vita di tanti sopravvissuti. Un riverente omaggio è stato portato anche alla lapide dove sono elencati i Foriani caduti in quella tragica notte.

Il Centro di Ricerche Storiche d’Ambra, in occa‑sione del 60° anniversario de LE QUATTRO GIOR‑NATE DI NAPOLI, ha organizzato presso la propria sede in Forio d’Ischia due serate culturali‑rievocative dedicate ad una delle fondamentali radici democra‑tiche della civiltà occidentale.

Domenica 28 settembre 2003 è stato proiettato il primo film girato (tra il 1945 e1946) sulle quattro giornate ‘O Sole mio del regista Giacomo Gentilomo (con Tito Gobbi, Vera Carmi, Adriana Benetti, Ar‑noldo Foà, Carlo Ninchi, Vittorio Caprioli ed altri). Reperto rarissimo.

Mercoledì 1° ottobre 2003 ancora un incontro con il cinema d’essai: proiezione del famoso film di Nan‑ni Loy “Le Quattro Giornate di Napoli” del 1962.

Le due serate sono state dedicate all’avv. Rocco