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IL CONCORDATO DI WORMS E LO SCISMA D’OCCIDENTE

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IL CONCORDATO DI WORMS E LO SCISMA

D’OCCIDENTE

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Il Concordato di Worms

Dopo il ritiro della scomunica Enrico IV sedò le ribellioni dei feudatari e riprese a donare le investiture.

Nel 1080 venne scomunicato nuovamente, ma stavolta attaccò Roma con il suo esercito.

Il Papa dovette rifugiarsi a Castel Sant’Angelo e venne liberato da un suo alleato, Roberto il Guiscardo.

I soldati di Roberto il Guiscardo saccheggiarono Roma e ciò provocò l’ira dei Romani contro il Papa Gregorio VII che fu costretto a lasciare Roma.

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Il Concordato di Worms 2.La lotta per le investiture si placò solo nel 1122 attraverso il Concordato di Worms tra Enrico V e Papa Callisto II

Secondo il Concordato di Worms

L’Imperatore non assegna cariche La Chiesa riconosce che cerimonia di investitura

Politiche ai sudditi l’Imperatore può assegnare e cerimonia

feudi ai vescovi, religiosa distinte

ma non cariche religiose (in Italia prima quella religiosa,

In Germania il

contrario

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La nascita della Chiesa bizantina

Nell’XI secolo, sotto Papa Leone IX, avviene lo scontro tra la Chiesa d’Oriente e la Chiesa d’Occidente.

In Oriente erano i Patriarchi che amministravano le anime dei fedeli ed erano in contrasto con il Papa e i vescovi.

La Chiesa bizantina si rifiutava di riconoscere la superiorità del vescovo di Roma, il Papa.

1054: conferenza a Costantinopoli. Vescovi scomunicarono Michele Cerulario, Patriarca di Costantinopoli. Il Patriarca di Costantinopoli scomunicò il Papa.

Si ebbero così due Chiese cristiane distinte: quella di Roma, cattolica in quanto universale, e quella bizantina, ortodossa in quanto originaria.

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NASCITA DEICOMUNI

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L’EVOLUZIONE DELLA VITA DELLE CITTÀ

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I mercanti-banchieriFigura centrale di quella che è stata definita la “rivoluzione commerciale del Medioevo” è il mercante.

A lui si deve la ripresa dei traffici in Europa, il decollo dell’economia, il rifiorire delle città e il conseguente sviluppo dell’agricoltura e delle attività artigianali.

All’inizio i mercanti erano avventurieri che si aggiravano da soli da una fiera all’altra e da un castello all’altro, sfidando i pericoli di un viaggio per terra o per mare.

Con il secolo XI però le cose cominciano a mutare e i mercanti divengono dei veri e propri operatori economici:

■ leggono

■ scrivono

■ fanno di conto

■ prestano denaro e speculano

■ si organizzano in compagnie con una sede permanente e mandano i propri dipendenti per le piazze d’Europa e nei mercati orientali.

Una vera e propria classe sociale che ha il suo centro nel denaro e nel profitto.

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Le associazioni dei lavoratori

Nell'Europa medievale nascono le corporazioni, associazioni di tutti coloro che in una determinata città esercitavano lo stesso mestiere. Per esempio i mercanti, i banchieri, i notai, i fabbri, i calzolai. Queste corporazioni conobbero il loro maggiore sviluppo tra Duecento e Trecento e andarono declinando e poi scomparendo tra Seicento e Settecento. In Italia, nel Medioevo, queste corporazioni si chiamavamo prevalentemente Arti o Mestieri, nei paesi di lingua germanica Gilde

In origine le corporazioni funzionavano molto semplicemente: gli affiliati di una determinata corporazione si riunivano in gruppo e giuravano di restare uniti per difendere i loro interessi comuni e aiutarsi a vicenda in caso di bisogno. Con il passare del tempo, le arti diventarono un elemento molto importante nella struttura economica, politica e sociale di una città.

Gli statuti delle corporazioni, inoltre, disciplinavano minuziosamente tutto quanto riguardava l'attività del loro settore professionale: stabilivano in piena autonomia i prezzi, i salari e le condizioni di lavoro dei loro sottoposti, ostacolavano la concorrenza e provvedevano anche alla formazione professionale di coloro che intendevano diventare membri di quella corporazione, gli apprendisti.

Tra Duecento e Trecento alcune arti divennero istituzioni molto ricche e potenti che controllavano il governo della città. Possedevano palazzi eleganti su cui era esposto il simbolo della loro corporazione

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I COMUNI

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La nascita del ComuneNell’Italia centro-settentrionale, contestualmente a questi mutamenti socio-economici, l’autorità centrale rappresentata dall’Impero viveva una crisi profonda per due motivi:

1. I contrasti con il papato- I contrasti con il papato per la lotta alle investiture, oltre a minare la legittimità su cui si basava la sua autorità, avevano permesso alle città più importanti di ricevere concessioni e privilegi dall’imperatore o dal papa a seconda di quale parte decidevano di sostenere.

2. Il diritto di successione feudale- Il riconoscimento del diritto di lasciare in eredità il proprio feudo ai figli, avvenuto con l’emanazione della Constitutio de feudis nel 1037, aveva avviato un processo di rafforzamento dei poteri locali a discapito di quello centrale. In questo contesto, sempre più città si dotarono di forme di autogoverno che presero il nome di comune.

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Alla fine del XI secolo la nobiltà urbana di alcune delle città più ricche e floride dell’Italia settentrionale cominciò ad associarsi per garantire ed ampliare i propri privilegi, assumendo funzioni regali come:

■ riscuotere le imposte

■ garantire l’ordine pubblico

■ arruolare milizie

■ battere moneta.

Quando anche i mercanti più ricchi si unirono ai nobili nella gestione dei poteri pubblici nacquero i comuni, vere e proprie istituzioni territoriali riconosciute da tutti gli abitanti della città.

I comuni che via via si costituivano, non si limitavano al governo della città, ma sin dal XII secolo ampliarono l’area di gestione del potere ai territori rurali limitrofi (il contado), soppiantando il sistema feudale.

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Nato nell’Italia settentrionale, il sistema comunale si diffuse in altre zone d’Europa. In Germania e nel nord della Francia nacquero forme di autogoverno cittadino che ottennero il riconoscimento di alcuni poteri pubblici.

Nel complesso, però, queste esperienze di governo comunale non riuscirono a sostituire il sistema feudale nelle campagne e a diventare delle realtà politiche completamente autonome dal potere centrale.

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Il Comune consolareI primi ordinamenti comunali di cui abbiamo notizia diedero vita al cosiddetto comune consolare.

In queste città, gli abitanti più ricchi e influenti si riunivano in delle assemblee non elettive, chiamate “concioni” o “arenghi”, che nominavano dei consoli: magistrati che collegialmente (il numero di consoli poteva andare dal un minimo di due a un massimo di 24) governavano la città per un periodo limitato di tempo, generalmente un anno, per non avere modo di sviluppare un potere personale.

Questi consoli avevano il potere di:

■ riscuotere i tributi;

■ guidare l’esercito cittadino in caso di guerra;

■ far applicare le leggi;

■ battere moneta,

■ ma erano tenuti, quando salivano in carica, a prestare un giuramento in cui si impegnavano ad amministrare la città per il bene di tutta la cittadinanza. Inoltre, a fare da contrappeso al potere consolare,

rimaneva sempre l’assemblea cittadina. Nel comune consolare il potere rimaneva principalmente nelle mani dell’aristocrazia cittadina che egemonizzava sia l’assemblea che le cariche consolari. La forte conflittualità interna del ceto nobiliare e l’emergere di un ceto popolare, composto da ricchi mercanti e grandi artigiani, che con la crescita economica acquisivano un peso sempre maggiore all’interno della città, portò a un cambiamento della forma di governo.

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Il Comune podestarilePer ottenere un governo maggiormente imparziale che garantisse gli interessi anche dei ceti popolari e per porre fine alle lotte intestine al ceto nobiliare, molti comuni italiani iniziarono alla fine del XII secolo a ricorrere a una nuova figura di magistrato: il podestà, che governava da solo per un periodo di tempo limitato che andava dai sei mesi ad un anno.

Il podestà, inizialmente scelto tra i cittadini, venne poi scelto preferibilmente da città straniere, in modo che potesse assicurare un’imparzialità e un disinteresse ancora maggiore. Il podestà era un vero e proprio professionista della politica, esperto sia in ambito amministrativo che militare che spesso si spostava da un comune all’altro portando con sé una squadra di governo composta da notai, giuristi, giudici, segretari e uomini d’arme.

Il periodo podestarile rappresentò un momento di forte crescita economica e politica delle città, in cui il ceto popolare riuscì a conquistare uno spazio politico che prima gli era precluso. Non bisogna dimenticare, però, che quando si parla di ceto popolare, si fa riferimento solo alla parte più ricca della borghesia commerciale, e che i piccoli artigiani, così come i lavoratori salariati, continuavano ad essere esclusi totalmente dalla partecipazione al governo della città.

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I conflitti all’interno dei Comuni

All’interno dei comuni durante il XIII secolo si assiste a una complessa stratificazione sociale, in cui si possono identificare tre classi:

■ Un’aristocrazia inizialmente composta dalla piccola nobiltà feudale alla quale sia andarono ad aggiungere i grandi feudatari.

■ Un popolo grasso, composto dai grandi mercanti e dai banchieri che avevano accumulato grandi ricchezze e prestigio sociale.

■ Un popolo minuto, composto da artigiani e lavoratori salariati e contadini che risiedevano all’interno delle mura cittadine.

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Guelfi e GhibelliniA complicare ulteriormente il quadro politico, intervenne la lotta tra Papato e Impero che fin dal XI secolo erano in conflitto per affermare la propria supremazia sull’altro. In questo contesto anche le fazioni all’interno dei comuni si connotarono politicamente in questo quadro più ampio, dividendosi in:

■ guelfi, che sostenevano il papa

■ ghibellini, che invece prendevano le parti dell’imperatore.