G Grollo 09 Ontologia Beitraege Di Heidegger

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Sebastiano Galanti Grollo L‟ONTOLOGIA NEI BEITRÄGE ZUR PHILOSOPHIE DI HEIDEGGER www.giornaledifilososofia.net / Giugno 2009

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Grollo, l'Ontologia nei Beitraege zur Philosophie di M. Heidegger

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  • Sebastiano Galanti Grollo

    LONTOLOGIA NEI BEITRGE ZUR PHILOSOPHIE DI HEIDEGGER

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  • Speciale Ontologie www.giornaledifilosofia.net Giugno 2009

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    LONTOLOGIA NEI BEITRGE ZUR PHILOSOPHIE DI HEIDEGGER

    di Sebastiano Galanti Grollo

    Abstrract - Nei Beitrge zur Philosophie Heidegger affronta la questione dellessere in modo radicalmente diverso rispetto a Sein und Zeit, mettendo in discussione la domanda

    guida della metafisica che cos lente? , rivolta allenticit in quanto presenza stabile. Al fine di congedarsi dalla concezione moderna del pensiero come rappresentazione

    necessario un altro inizio, che consenta di passare dalla domanda dellente alla domanda fondamentale, rivolta allessere che si sottrae nellevento. Heidegger tenta un doppio ol-trepassamento dellontologia e della metafisica , delineando un pensiero della ritrazione in cui persino il concetto di differenza ontologica risulta inadeguato.

    Nellintero corso del suo svolgimento il pensiero di Martin Heidegger si come rac-colto intorno a un unico snodo essenziale, rappresentato dalla questione dellessere. Perlome-no a partire da Essere e tempo ma alcune indicazioni erano presenti anche nei precedenti corsi universitari, volti allelaborazione di unermeneutica della fatticit , la domanda sullessere ha dato luogo a una serie di riflessioni estremamente ricche, la cui fecondit si mostrata nei riverberi che essa ha avuto in seguito, e che ha tuttora, nel pensiero filosofico.

    Tuttavia, la collocazione di tali riflessioni nellambito dellontologia senza dubbio proble-matica, e deve tenere conto anzitutto delle diverse accezioni del termine, che pu indicare tra

    laltro sia lontologia formale, rivolta allessere in quanto essere (o meglio, allente in quanto ente, come diremo subito), sia lontologia materiale, riferita a un ambito specifico della realt per tacere dellontological turn di cui si parla negli ultimi anni. Heidegger mira infatti ad affrancarsi dallimpostazione ontologica, a partire da quella di origine aristotelica, che gi in Essere e tempo ritiene assolutamente inadeguata a cogliere lessere dellente ch di questo essere si parla nellontologia fondamentale sviluppata nellopera del 27, oltre che del modo di essere dellesserci (Dasein). Di qui il tentativo di oltrepassamento di ogni for-ma di ontologia, che tuttavia nei Beitrge zur Philosophie (Vom Ereignis)

    1, risalenti agli anni

    1 Cfr. M. Heidegger, Beitrge zur Philosophie (Vom Ereignis), hrsg. von F.-W. von Herrmann, Gesamtausgabe

    Bd. 65, Klostermann, Frankfurt a.M., 1989; Contributi alla filosofia (Dallevento), a cura di F. Volpi, trad. it. di A. Iadicicco, Adelphi, Milano, 2007. Nel seguito i testi pubblicati nellambito della Gesamtausgabe saranno in-dicati con la sigla GA seguita dal numero del volume. Nelle citazioni mi sono talora discostato dalle traduzioni

    italiane, delle quali indico comunque il corrispondente numero di pagina. F.-W. Von Herrmann, Wege ins Ereig-

    nis. Zu Heideggers Beitrgen zur Philosophie, Klostermann, Frankfurt a.M., 1994, p. 6, ritiene che i Beitrge

    rappresentino la seconda opera principale di Heidegger. Cfr. anche O. Pggeler, Neue Wege mit Heidegger,

    Alber, Freiburg-Mnchen, 1992, p. 317. Per un parere contrario cfr. J.-F. Courtine, Les traces et le passage du

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    1936-38, viene diversamente motivato, in ragione del mutamento radicale che ha subito la

    stessa concezione dellessere. A tale proposito, occorre ricordare che la parte edita di Essere e tempo si interrompe

    nel momento in cui si sarebbe dovuto operare il passaggio dallanalitica esistenziale alla temporalit (Temporalitt) dellessere; in seguito a tale interruzione Heidegger prende conge-do dal precedente privilegiamento dellesserci e della comprensione dellessere, rivolgen-dosi ora allessere stesso nel suo carattere di evento, senza pi persistere nel tentativo, iniziato nel Kantbuch del 29 e subito interrotto, di fondare una metafisica dellesserci di impianto trascendentale. nella Lettera sullumanismo che Heidegger enuncia i motivi del fallimen-to della sua precedente impostazione, affermando che la prevista sezione di Essere e tempo

    intitolata Tempo ed essere non fu pubblicata perch il pensiero non riusciva a dire in modo

    adeguato questa svolta e non ne veniva a capo con laiuto del linguaggio della metafisica2. La denuncia dellinadeguatezza del linguaggio nel quale la filosofia stata sino a quel mo-mento espressa induce Heidegger a tentare una diversa modalit di pensiero e di scrittura, che

    si incarna in particolare nelle pagine dei Beitrge, caratterizzate da uno stile aforistico e da un

    lessico idiosincratico. Di questo tentativo heideggeriano e del conseguente congedo

    dallontologia ma non dalla domanda sullessere dovremo parlare nel seguito, affrontando in primo luogo la critica di Heidegger allontologia e alla metafisica, e in secondo luogo sof-fermandoci sul concetto di differenza ontologica e sul tema dellevento dellessere.

    1. Ontologia e metafisica: il doppio oltrepassamento

    A dispetto di quanto appena detto, Heidegger si quasi sempre mostrato riluttante ad

    ammettere i mutamenti intervenuti nel proprio percorso filosofico, ponendo invece laccento su una pretesa continuit di pensiero, che daterebbe almeno da Essere e tempo. Ci accade

    anche nei Beitrge, in cui si dice che la domanda sul senso, cio secondo la delucidazione fornita in Essere e tempo () la domanda della verit dellEssere, e rimane la mia doman-da, ed la mia unica domanda, perch appunto riguarda ci che pi di tutto unico; in real-

    t, il passaggio dal senso alla verit dellessere non meramente terminologico, ch anzi prefigura un compito nuovo, la restituzione dellente partendo dalla verit dellEssere3. Non si tratta pi di interrogare lente riguardo al suo modo di essere, ma di muovere dalla verit dellessere espressione che andr chiarita in seguito al fine di restituire lente alla sua provenienza, che Heidegger ritiene sia caduta nelloblio.

    La domanda sulla verit dellessere, che Heidegger chiama domanda fondamentale, si contrappone a quellunica domanda che avrebbe dominato lintera storia della metafisica, ovvero la domanda sullente, la domanda guida. Questultima funge da guida in un senso preciso, poich conduce la riflessione esclusivamente in direzione dellente. Heidegger ritiene infatti che sin dalla grecit la domanda filosofica sia stata rivolta soltanto allente inteso come ci che si mostra da s, entrando cos in un ambito di manifestativit; tuttavia, questa conside-

    Dieu dans les Beitrge zur Philosophie de Martin Heidegger, in Archivio di filosofia, LXII (1994) 1-3, pp.

    519-538, p. 522. 2 M. Heidegger, Wegmarken, hrsg. von F.-W. von Herrmann, Gesamtausgabe Bd. 9, Klostermann, Frankfurt

    a.M., 1976, p. 327; Segnavia, a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano, 19943, p. 281. 3 GA 65, pp. 10 sg.; trad. it. p. 40. Cfr. R. Thurnher, Der Blick zurck auf Sein und Zeit in den Beitrgen und in

    Besinnung, in D. Barbari (hrsg. von), Das Sptwerk Heideggers. Ereignis Sage Geviert, Knigshausen & Neumann, Wrzburg, 2007, pp. 73-94. Nelle citazioni il termine Seyn tradotto con Essere (maiuscolo) ma su questa grafia dovremo tornare.

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    razione esclusiva per lente elude totalmente la questione circa la provenienza di tale manife-stativit, che invece va pensata in termini di sottrazione dellessere, la quale consente allente di svelarsi come diremo meglio pi avanti. Al contrario, la domanda sul modo di es-sere dellente, posta in Essere e tempo, non esce affatto dallinterrogazione metafisica di ma-trice aristotelica:

    se si domanda dellente in quanto ente (o!n h|/ o!n) e dunque () dellessere dellente, al-

    lora colui che domanda sta nellambito della domanda dalla quale fu guidato linizio della filosofia occidentale e la sua storia (). Chiamiamo perci questa domanda sullessere (dellente) la domanda guida. Nella sua forma pi generale stata formulata da Aristote-le: tiv toV o!n; che cos lente, cio, per lui, che cos lou*siva in quanto enticit dellente?

    Essere significa qui enticit (Seiendheit) (); lo si continua a intendere lessere (in quan-to enticit) sempre e soltanto come il koinovn, ci che comune, dunque come ci che

    tutti gli enti hanno in comune.4

    La domanda guida della metafisica quindi tiv toV o!n; che cos ci che ? ,

    rivolta a quella che Heidegger chiama lenticit dellente, concepita come luniversale, co-me ci che comune (il koinovn) alla molteplicit degli enti. In altri termini, tale domanda in-

    terroga lente in ordine allenticit intesa come ci che accomuna gli enti nelluniversale (ka-

    qovlou), ovvero la loro presenza stabile lou*siva indica appunto ci che permane. Quel che

    conta soltanto la presenza, la sostanzialit dellente, mentre si tralascia completamente il ve-nire alla presenza che la istituisce, cio la provenienza dellente medesimo. Per questo Hei-degger nega che si possa considerare lente nella sua esistenza separata, senza tenere in debito conto il sottrarsi dellessere il quale non affatto il risultato di unipostatizzazione, com invece il Dio metafisico che possiede pienamente lessere e ne fa dono allens creatum.

    La domanda fondamentale a cui Heidegger si affida nei Beitrge rivolta allessere nel suo dispiegarsi essenziale, ovvero nel suo essenziarsi (Wesung) termine su cui ci sof-fermeremo in seguito. Si ha qui una discontinuit rispetto allinterrogazione metafisica, poi-ch

    limpostazione della domanda non prende le mosse dallente (). E nella misura in cui lEssere esperito come fondamento dellente, la domanda cos posta sullessenziarsi dellEssere la domanda fondamentale. Dalla domanda guida alla domanda fondamenta-le non c mai un procedere immediato (), bens solo un salto, cio la necessariet di un altro inizio. () Essere e tempo () sta gi propriamente nella domanda fondamentale, senza svilupparla partendo puramente da se stessa in modo iniziale.5

    La diversa posizione della domanda comporta una differenza radicale nella risposta,

    poich per la domanda guida la risposta lessere dellente, la determinazione dellenticit (cio lindicazione delle categorie per lou*siva). () Per la domanda fondamentale, invece,

    lessere non una risposta (), ma ci che pi di tutto degno di domanda6. La domanda guida si limita a interrogare lente riguardo al suo modo di essere, il che si traduce nella ricer-ca delle propriet ascrivibili alla sostanza, che permane stabilmente. Daltronde, Heidegger sostiene che tutto ci che categoriale e ontologico cade dalla parte dellenticit7.

    4 Ivi, p. 75; trad. it. p. 98. 5 Ivi, pp. 75 sg.; trad. it. pp. 98 sg.. 6 Ibidem. 7 Ivi, p. 287; trad. it. p. 288.

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    Persino le categorie modali sono mere categorie dellente, al pari del concetto di movimento, il quale resta sempre riferito allo!n in quanto ou*siva8; la metafisica della sostanza concepi-

    sce infatti il movimento (qualunque genere di movimento) come un attributo di ci che per-

    mane. Al contrario, la domanda fondamentale della quale, a dispetto di quanto affermato da Heidegger, non si trova traccia in Essere e tempo non mira affatto allaccertamento di pro-priet, ma tenta un altro inizio, cio una diversa storia, non pi obliterata dal primo inizio, nel

    quale al modo di darsi dellessere come enticit corrisponde il pensiero che lo coglie esclu-sivamente in questa forma.

    noto che secondo Heidegger lessere stato inteso sin dallinizio della filosofia, nel-le sue origini greche, in base a una precisa concezione del tempo, la quale ha privilegiato uni-

    lateralmente il presente della presenza. La metafisica della presenza ha concepito lessere in base alloujsiva intesa come permanenza, senza avvertire che la presenza possiede eviden-

    temente un significato temporale; di conseguenza, allinizio della filosofia occidentale, la prospettiva che guida lapertura dellessere il tempo, ma in modo che questa prospettiva come tale rimaneva e doveva rimanere ancora velata

    9. Ci significa che il tempo

    limpensato della metafisica, le cui categorie di pensiero si basano sulla preminenza accordata alla presenza e alla stabilit dellente dove il presente misura dellenticit.

    Nei Beitrge vi sono dei passi in cui si legge che nel concetto greco di fuvsi", che in-

    dica il sorgere dellente, il suo irrompere nella presenza, come celato in ci che sin da subito si impone, ovvero lidea dello stare nella presenza lessere in quanto oujsiva, cio come

    permanenza nel tempo. Se da un lato Heidegger sostiene che lenticit in quanto presenza stabile (bestndige Anwesenheit) ancora velata nella fuvsi" in quanto schiudersi dominan-

    te10, dallaltro egli denuncia il fatto che la filosofia si subito rivolta esclusivamente a ci

    che permane. Inoltre, la concezione dellessere come enticit si pone in contrasto con la posi-zione aristotelica secondo cui lessere non concepibile come un genere:

    nella fuvsi" insito che, per il rappresentare pi generale (il pensiero), lessere ci che

    pi di tutto presente nel modo pi stabile (); questo presente di tutto ci che presente (presente l davanti) diventa ci che pi universale e, nonostante lobiezione di Aristote-le, il quale nega che esso sia un gevno", diventa ci che pi di tutto generale.11

    A dispetto del divieto aristotelico, lessere stato pensato proprio in termini di genere, ci che Heidegger contesta laddove dichiara che lEssere non () la propriet pi generale e dunque la determinazione pi vuota dellente, come se noi conoscessimo lente e doves-simo soltanto astrarne quel generale. LEssere non neppure quellente sommo che ha cau-sato tutto il resto

    12, cio il Dio della metafisica che ha creato il mondo ex nihilo.

    Nel concetto greco di fuvsi" lelemento della provenienza si come sottratto, rima-

    nendo non indagato e lasciando cos in piena luce soltanto lente che sta nella presenza. Pur trattandosi di un esito in qualche modo necessitato da questa configurazione del presentarsi dellente, Heidegger ritiene che il principale responsabile di tale occultamento dellessere in

    8 Ivi, p. 280; trad. it. p. 281. 9 M. Heidegger, Einfhrung in die Metaphysik, Sommersemester 1935, hrsg. von P. Jaeger, Gesamtausgabe Bd.

    40, Klostermann, Frankfurt a.M., 1983, p. 215; Introduzione alla metafisica, present. di G. Vattimo, trad. it. di

    G. Masi, Mursia, Milano, 1968, p. 210. 10 GA 65, p. 195; trad. it. p. 205. 11 Ivi, p. 469; trad. it. p. 453. 12 Ivi, p. 235; trad. it. pp. 240 sg.

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    ci che permane stabilmente sia stato Platone, che concepisce lente come idea nel senso di ci che visibile allo sguardo (del pensiero):

    secondo linterpretazione platonica dellente in quanto tale come ei^do" i*deva e di questa

    come koinovn, lessere dellente si trasforma in generale nel koinovn. Il fatto di essere ci

    che pi di tutto generale diventa la determinazione essenziale dellessere stesso. La domanda sul tiv e*stin sempre la domanda sul koinovn (). Gli ambiti principali

    dellente sono appunto soltanto specialia della generalit dellente, cio dellessere. E co-s il carattere della domanda guida si riflette nella distinzione tra metaphysica generalis e

    metaphysica specialis.13

    La concezione dellenticit come ci che comune (il koinovn) sta alla base della stes-

    sa distinzione tra linterrogazione rivolta allente in quanto ente e quella che si riferisce ai di-versi ambiti dellente ci che tradizionalmente va sotto il nome di metafisica speciale. Quanto allei\do", esso indica la visibilit dellente, il suo aspetto, che tuttavia non va inteso

    alla luce dalla concezione moderna del pensiero come rappresentazione, come se lente fosse loggetto del rappresentare soggettivo. Al contrario, Heidegger sostiene che il concetto delli*deva (ei^do") laspetto di qualcosa, ci secondo cui qualcosa si d, per cui esso non

    significa affatto ci che nel rappresentare rap-presentato, n vuole indicare il riferimento

    al soggetto, bens il presentarsi (Anwesung), il comparire della vista nellaspetto, e preci-samente come ci che, presentandosi, d al tempo stesso sussistenza. () Lente essente nella presenza stabile, i*deva, ci che visto nel suo esser-visto (a*lhvqeia)14. Il presentarsi

    dellente si trasforma subito nel suo essere sussistente, cio nel suo permanere disvelato, che Heidegger esprime facendo ricorso al termine greco a*lhvqeia, nel significato di non na-

    scondimento, svelatezza. In questo modo, lei\do" viene sottratto al sopraggiungere e al di-

    leguare, s che lidea esprime ci che pienamente essente, lo!ntw" o!n, lassolutamente pre-

    sente. Ne consegue la tesi heideggeriana secondo la quale lajlhvqeia cade sotto il giogo

    dellijdeva15, per cui la verit come svelatezza non pi il tratto fondamentale dellessere

    stesso, ma, divenuta correttezza per essere stata soggiogata allidea, dora in poi il tratto di-stintivo della conoscenza dellente16.

    Prima ancora della distinzione moderna tra soggetto e oggetto e quindi della concezio-

    ne del reale in quanto disponibile per il soggetto stesso, lelemento della visibilit, connesso allorgano che fondamentale in prospettiva epistemica, cio lo sguardo il vedere (la qe-

    wriva) , ad assumere un ruolo dominante, nella misura in cui si rivolge allelemento che

    comune agli enti, a ci che d loro unit. In questa prospettiva, lijdeva luno che unifica e

    perci o!n, ente = unificante; e in conseguenza di ci li*deva () il koinovn (), enticit, la

    quale si caratterizza come ci che pi essente, lo!ntw" o!n17. Lenticit luno (eJvn) che

    13 Ivi, p. 206; trad. it. p. 215. 14 Ivi, pp. 208 sg.; trad. it. p. 217. 15 GA 9, p. 230; trad. it. p. 185. 16 Ivi, p. 234; trad. it. p. 188. Nello scritto del 1964 intitolato La fine della filosofia e il compito del pensiero

    Heidegger sembra ritrattare questa tesi, forse in seguito alle critiche avanzate da Friedlnder: si deve riconosce-

    re che lajlhvqeia, la svelatezza () stata esperita immediatamente e soltanto come ojrqovth", come correttezza

    del rappresentare e dellasserire. Ma allora anche laffermazione di un mutamento essenziale della verit, e cio dalla svelatezza alla correttezza, non pi sostenibile (M. Heidegger, Zur Sache des Denkens, Niemeyer, T-

    bingen, 1969, p. 78; Tempo ed essere, a cura di E. Mazzarella, Guida, Napoli, 1998, pp. 189 sg.). 17 GA 65, p. 209; trad. it. p. 217. Un tempo lenticit si trasform in ci che pi di tutto essente (o!ntw" o!n), e

    () lEssere si trasform nellessenza del Dio stesso, concepito come la causa che produce tutto lente (la fonte

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    unificante e quindi essente (o!n), cio il koinovn che raccoglie lente configurandosi come il

    massimamente essente, il quale possiede lessere nel grado pi elevato possibile, tanto da i-dentificarsi con esso.

    Queste considerazioni ci portano ad affrontare la posizione che Heidegger prende e-

    spressamente nei Beitrge riguardo allontologia, che si pu compendiare nella necessit di congedarsi da ogni forma di ontologia, persino dallontologia fondamentale di Essere e tempo la quale rappresenta senza dubbio un passaggio ineludibile, che tuttavia devessere attraversato nella direzione dellaltro inizio. Ne consegue che

    un mero rifiuto dellontologia che non la oltrepassi dalla sua origine non ottiene nulla (); si deve mostrare perch allinterno della storia della domanda guida essa sia diven-tata necessaria (dominio del platonismo). Viceversa, dunque, un oltrepassamento (ber-

    windung) dellontologia richiede prima lo sviluppo dellontologia stessa in base alla sua origine (). Poich ogni ontologia () domanda dellente in quanto ente, e solo ed e-sclusivamente in questa prospettiva domanda anche dellessere, essa si spinge nellambito della domanda fondamentale: come si essenzia (west) lessere? () senza avere alcun sentore di questa domanda fondamentale come tale.18

    Lontologia, comunque intesa, si occupa esclusivamente dellente in quanto tale, il cui essere eventualmente concepito come unaggiunta, ovvero come lelemento comune a tutto ci che . In questo senso, lorigine dellontologia (ci da cui essa origina) data per lappunto dallente, tanto che solo attraverso un rivolgimento va detto, anche rispetto a Es-sere e tempo possibile avvertire la necessit di interrogarsi circa lessere e il suo dispiegar-si essenziale. Daltro canto, il perseverare nellinterrogazione rivolta allente conduce inelut-tabilmente a quellente supremo a cui gi abbiamo fatto cenno, tanto che con lo sviluppo dellontologia in onto-teologia () suggellata la definitiva rimozione della domanda fon-damentale e della sua necessariet

    19. In questo percorso la distanza rispetto al sussistere del

    singolo ente si fa abissale, tanto da indurre lente sommo a porsi al di l dellenticit, cio dellessere stesso in quanto oujsiva dove tuttavia la questione dellaldil dellessere o

    dellessenza pur sempre formulata muovendo dallente. Heidegger costretto a riconoscere che le*pevkeina th'" ou*siva" () ha il carattere dello qei'on e dello qeov" (). La domanda

    sullente in quanto tale (), lontologia, perci necessariamente teo-logia20. Lesito a cui conduce infine la domanda guida e quindi lontologia ogni ontologia, a

    parere di Heidegger , cio la rappresentazione dellente nel pensiero, starebbe cos intera-mente sotto il segno del platonismo, inteso in modo unilaterale come il concetto di quella

    domanda sullessere che domanda dellenticit dellente e che pone lessere cos concepito in

    dellessere e perci necessariamente lo stesso Essere sommo, il pi essente) (ivi, p. 243; trad. it. p. 248). interessante notare che le determinazioni metafisiche di Dio come lente sommo, come fondamento e causa prima dellente, come lin-condizionato, lin-finito, lassoluto () non scaturiscono dal carattere divino del Dio, bens dallessenza dellente come tale (ivi, p. 438; trad. it. p. 426). In questo senso, lontologia determina anche la natura del Dio metafisico. 18 Ivi, pp. 205 sg.; trad. it. pp. 213 sg., ultimo corsivo nostro. 19 Ibidem. 20 Ivi, p. 211; trad. it. p. 219. A tale riguardo, nellintroduzione a Che cos metafisica? si parla dellessenza onto-teologica della filosofia, la quale si occupa sia dellente in quanto tale sia dellente sommo, del Dio della teologia. Infatti, la metafisica rappresenta lenticit dellente in due modi: da un lato la totalit dellente come tale nel senso dei suoi tratti universali (ojVn kaqovlou, koinovn); dallaltro la totalit dellente come tale nel senso

    dellente sommo e quindi divino (GA 9, pp. 378 sg.; trad. it. p. 330).

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    riferimento al rap-presentare (Vor-stellen) (pensiero)21

    . In una rara pagina in cui distingue tra

    ontologia e metafisica Heidegger sostiene che nellambito dellaltro inizio non ci sono n ontologia n metafisica. Non c ontologia perch la domanda guida non pi il cano-ne n il perimetro della domanda. Non c metafisica perch non si parte affatto dallente in quanto l presente (Vorhandenes)

    22. Nellaltro inizio del pensiero vi quindi un doppio ol-

    trepassamento, dato che a quello dellontologia di cui abbiamo detto in precedenza si ac-compagna quello della metafisica, costituito dal passaggio alla domanda fondamentale, la

    quale, pur presentandosi ancora nella veste di una domanda sullessenza, mossa da unistanza completamente diversa, che intende salvaguardare lalterit dellessere nei con-fronti degli enti. In questo senso, lingresso nellaltro inizio

    si compie nel passaggio dalla domanda guida (che cos lente?, domanda sullenticit, essere) alla domanda fondamentale: che cos la verit dellEssere? (essere [Sein] ed Es-sere [Seyn] sono lo stesso eppure fondamentalmente diversi). Questo passaggio, inteso

    storicamente, loltrepassamento () di ogni metafisica.23

    Come diremo meglio in seguito, il termine Sein designa lessere dellente, che la meta-fisica ha determinato come enticit, mentre Seyn esprime lessere che si dispiega nella sottra-zione, lasciando spazio allente. I Beitrge sono il primo scritto heideggeriano in cui la meta-fisica oggetto di oltrepassamento, dato che essa rappresenta unimpostazione che devessere s attraversata, ma per potersene infine affrancare.

    Quel che muta nel passaggio alla domanda fondamentale il fatto che il pensiero

    chiamato a rivolgersi verso ci da cui si distaccato a seguito dellattenzione esclusiva rivol-ta allente manifesto, il quale non pi in grado di fungere da guida; per questo motivo, lessere non pu pi essere pensato a partire dallente, ma devessere colto con il pensiero a partire da se stesso

    24. Al contrario, linterrogazione metafisica ritiene che si possa trovare lessere presso lente, e in modo tale che il pensiero vada oltre lente25, s che lessere sareb-be soltanto un elemento aggiuntivo, al quale si giunge in un secondo momento a partire dalla

    presenza dellente. In realt, il termine metafisica serve a Heidegger per caratterizzare lintera storia della filosofia fino a oggi, la quale prende lente, nel senso di ci che l pre-sente e sussistente, come punto di partenza e come meta per lascesa verso lessere (). La meta-fisica la giustificazione della fisica dellente attraverso la fuga costante dallEssere26. La metafisica si sarebbe dunque accostata allente in una prospettiva mera-

    21 Ivi, p. 216; trad. it. p. 223. Le diverse ontologie sarebbero soltanto le estreme propaggini e conseguenze del

    platonismo nel presente (ivi, p. 218; trad. it. p. 225). 22 Ivi, p. 59; trad. it. p. 83. In un altro passo egli precisa che la metafisica il trascendimento dellente in dire-zione dellenticit (idea) (ivi, p. 172; trad. it. p. 184). 23 Ivi, p. 171; trad. it. p. 183. 24 Ivi, p. 7; trad. it. p. 37. Ne deriva una differenza metodologica rispetto a Essere e tempo, in cui Heidegger segue il filo conduttore dellente che si presenta nel mondo perch lesserci nella sua quotidianit () si rap-porta al mondo in un modo di essere predominante. Innanzitutto e per lo pi lesserci assorbito dal suo mondo (M. Heidegger, Sein und Zeit, Niemeyer, Tbingen, 199317, p. 113; Essere e tempo, trad. it. di P. Chiodi, Longa-

    nesi, Milano, 199511, p. 148). Cfr. anche ivi, p. 64; trad. it. p. 89. Su questo si veda J. Greisch, Ontologie et tem-

    poralit. Esquisse dune interprtation intgrale de Sein und Zeit, PUF, Paris, 1994, pp. 121 sg. 25 Ivi, p. 170; trad. it. p. 182. 26 Ivi, p. 423; trad. it. p. 413. Infatti, gi nella preminenza della domanda sullente in quanto tale lessere stesso rimane assente e, rimanendo assente, lascia il pensiero della metafisica al suo modo di lasciar fuori questo rima-

    nere assente come tale (M. Heidegger, Nietzsche II, hrsg. von B. Schillbach, Gesamtausgabe Bd. 6.2,

    Klostermann, Frankfurt a.M., 1997, p. 326; Nietzsche, a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano, 19952, pp. 541-939,

    p. 831).

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    mente fisica, la quale avrebbe causato la perdita dellessere e la sua sostituzione con lenticit, meta di unascesa che parte sempre e comunque dallente. Il privilegio accordato allenticit permane anche quando, nellambito del pensiero moderno, essa si trasforma in a priori. Tutto ci rientra in una considerazione pi generale che ha per oggetto la filosofia in

    quanto domanda sullessere, della quale si possono dare due diverse interpretazioni, corri-spondenti al primo e allaltro inizio:

    il domandare dellessere dapprima, e attraverso la lunga storia compresa tra Anassi-mandro e Nietzsche, solo la domanda dellessere dellente. () Lenticit risulta () come unaggiunta allente (); lenticit, come ci che pi stabilmente presente in tutto lente, il pi essente e quindi ci che di volta in volta prima rispetto a ogni singolo en-te determinato. Non appena lenticit concepita come oggetto del rappresentare, e il rap-presentare (Vor-stellen) diventa il porre di fronte a s rispetto al soggetto, allessere che sta prima assegnato un ordine diverso ed esso diventa la priori nellordine del rap-presentare. () Ma da Descartes in poi la priori non soggettivo, bens appunto og-gettivo, loggettivit delloggetto che portante nel rap-presentare e per colui che rap-presenta.27

    Nellambito del primo inizio, la domanda guida ha condotto la filosofia a concepire lessere, in quanto essere dellente, come una mera aggiunta28 rispetto ad esso, ovvero co-me enticit, che il pensiero rappresentativo arriva infine a intendere come oggetto posto di

    contro al soggetto. Nella concezione cartesiana la priori non affatto soggettivo perch indica loggettivit delloggetto allinterno della relazione soggetto-oggetto, ed questultima che costituisce la struttura del soggetto. Heidegger sostiene infatti che in Descartes vi una

    struttura unitaria del rappresentare, che non prevede la preesistenza separata di chi rappresen-

    ta e del rappresentato: ogni ego cogito cogito me cogitare; ogni io rappresento qualcosa rappresenta al tempo stesso me, cio colui che rappresenta29. Soggetto dunque in pri-mo luogo la struttura del rappresentare e solo secondariamente, allinterno di questa, lio che rappresenta e che in essa pure rappresentato.

    Nel corso successivo del pensiero filosofico Heidegger non individua affatto delle ce-

    sure significative, tali da mettere in discussione la semplice unitariet dellintera storia del domandare dellessere, cio della storia della metafisica, che pensa lessere come essere dellente, a partire da questultimo e avendo questultimo di mira; a suo parere, limporsi e il dominare dellente si mostra nel modo pi chiaro in Kant, nel cui pensiero lenticit in quanto condizione di possibilit delloggetto dellesperienza e lesperienza stessa sono a lo-ro volta condizionate dal primato dellente nella determinazione del criterio di ci che deve valere come essere

    30. loggettualit delloggetto, cio lo stare in quanto oggetto di fronte al soggetto, che decide ci che realmente . Nemmeno lidealismo hegeliano, che pure sembra

    27 Ivi, pp. 424 sg.; trad. it. pp. 414 sg. 28 Heidegger ritiene che persino in Essere e tempo lessere sia stato pensato nei termini suddetti: cogliamo ci che ontologico quale condizione dellontico, ma solo come unaggiunta che gli viene assegnata (ivi, p. 450; trad. it. p. 437). Altrove, egli ammette retrospettivamente che anche adottando il concetto di differenza on-

    tologica lessere (in senso lato), in quanto enticit, stabilito al di sopra dellente (M. Heidegger, Hegel. 1. Die Negativitt. Eine Auseinandersetzung mit Hegel aus dem Ansatz in der Negativitt (1938/39, 1941). 2. Er-

    luterung der Einleitung zu Hegels Phnomenologie des Geistes (1942), hrsg. von I. Schler, Gesamtaus-

    gabe Bd. 68, Klostermann, Frankfurt a.M., 1993, p. 21). Sulla differenza ontologica dovremo tornare. 29 GA 6.2, p. 135; trad. it. p. 661. Su questo cfr. S. Galanti Grollo, Mente e corpo in Heidegger: i Seminari di

    Zollikon, in M. Giannasi, F.G. Masi (a cura di), Il problema mente-corpo. Genealogia, modelli, prospettive di ricerca, Mimesis, Milano, 2008, pp. 159-187, pp. 167 sg. 30 GA 65, p. 426; trad. it. pp. 415 sg.

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    lasciarsi alle spalle il predominio dellente dal momento che lenticit trova fondamento nel soggetto assoluto , fuoriesce da questa prospettiva, ch anzi esso non rappresenta altro che una variazione della presenza stabile che si trasforma nella rap-presentatezza davanti al sog-

    getto31

    . Heidegger suggerisce che linterpretazione della domanda sullessere data nel primo inizio pu essere riassunta nella locuzione essere e pensiero

    32, da intendersi nel senso

    dellessere come pensiero, poich lessere stato per lappunto ricondotto alle categorie del pensiero. Ci significa che il reale non pu costituirsi se non nellosservanza delle leggi del pensiero rappresentativo il che evidente specie nellimpianto trascendentale kantiano.

    A fronte di tale impostazione, che secondo Heidegger permane inalterata nei suoi tratti

    essenziali nellintera storia della filosofia, il pensiero dellaltro inizio comporta un radicale mutamento dellinterrogazione, che ora si rivolge allessere non pi allessere dellente n a partire da questultimo, ma come necessitato dallessere stesso. Tuttavia, il rapporto con la storia della metafisica tuttaltro che semplice, dato che non si traduce in un taglio netto ri-spetto al passato, dimentico di ci che gi stato pensato. Prendere congedo dalla metafisica

    significa infatti sottostare a una costrizione che scaturisce da una necessit del tutto diversa,

    la quale per un effetto della storia della metafisica; per questo, nel passaggio dalla do-

    manda metafisica dellessere a quella futura si deve sempre pensare e domandare in modo transitorio. () Il pensiero transitorio (bergnglich) () deve spesso procedere ancora lun-go il tracciato del pensiero metafisico e tuttavia sapere sempre ci che altro

    33. Il pensiero

    transitorio altro nome che Heidegger d al pensiero espresso nei Beitrge si trova in una situazione ambigua, nel senso che deve porre la domanda sullessere avendo memoria di ci che dellessere stato detto muovendo dallente. In tale prospettiva, lontologia fondamenta-le di Essere e tempo indica soltanto il passaggio dalla fine del primo inizio allaltro inizio, a cui necessario dar corso se non si vuole rimanere assoggettati a nuove variazioni della

    metafisica34 alle ontologie che sono state di volta in volta elaborate nella contemporanei-t, dalle quali Heidegger intende affrancarsi.

    2. La differenza ontologica e levento dellessere

    Il concetto di differenza ontologica35

    tra essere ed ente rappresenta senza dubbio

    uno degli snodi pi significativi del pensiero heideggeriano, dal quale tuttavia la riflessione

    31 Ivi, p. 427; trad. it. p. 417. 32 Cfr. ivi, p. 432; trad. it. p. 421. In unaltra pagina egli parla di enticit (essere) e pensiero (in quanto con-cepire rap-presentativo) (ivi, p. 128; trad. it. p. 146), dal momento che nel primo inizio lessere (lenticit) viene conquistato con il pensiero (tramite il noei'n e il levgein), () affinch si mostri lente stesso. () Ora pe-

    r questo fondamentale riferimento passibile di due interpretazioni (): lessere in quanto summum ens di-venta la causa prima dellente in quanto ens creatum; lessere in quanto essentia, idea, diventa la priori delloggettualit degli oggetti. () In tutte le variazioni () della metafisica occidentale () lessere al servi-zio dellente, anche quando, come causa, sembra detenere il dominio (ivi, p. 229; trad. it. p. 235). 33 Ivi, pp. 429 sg.; trad. it. pp. 418 sg. In unaltra pagina Heidegger afferma che luomo non entra semplicemen-te in un periodo che non ancora stato, bens in un ambito totalmente altro della storia. La fine del primo ini-zio si estender ancora per lungo tempo nel passaggio e perfino nellaltro inizio (ivi, p. 227; trad. it. pp. 233 sg.). 34 Ivi, pp. 228 sg.; trad. it. p. 235. 35 In Essere e tempo Heidegger non nomina tale differenza, che viene introdotta espressamente nelle lezioni del

    1927 (cfr. M. Heidegger, Die Grundprobleme der Phnomenologie, Sommersemester 1927, hrsg. von F.-W. von

    Herrmann, Gesamtausgabe Bd. 24, Klostermann, Frankfurt a.M., 1975-19892, pp. 322 sgg.; I problemi fonda-

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    svolta nei Beitrge sembra accomiatarsi, a motivo della profonda rivisitazione che la conce-

    zione dellessere conosce in quelle pagine. Di l dallindagine riguardo al modo di essere dellente, e anzitutto di quellente singolare rappresentato dallesserci di l dallontologia fondamentale elaborata in Essere e tempo , le considerazioni heideggeriane muovono dallidea che lente, il quale non pu pi fungere da guida dellinterrogazione filosofica, sus-siste solo grazie alla sottrazione dellessere, cio al ritrarsi della provenienza, che lascia spa-zio allente medesimo cadendo subito nelloblio.

    Nel primo inizio il pensiero si s collocato nella differenza, ma intendendo lessere lo abbiamo detto come una mera aggiunta nei confronti dellente, e quindi subordinandolo a questo. Quanto alla domanda sul senso dellessere (quella dellopera del 27), essa non gi pi la domanda guida della metafisica, e tuttavia permane nellambiguit, poich il ricorso alla differenza ontologica non mette affatto al riparo dal pericolo di intendere lessere ancora una volta in senso moderno, cio come oggettualit:

    lenticit si afferma come ou*siva, i*deva, e in seguito come oggettualit (Gegenstndli-

    chkeit) in quanto condizione di possibilit delloggetto. Perci, nel tentativo di oltrepassa-re la prima impostazione della domanda dellessere in Essere e tempo e nei testi che ne derivano (Dellessenza del fondamento e il libro su Kant), si resero necessari vari tentativi per venire a capo della differenza ontologica, per coglierne lorigine stessa e cio lautentica unit (). Di qui il carattere tormentato e ambiguo di questa distinzione.36

    Tale ambiguit deriva dallimpostazione ancora trascendentale di Essere e tempo e de-gli scritti del 29, dove lesserci chiamato a trascendere lente in direzione dellessere37. In questo senso, la differenza ontologica costituisce addirittura un impedimento nei confronti

    della domanda sullessere, poich dimentica della sua stessa origine, cio della sua unit: ci che importa non dunque oltrepassare lente (trascendenza), bens saltare al di l di que-sta differenza e con essa della trascendenza e domandare in modo iniziale partendo

    dallEssere e dalla verit38. allelemento iniziale, quello della provenienza, che il pensiero deve approssimarsi, senza passare attraverso lente e il suo oltrepassamento. Di qui la tesi heideggeriana secondo cui non si pu a rigore parlare di una trascendenza dellesser-ci; nellambito di questa impostazione la rappresentazione della trascendenza deve in ogni sen-so scomparire

    39. Qui Heidegger tranchant, ritenendo che tale concetto non possa pi esse-

    re adottato in nessuna forma nellambito del pensiero dellessere. La differenza ontologica si quindi trasformata in una distinzione solo rappresenta-

    ta, per cui il pensiero metafisico non pu che tenersi nella differenza, ma in maniera tale

    che lessere stesso sia una specie di ente40. Se infatti essa concepita in termini di rappresen-

    mentali della fenomenologia, a cura di A. Fabris, introd. di C. Angelino, Il melangolo, Genova, 1990, pp. 218

    sgg.). 36 GA 65, p. 250; trad. it. p. 254. Su questo cfr. F. Dastur, Prsent, prsence et vnement chez Heidegger, in G.

    Bensussan, J. Cohen (sous la direction de), Heidegger. Le danger et la promesse, Kim, Paris, 2006, pp. 111-

    138, p. 126. 37 Heidegger precisa che la trascendenza conforme allesserci appunto originariamente concepita come com-prensione dellessere. Ma poich al tempo stesso il comprendere inteso come progetto gettato, trascendenza significa: stare nella verit dellEssere, certo dapprima senza saperlo (ivi, p. 217; trad. it. p. 224, ultimo corsivo nostro). 38 Ivi, pp. 250 sg.; trad. it. p. 254. 39 Ivi, p. 217; trad. it. p. 224. 40 Ivi, p. 423; trad. it. p. 413. La differenza ontologica non saputa come tale, perch in fondo si ha sempre bi-

    sogno di distinguere soltanto tra ente ed ente (il pi essente). La conseguenza si vede nella confusione che dilaga

    nelluso dei nomi Essere ed ente, () cosicch, anche avendo in mente lEssere, ci si rap-presenta pur sem-

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    tazione, ci che distinto viene uniformemente posto sullo stesso piano della differenziazio-

    ne, che pure lasciato del tutto indeterminato; cos intesa, tale differenza pu soltanto sugge-

    rire la distinzione essenziale, cio che il riferimento allessere () linsistenza (Instndi-gkeit) nellesser-ci, lo stare dentro la verit dellEssere (in quanto evento). Il riferimento allente la conservazione creativa della custodia dellEssere in ci che () si pone come en-te nella radura del ci

    41. Heidegger adotta la grafia Da-sein per distinguere tale concetto

    dallesserci di cui aveva trattato in Essere e tempo, dal momento che ora lesser-ci ci che appropriato nellevento (das im Ereignis Ereignete)42. Linsistenza nellesserci consente di evitare lassolutizzazione indebita dellente, in modo tale da collocarlo nella radura dellessere su cui dovremo tornare.

    Tuttal pi, la differenza ontologica pu servire come preparazione al passaggio dalla domanda guida della metafisica alla domanda fondamentale, la quale tuttavia non d luogo a

    un rovesciamento della metafisica stessa, ma si rivolge a ci che d origine alla differenza

    suddetta. Si tratta quindi di una domanda che si spinge al di fuori di quella distinzione tra es-

    sere ed ente; e perci essa scrive ora lessere (Sein) nella forma Essere (Seyn). Ci deve in-dicare che qui lessere non pi pensato metafisicamente43. La grafia desueta segnala per lappunto che non ci si riferisce pi allessere nel senso della metafisica in realt, neppure allessere dellente (lessere della differenza ontologica) , ma allessere che si ritrae nellevento, accentuando cos il tratto verbale, dinamico, del termine. Daltro canto, la rela-zione tra questo essere e lente si configurata in termini aporetici nel corso della riflessione heideggeriana, come risulta dalle diverse redazioni del Poscritto a Che cos metafisica?44. La questione sembra risolversi col riconoscimento che essere ed ente differiscono nellevento dellessere stesso, cio nel suo sottrarsi, che consente in pari tempo il mostrarsi degli enti dove tale sottrazione (lessenziarsi dellessere) rappresenta lorigine o lunit nascosta che i-stituisce la differenza stessa. chiaro che questa concezione dellessere si distingue radical-mente da quella della metafisica, ovvero dallenticit dellente, dal suo stare nella presenza.

    Nei Beitrge il rapporto tra essere ed ente si configura nei termini di un distacco che

    tuttavia viene subito celato, cadendo cos nelloblio tanto da rimuovere la necessit del rapporto medesimo. Detto altrimenti, se da un lato lente sta nellEssere e ha solo in esso () la sua verit in quanto il vero45, cio esso si mostra, trovando cos il suo ubi consistam, soltanto nellessenziarsi dellessere di l da ogni certezza metafisica riguardo alla sua sus-sistenza , dallaltro lente subito abbandonato dallessere, il quale, sottraendosi, d inizio allente come altro da se stesso. Essendo percepito come ci che abituale, lente respinge lessere lontano da s, pretendendo di porsi in modo autonomo, tanto da restare indifferente allessere.

    Questa situazione rappresenta lesito ultimo di un processo nel quale il cristianesimo ha avuto un ruolo fondamentale, dal momento che ha spiegato lente in quanto ens creatum, originato da una causa concepita come lente sommo. Heidegger contesta ogni ontologia ba-sata sul rapporto di causalit, dichiarando apertamente che non possiamo mai capire lente

    pre un ente e lo si presenta come il pi generale di ogni rap-presentazione. Lessere (come ens qua ens ens in commune) solo la pi rarefatta rarefazione dellente (ivi, p. 466; trad. it. pp. 450 sg.). 41 Ivi, p. 467; trad. it. p. 452. Tuttavia, lentrata delluomo nellesserci non affatto garantita, essendo dono o sottrazione dello stesso evento-appropriazione (ivi, p. 248; trad. it. p. 252). 42 Ivi, p. 487; trad. it. p. 469. 43 Ivi, p. 436; trad. it. p. 425. Per questo non vi mai una via che conduca direttamente dallessere (Sein) dellente allEssere (Seyn) (ivi, p. 75; trad. it. p. 97). 44 Se nella quarta edizione del 1943 scritto che lessere si essenzia (west) senza lente, nella quinta (1949) si legge nello stesso luogo che lessere non si essenzia mai senza lente (GA 9, p. 306; trad. it. p. 260). 45 GA 65, p. 287; trad. it. pp. 287 sg.

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    tramite la spiegazione e linferenza che prendono le mosse da un altro ente46. La relazione causa-effetto la modalit pi comune e immediata che si possa adottare per spiegare qualco-

    sa, ma non per questo essa si attaglia al rapporto tra essere ed ente:

    poich, in verit, lEssere quanto vi di meno comune, esso si qui del tutto sottratto e ha abbandonato lente. Abbandono dellente da parte dellessere: il fatto che lEssere si ritirato dallente e che lente (cristianamente) diventato innanzitutto solo ci che sta-to creato da un altro ente. Lente supremo, in quanto causa di ogni ente, ha assunto lessenza dellEssere.47

    Nel corso della modernit lente stato pensato come un prodotto dellattivit umana, e quindi assunto e dominato in quanto oggetto disponibile, per cui alla fine lessere rimane completamente nascosto allo sguardo, al quale si impone invece levidenza dellente, la sua visibilit. Per questo Heidegger sostiene che labbandono dellessere (Seinsverlassenheit) il fondamento della dimenticanza dellessere (Seinsvergessenheit)48: perch lessere si sin da subito sottratto alla presa che esso stato obliato si tratta quindi di un esito strutturale, necessitato dal modo in cui lessere stesso si dispiega essenzialmente, che tuttavia si tra-dotto nelle diverse forme che lente ha assunto nella storia della metafisica (ens creatum, og-getto).

    La rimozione della necessit del rapporto tra essere ed ente a cui accennavamo in precedenza si produce ineluttabilmente, cio secondo unulteriore necessit che esclude quella gi indicata, cancellandone persino la memoria. Poich loblio dellessere provocato dallessere stesso, labbandono dellessere lintimo fondamento della necessit dellassenza di necessit (Not der Notlosigkeit); questassenza del necessario rapportarsi allessere necessario perch lente sussiste solo grazie al sottrarsi dellessere raggiunge il culmine nel momento in cui si impone quello che Heidegger chiama pensiero calcolante, il

    quale fa s che lente venga definitivamente espropriato (enteignet) dellEssere49. Questultima considerazione ci porta ad affrontare il concetto di evento (Ereignis), che

    a partire dalla met dagli anni 30 assume un ruolo fondamentale nel pensiero heideggeria-no

    50. In questa sede, dobbiamo limitarci a indicare il tratto essenziale dellevento, che costi-

    tuito dallidea di appropriazione (Er-eignung)51, con riferimento al processo attraverso cui

    46 Ivi, p. 231; trad. it. p. 237. 47 Ivi, pp. 110 sg.; trad. it. pp. 130 sg. 48 Ivi, p. 114; trad. it. p. 134. Nel saggio del 1946 intitolato Il detto di Anassimandro Heidegger sostiene che la

    dimenticanza dellessere la dimenticanza della differenza fra lessere e lente. () La dimenticanza dellessere appartiene allessenza dellessere, velata in se stessa (); la storia dellessere incomincia con la dimenticanza dellessere, perch lessere trattiene in s la propria essenza, la differenza con lente. La differenza resta esclusa. Rimane dimenticata. () La stessa prima traccia della differenza cancellata perch lessere presente (das An-wesen) appare come ci che presente (Anwesendes), la cui origine si trova in un supremo qualcosa che pre-

    sente (M. Heidegger, Holzwege, hrsg. von F.-W. von Herrmann, Gesamtausgabe Bd. 5, Klostermann, Frankfurt

    a.M., 1977, pp. 364 sg.; Sentieri interrotti, present. e trad. it. di P. Chiodi, La Nuova Italia, Firenze, 1984, p.

    340). 49 Ivi, pp. 119 sg.; trad. it. pp. 138 sg. Sul concetto di Enteignis (espropriazione) cfr. anche Heidegger, Zur Sache

    des Denkens, cit., p. 23; trad. it. pp. 131 sg. 50 In una glossa a margine della Lettera sullumanismo Heidegger nota che dal 1936 evento la parola chiave del mio pensiero (GA 9, p. 316; trad. it. p. 270, nota a). In seguito egli preciser che i riferimenti e le

    connessioni che costituiscono la struttura essenziale dellevento sono stati elaborati tra il 1936 e il 1938 (Hei-degger, Zur Sache des Denkens, cit., p. 46; trad. it. p. 156), cio negli anni a cui risalgono i Beitrge. 51 In realt, il termine Ereignis deriva da sich ereignen (avvenire, accadere), che non ha nulla a che vedere, sotto

    il profilo etimologico, con eignen (appartenere, essere proprio di).

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    qualcosa condotto a ci che gli proprio e che lo connota essenzialmente. Nellevento lessere si appropria del pensiero che a esso si rivolge, di l da ogni esclusivo riferimento allente presente. A ci connessa la considerazione della storia dellessere, da non con-fondersi con la storia che oggetto delle discipline storiche, poich si tratta di una storia es-

    senziale la storia del dispiegarsi essenziale dellessere, o forse unaltra filosofia della storia. Heidegger afferma infatti che lEssere in quanto evento-appropriazione (Er-eignis) la sto-ria

    52, che quindi non affatto prodotta dal soggetto umano, il quale peraltro sino ad ora non

    mai stato storico53, avendo totalmente dimenticato la necessit del riferimento allessere. In

    questo senso, la storia della metafisica stata la storia del rifiutarsi dellessere e in pari tempo del necessario oblio di tale rifiuto.

    Ma come possibile corrispondere allessere, dal momento che esso si dispiega es-senzialmente nella sottrazione? Heidegger ritiene che a tal fine sia necessario entrare

    nellesserci lo si accennava in precedenza attraverso una sorta di salto, rendendosi cos disponibili ad appartenere allevento dellessere: il salto lestremo progetto dellessenza dellEssere54, un progetto la cui praticabilit dimostra che linterpretazione finora invalsa dellente ha perduto la sua necessariet55 in altri termini, il solo fatto che tale progetto sia alle viste rivela che la concezione dellessere in quanto enticit non pi in grado di imporsi come lunica possibile.

    Gi in Essere e tempo Heidegger aveva parlato di progetto, indicando due tratti fon-

    damentali dellesserci, cio lessere-gettato (Geworfenheit) e appunto il progetto (Entwurf)56. Tuttavia, la sopravvenuta trasformazione della concezione dellessere lo porta ad ammettere che nellanalitica esistenziale lessere-gettato era ancora fraintendibile nel senso di un casua-le presentarsi delluomo tra gli altri enti57, alla stregua di un dato ontico. Nei Beitrge lessere-gettato invece posto in connessione con lappartenenza dellesserci allessere:

    il salto (il progetto gettato) lattuazione del progetto della verit dellEssere nel senso dellentrata nellaperto, in maniera tale che colui che getta il progetto faccia esperienza di s in quanto gettato, cio appropriato (er-eignet) dallEssere. Lapertura mediante il pro-getto tale solo se accade in quanto esperienza dellessere-gettato e dunque dellappartenenza allEssere. questa la differenza essenziale rispetto a ogni forma di conoscenza solo trascendentale riguardo alle condizioni di possibilit.58

    Il progettare delluomo in realt un essere appropriato dallessere, s che il tratto soggettivo presente nellidea del progetto subisce un rivolgimento, traducendosi in un acco-glimento dellessere stesso, che reclama a s il pensiero del quale ha necessit per dispiegar-si essenzialmente. In altri termini, lesser-ci non fa nientaltro che riprendere il contro-

    52 GA 65, p. 494; trad. it. p. 475. Su questo tema cfr. C. Esposito, Heidegger. Storia e fenomenologia del possibi-

    le, Levante, Bari, 1992, pp. 176 sgg. 53 Ivi, p. 492; trad. it. p. 473. 54 Ivi, p. 230; trad. it. p. 236. 55 Ivi, p. 188; trad. it. p. 198. 56 Cfr. Heidegger, Sein und Zeit, cit., pp. 135, 145; trad. it. pp. 173, 184 sg. 57 GA 65, p. 318; trad. it. p. 316. 58 Ivi, p. 239; trad. it. p. 244. Su questo cfr. von Herrmann, Wege ins Ereignis, cit., p. 18, e T. Sheehan, A para-

    digm shift in Heidegger research, in Continental Philosophy Review, XXXIV (2001) 2, pp. 183-202, p. 194.

    Heidegger ritiene che, pur con tutte le differenze, limpianto trascendentale kantiano possa essere reinterpretato in modo fecondo, tanto che nel Kantbuch del 29 egli avrebbe fatto violenza a Kant in direzione appunto di una pi originaria versione del progetto trascendentale nella sua unitariet, mettendo in risalto limmaginazione tra-scendentale (GA 65, p. 253; trad. it. p. 256).

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    slancio (Gegenschwung) dellevento-appropriazione, inserendosi in esso e solo cos diventan-do se stesso: il custode del progetto gettato

    59. Liniziativa dellessere, e lesserci chiama-to a farvi fronte in quanto luogo di accoglienza. Heidegger ricapitola tale intreccio sostenen-do che questo contro-slancio dellaver bisogno (Brauchen) e dellappartenere costituisce lEssere come evento60. Se volessimo ricorrere a unimmagine, potremmo dire che vi qui una sorta di moto dellessere, che oscilla tra la donazione di s e il suo ritrarsi.

    Lentrata nellapertura dellessere richiede uno spostamento nellesserci il salto di cui dicevamo sopra , il quale tuttavia non va a collocarsi in un dominio dellente gi dispo-nibile, poich tale apertura accade solo grazie allo spostamento; in sua assenza, si resterebbe

    nella condizione dellesser-via, cio nella rimozione dellessere (che permane nelloblio)61. Lo spostamento a cui lesserci chiamato rappresenta inoltre una presa di di-stanza dal concetto di comprensione dellessere, il quale rischia di ridurre lessere alla comprensione che lesserci ne ha, e quindi di oggettivarlo e di renderlo disponibile al pari di un ente

    62. Lontologia fondamentale proposta in Essere e tempo poggia ancora su un fonda-

    mento ontico63, cio sullesserci e sulla sua capacit o facolt di comprendere lessere.

    Al contrario, nei Beitrge Heidegger afferma che la comprensione dellessere ha un carattere ambiguo, perch si muove nella distinzione tra enticit ed ente, senza far vale-re lorigine della distinzione64, che deriva dallessere nel suo dispiegarsi essenziale. Piutto-sto, anche la comprensione dellessere andrebbe intesa come un progetto gettato, dove tut-tavia occorre guardarsi dal pensare questi progetti (kantianamente) come forme della rappre-

    sentazione che rendono possibile incontrare oggetti65

    , poich se ne traviserebbe il significato

    il progetto sarebbe allora ricondotto a una condizione trascendentale. In realt, Heidegger sostiene che fin dallantichit ci muoviamo in un progetto dellEssere, senza che esso abbia mai potuto rendersi esperibile in quanto progetto. () Nel frattempo per lente diventato, nella forma di ci che oggettuale e l presente, sempre pi potente

    66, imponendosi cos allo

    sguardo. Detto altrimenti, non ci resi conto che la domanda guida sullente in quanto tale stata il portato di un certo progetto dellessere, cio di un determinato modo di darsi (e di ri-trarsi) dellessere stesso quello in cui lente si pone da s.

    59 Ibidem. 60 Ivi, p. 251; trad. it. p. 255. Si noti che il termine Brauchen, in questo senso specifico, introdotto per la prima

    volta nei Beitrge. 61 Cfr. ivi, p. 301; trad. it. p. 301. In questa situazione luomo interamente presso lente in quanto l presente (dimenticanza dellessere). Luomo il via. Lesser-via un termine pi originario per dire linautenticit dellesser-ci (ivi, pp. 323 sg.; trad. it. p. 321). 62 Cfr. M. Ruggenini, I fenomeni e le parole. La verit finita dellermeneutica, Marietti, Genova, 1992, pp. 59 sgg. Heidegger sembra averne consapevolezza nel corso del 27, dove ammette che gi latto fondamentale del-la costituzione dellontologia, cio della filosofia, loggettualizzazione dellessere, vale a dire il progetto dellessere nellorizzonte della sua comprensibilit, () condannato allinsicurezza e corre il costante pericolo di un capovolgimento (GA 24, p. 459; trad. it. p. 310). A. Rosales, bergang zum anderen Anfang. Reflexionen

    zu Heideggers Beitrge zur Philosophie, in Recherches husserliennes, III (1995), pp. 51-83, p. 76, sostiene che il pericolo di unoggettualizzazione dellessere allontanato solo se in sostanza lessere vela se stesso, per cui o lessere si mostra, e non pu mostrarsi che come ente, oppure si nasconde completamente allo sguardo unalternativa a cui Heidegger tenta tuttavia di sottrarsi, ripensando la questione su basi diverse. 63 Cfr. ivi, p. 26; trad. it. p. 18. interessante notare che nellambito dellontologia analitica Heidegger stato criticato per aver presupposto entit che appartengono soltanto alle scienze ontiche, tra le quali anzitutto

    luomo (D. Jacquette, Ontology, Acumen, Chesham, 2002, p. 33). 64 GA 65, p. 455; trad. it. p. 441. 65 Ivi, p. 447; trad. it. p. 434. 66 Ivi, p. 449; trad. it. pp. 435 sg.

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    Un concetto fondamentale nellambito del pensiero dellaltro inizio il concetto di Wesung (essenziarsi) dellessere67, a cui Heidegger fa ricorso per designare il dispiegarsi es-senziale dellessere in quanto sottrazione, cio levento. Il termine Wesung stato coniato sul-la base del verbo wesen (che significa essere nel senso di avvenire, accadere), il quale con-

    serva un valore transitivo grazie allaccadere dellessere che lente viene alla presenza. Lessere ci che lascia essere, ma non in quanto causa efficiens. Per questo, il termine We-sen (essenza) si declina diversamente a seconda che ci si riferisca alla domanda guida o alla

    domanda fondamentale:

    nellambito della domanda guida, la concezione dellessenza determinata in base allenticit (ou*siva koinovn) (). Dove invece lEssere concepito come evento,

    lessenzialit si determina in base alloriginariet e allunicit dellEssere stesso. () Il principio del pensiero iniziale risulta dunque raddoppiato: ogni essenza essenziarsi (al-

    les Wesen ist Wesung).68

    Ci comporta una diversit radicale nella modalit di coglimento dellessenza stessa, poich mentre nel primo inizio lessenza viene solo rap-presentata, ijdeva, nellaltro inizio

    lessenza in quanto essenziarsi () non mai rap-presentabile69. Questo significa che ladozione del termine essenza non prelude affatto a una ripresa della tradizionale imposta-zione metafisica, secondo la quale lessenza sarebbe data da ci che generale in rapporto al-le cose che sono lessenza non pu concepita n come idea n come presenza.

    Facendo ricorso a unimmagine introdotta in precedenza, Heidegger sostiene che lessenziarsi non deve denominare qualcosa che sta ancora oltre lEssere, bens qualcosa che esprima il suo intimo, levento-appropriazione, quel contro-slancio di Essere ed esser-ci in cui entrambi non sono due poli l presenti (vorhanden), bens la pura oscillazione stessa

    70. N

    lessere n lesserci sono caratterizzati dalla presenza, dal momento che non sono enti; in par-ticolare, lessere non pu essere pensato metafisicamente come ci che stabile, ch anzi il termine oscillazione indica una sorta di moto lo accennavamo sopra , in cui tuttavia non vi una sostanza soggetta al movimento. Ci nonostante, dellessere possibile fare e-sperienza, certo non al modo dellente: lessenziarsi ci in cui noi dobbiamo entrare (ein-fahren). Ecco che cosa significa qui esperienza (Erfahren)71. Se lente ci che pi comune, lessere caratterizzato dallunicit e dalla singolarit linapparente (un-scheinbar)

    72 che si sottrae a ogni presenza rimanendo altro dallambito del visibile, nel quale

    67 Cos come per il verbo wesen, sono state proposte varie traduzioni italiane, tra le quali essenziarsi (si tratta

    di un neologismo, al pari di Wesung, del resto) rende meglio di altre il senso verbale del termine diversamente da quanto accade nella traduzione italiana dei Beitrge, che inspiegabilmente ricorre allespressione permanen-za essenziale senza appesantire troppo la prosa e mantenendo inoltre un legame con la traduzione italiana di Wesen (essenza). 68 Ivi, p. 66; trad. it. p. 89. A tale riguardo, Heidegger ritiene che i concetti di essentia ed existentia rappresentino

    un determinato impoverimento di unessenza, in s pi ricca, dellEssere e della sua verit (ivi, p. 271; trad. it. p. 273). 69 Ivi, pp. 289, 287; trad. it. pp. 289, 287. 70 Ivi, pp. 286 sg.; trad. it. p. 287. Tale oscillazione d luogo a una svolta, tanto che Heidegger parla

    dellevento in s vicendevole (kehrig) (ivi, p. 185; trad. it. p. 196). Per questo il termine Kehre (svolta) non in-dica tanto un mutamento di prospettiva sopravvenuto nel corso della riflessione heideggeriana, quanto il fatto

    che lessere a svoltare, poich d lente e in pari tempo se ne ritrae. 71 Ivi, p. 289; trad. it. p. 289. 72 Cfr. ivi, p. 482; trad. it. p. 465. Questa indicazione viene ripresa nel tardo seminario di Zhringen, dove si par-

    la di una fenomenologia dellinapparente (M. Heidegger, Seminare, hrsg. von C. Ochwadt, Gesamtausgabe Bd. 15, Klostermann, Frankfurt a.M., 1986, p. 399; Seminari, a cura di F. Volpi, trad. it. parz. di M. Bonola, A-

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    lente pu essere circoscritto nei suoi contorni, ponendosi come presenza disponibile. Ci si-gnifica che lEssere non nulla in s n qualcosa per un soggetto73, quasi dileguan-dosi di fronte alla categoria di esistenza.

    Questa concezione si compendia in unespressione che compare ripetutamente nelle pagine dei Beitrge, quasi un Leitmotiv che conduce il lettore lungo lintera opera, facendo s che non si perda nei suoi meandri. Tale espressione lEssere si essenzia (west); lente 74 riassume il tentativo heideggeriano di superare lontologia (ogni ontologia) in direzione di una concezione dellessere in quanto sottrazione, dove lEssere (in quanto evento) ha biso-gno dellente per essenziarsi. Non in questo modo allente occorre lEssere. Lente pu ancora essere nellabbandono dellessere75, come abbiamo detto in precedenza. Loblio dellessere deriva dal suo essenziale sottrarsi, per cui solo laddove lEssere si trattiene in quanto velarsi, lente pu presentarsi e apparentemente dominare ogni cosa (). Ma allora la conseguenza () lasciare lEssere nella velatezza e addirittura dimenticarlo. Ma totalmen-te diverso lasciare lEssere nella velatezza ed esperirlo come ci che si vela76. Heidegger ten-ta quindi di indicare una via per cogliere lessere nel suo ritrarsi, riscattandolo cos dalloblio.

    Ma in che modo si pu dire lessere, che nellevento si sottrae? Anzitutto prendendo le distanze dallenunciato dichiarativo, il quale concerne soltanto lente nel suo distacco dallessere. Infatti, lente va pronunciato come unasserzione (Aus-sage), che ha la sua correttezza: diretta verso lente, riferisce della sua enticit. Lasserire (lovgo") () (a*pov-

    fansi") qui esso stesso la forma fondamentale del riferimento allente come tale e dunque

    allenticit77. Se considerassimo lespressione lessere alla stregua di unasserzione, non faremmo altro che trasformare lessere in un ente, e anzi (metafisicamente) in ci che pi essente. Al contrario, Heidegger sostiene che il dire dellessere non considera questultimo come un oggetto, bens ne scaturisce come dalla sua origine (); il lovgo" in quanto asserzio-

    ne non pu pi rimanere il filo conduttore del rappresentare lessere78 sebbene non si tratti affatto di rappresentare lessere, ma di corrispondervi diversamente. La fuoriuscita dallasserzione pu avvenire soltanto se si tenta di parlare il linguaggio dellente come lin-guaggio dellEssere. () Si parla dunque () della radura del velamento, dellevento-appropriazione, dellesser-ci () per aprire la verit dellEssere in questo dire trasforma-to

    79. Ne consegue che il linguaggio subisce una sorta di torsione, attraverso la quale il lessico

    filosofico conosce un mutamento persino rispetto alle innovazioni linguistiche introdotte in

    Essere e tempo.

    Il pensiero deve procedere dallessere stesso nel suo ritrarsi, di l da ogni residuo pri-vilegiamento del soggetto. Infatti, se da una parte il pensiero non affatto una facolt

    delluomo, ma laccoglimento dellessere che lo reclama, dallaltra lessere lorigine, linizio del pensiero80, il quale chiamato ad accoglierla e a custodirla. Per questo, sin dalle

    delphi, Milano, 1992, p. 179). Su questo cfr. J.-F. Courtine, Heidegger et la phnonnologie, Vrin, Paris, 1990,

    pp. 395 sg. 73 Ivi, p. 484; trad. it. p. 467. 74 Ivi, p. 260; trad. it. p. 262 e passim. 75 Ivi, p. 30; trad. it. pp. 57 sg. Sulla circostanza per cui lessere non si essenzia senza lente si vedano le diverse stesure del Poscritto a Che cos metafisica?, di cui abbiamo parlato sopra. 76 Ivi, p. 255; trad. it. p. 258. 77 Ivi, p. 473; trad. it. p. 457. 78 Ivi, pp. 473 sg.; trad. it. p. 457. 79 Ivi, p. 78; trad. it. p. 100. 80 Linizio () lEssere stesso. E, a esso conforme, anche il pensiero pi originario del rappresentare e giu-dicare. Linizio lEssere stesso in quanto evento (ivi, p. 58; trad. it. p. 82).

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    prime pagine dei Beitrge Heidegger sostiene che dallevento avviene (vom Ereignis er-eignet) un appartenere, nel pensiero e nel dire, allEssere e nella parola dellEssere81. Lappartenenza allessere assume una forma paradossale, poich si traduce nel corrisponde-re a una sottrazione; per questo il pensiero dellessere, e dallessere, non pu trovare una conferma empirica, cio per mezzo dellente pena la ricaduta nellontologia.

    Lessere si ritrae, rimane inapparente, ma in quanto rifiuto (Verweigerung) lEssere non il mero ritrarsi e sottrarsi, bens al contrario: rifiuto intimit di unassegnazione. () In tal modo lEssere , in quanto rifiuto che assegna, levento-appropriazione dellesser-ci82. Allesserci assegnato il rifiutarsi dellessere, il quale tuttavia essenzialmente diverso dalla mera assenza

    83 che allorigine dellindifferenza dellente. In questo senso, levento in

    quanto esitante negarsi (zgernde Versagung)84

    dona al pensiero la sua stessa ritrazione,

    che non nulla di presente nel senso dellente; ne consegue che il rifiuto la prima somma donazione dellEssere (). Quel rifiuto avviene come sottrazione (Entzug)85. In questi passi, in cui Heidegger sembra quasi attribuire allessere dei tratti antropomorfi, si delinea un pen-siero della ritrazione nel quale, di l da ogni onto-teologia, lessere assegna allesserci il com-pito di corrispondere al suo ritrarsi.

    Alla luce di quanto detto in precedenza, chiaro che un simile corrispondere non pu assumere le vesti dellenunciato dichiarativo; infatti, lesperienza fondamentale non lasserzione, () bens il trattenersi del ritegno di fronte allesitante negarsi nella verit (radu-ra del velamento) (). Se questo ritegno si fa parola, ci che viene detto sempre levento86. lo stato danimo fondamentale del ritegno che dispone lesser-ci e dunque il pensiero in quanto progetto della verit dellEssere in parola e concetto87, in modo tale che esso si rivolga verso lessere, s da corrispondervi.

    Ma che cosa intende Heidegger quando parla della verit dellessere? Com noto, non intende certo la verit come adaequatio, cio come correttezza. Tuttavia, neanche la conce-

    zione della verit come ajlhvqeia si sottrae alla critica, essendo debitrice nei confronti della

    metafora della luce:

    poich la*lhvqeia si trasforma cos in fw'", una volta che la si interpreti in base alla luce,

    anche il carattere della privativum va perduto. () Poich, per cos dire, si considera so-

    lo il lato positivo della svelatezza, () la*lhvqeia perde la propria originaria profondit

    e abissalit (). La*lhvqeia resta ovunque la svelatezza dellente, e mai quella

    dellEssere.88

    La metafora della luce, dominante in Platone, sta ad indicare il privilegiamento della

    dimensione di visibilit dellente, il cui aspetto appunto visibile allo sguardo (qewrei'n), re-

    81 Ivi, p. 3; trad. it. p. 34. In Besinnung, laltro inedito di quegli anni, si legge che lessere richiede la parola, e come parola ogni volta si essenzia levento (M. Heidegger, Besinnung, hrsg. von F.-W. von Herrmann, Gesam-tausgabe Bd. 66, Klostermann, Frankfurt a.M., 1997, p. 49). 82 Ivi, p. 240; trad. it. p. 245. 83 Ivi, p. 411; trad. it. p. 403. 84 Ivi, p. 268; trad. it. p. 270. 85 Ivi, p. 241; trad. it. p. 246. Altrove Heidegger ribadisce che il sottrarsi (Sichentziehen) il modo in cui

    lessere si essenzia (M. Heidegger, Der Satz vom Grund, hrsg. von P. Jaeger, Gesamtausgabe Bd. 10, Kloster-mann, Frankfurt a.M., 1997, p. 104; Il principio di ragione, a cura di F. Volpi, trad. it. di G. Gurisatti e F. Volpi,

    Adelphi, Milano, 1991, p. 124). 86 Ivi, p. 80; trad. it. p. 102. 87 Ivi, p. 21; trad. it. p. 50. 88 Ivi, p. 332; trad. it. p. 329.

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    spingendo da s ogni possibile riferimento alla provenienza. La svelatezza soltanto

    dellente, dove oltretutto lo stesso velamento esperito solo come ci che va rimosso, ci che devessere tolto (a-). () La verit in quanto radura (Lichtung) per il velamento perci

    un progetto essenzialmente diverso dalla*lhvqeia89, perch riferita allessere nel suo sot-

    trarsi. Essa il luogo di apertura in cui accade il ritrarsi dellessere, che rimane inapparente cio non appare al modo dellente presente. La verit come radura del velamento indica quindi il rivelarsi dellessere che si cela, il mostrarsi del suo sottrarsi essenziale: la verit, dunque, non mai solo radura, ma si essenzia in quanto velamento in maniera altrettanto ori-

    ginaria (). Levento avviene (das Ereignis ereignet): ci non significa altro che esso, ed es-so soltanto, diviene verit

    90.

    Che lessere si doni nella sottrazione significa che esso si trattiene nella possibilit, la quale tuttavia non pu essere pensata muovendo dalle categorie modali sulle quali ci sia-mo gi soffermati in precedenza. Infatti, la metafisica fa del reale (Wirkliches), in quanto ente, il punto di partenza e la meta della determinazione dellessere (); lEssere possibili-t, ci che non mai l presente (das nie Vorhandene) eppure, nel rifiuto mediante levento-appropriazione, sempre concede e nega

    91. Se da un lato la realt, intesa come effettualit

    (Wirklichkeit, actualitas), ci che qualifica lente, dallaltro la possibilit dellessere non si commisura alle cose reali n denota dei possibili che possono diventare attuali (presenti, rappresentabili); piuttosto, essa indica limpresentabile sans phrase, che si sottrae a ogni dati-t.

    Il ritrarsi dellessere va colto muovendo dal nulla che insito nellessere stesso, non certo dal nulla in quanto non ente. Piuttosto, Heidegger intende il nulla come la dismisura

    del puro rifiuto92

    , laddove il non, la negazione, appartiene allEssere stesso93. Se da una parte lEssere, dal punto di vista dellente, non lente: il non ente e dunque, secondo il concetto usuale, il nulla, dallaltra si tratta di determinare pi originariamente la coapparte-nenza di Essere e nulla. E se invece lEssere stesso fosse ci che si sottrae e si essenziasse in quanto rifiuto? Sarebbe qualcosa di nullo (Nichtiges) o la somma donazione?

    94. Il nulla di-

    mora nellessere, anche se a parere di Heidegger questa intimit del non nellEssere95 diffe-risce radicalmente dalla negativit hegeliana, che verrebbe tolta nel processo di Aufhebung

    96.

    Hegel sarebbe rimasto succube di una logica della conciliazione, in cui il nulla ha il solo sco-

    po di innescare quel procedimento che porter a sopprimerlo. Al contrario, lessere heidegge-

    89 Ivi, p. 350; trad. it. p. 345. In un corso contemporaneo alla stesura dei Beitrge Heidegger parla della radura

    per ci che si vela (). Ma poich ora lente e quel che noto come ente stanno nella radura, in un certo modo lessere si svela. () Esso si mostra e si sottrae nello stesso tempo. Questo esitante negarsi ci che propria-mente si dirada nella radura e che per lo pi sfugge alla nostra attenzione (M. Heidegger, Grundfragen der Phi-

    losophie. Ausgewhlte Probleme der Logik, Wintersemester 1937/38, hrsg. von F.-W. von Herrmann, Ge-

    samtausgabe Bd. 45, Klostermann, Frankfurt a.M., 1984, p. 210; Domande fondamentali della filosofia. Selezio-

    ne di problemi della logica, trad. it. di U.M. Ugazio, Mursia, Milano, 1988, p. 149). Cfr. D. Franck, De

    lajlhvqeia lEreignis, in J.-F. Matti (coordonn par), Heidegger lnigme de ltre, PUF, Paris, 2004, pp. 105-130. 90 Ivi, p. 349; trad. it. p. 344. 91 Ivi, p. 475; trad. it. p. 459. 92 Ivi, p. 245; trad. it. p. 249. 93 Ivi, p. 118; trad. it. p. 137. 94 Ivi, p. 246; trad. it. p. 250. 95 Ivi, p. 264; trad. it. p. 266. 96 Su questo tema si veda anche GA 68, pp. 47 sg. Cfr. W. Biemel, Heidegger im Gesprch mit Hegel: zur Nega-

    tivitt bei Hegel, in Man and World, XXV (1992) 3-4, pp. 271-280, e O. Pggeler, Hegel und Heidegger ber

    Negativitt, in Hegel-Studien, XXX (1995), pp. 145-166.

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    riano si essenzia negativamente, dal momento che contiene in s il nulla ovvero il suo al-tro, grazie al quale si essenzia trattenendosi nella possibilit:

    lEssere si essenzia in quanto caratterizzato dal non (nichthaft). Solo perch lEssere si essenzia in quanto caratterizzato dal non ha come suo altro il non essere. Questo altro

    infatti laltro di se stesso (das Andere seiner selbst). Essenziandosi in quanto caratteriz-zato dal non, esso rende possibile e produce per forza al tempo stesso alterit (Ander-

    sheit). () Dallunicit dellEssere consegue lunicit del non che gli appartiene e dun-que dellaltro.97

    Lessere rimane altro perch si sottrae, portando in s quel non che lo distoglie dalla presa del pensiero rappresentativo. A tale riguardo, si potrebbe forse parlare di una sin-

    golare meontologia, ma si tratterebbe di una forzatura, dato che il termine (al pari di onto-

    logia) pur sempre riferito allente. Heidegger ritiene inoltre che questessere debba essere pensato come finito, dove tuttavia il significato della finitezza non dipende tanto dalla con-

    trapposizione allinfinito della metafisica (lente sommo), quanto dallabissalit98, cio dallinesauribilit: lessere, trattenendosi nella possibilit, rimane disponibile per sempre nuo-ve rivelazioni, dando cos luogo alla storia dellessere.

    A questo punto, il doppio oltrepassamento dellontologia e della metafisica a cui Heidegger consegna la propria proposta filosofica nelle pagine dei Beitrge pu dirsi delinea-

    to nei suoi tratti essenziali. La pars destruens del discorso heideggeriano conduce a

    unavversione per lontologia (come parola e concetto), che destinata a rimanere anche nelle opere successive, in cui pure si continua a far parola dellessere ed qui la pars construens, incentrata sul tema dellevento dellessere, che si dispiega nella sottrazione. Tuttavia, chiaro che il congedo da ogni ontologia comporta il rischio di un impoverimento, dal momen-

    to che Heidegger intende rimuovere con un unico, semplice gesto lintera problematica onto-logica, persino quella sviluppata in ambito fenomenologico si pensi soltanto alle ontologie materiali di cui parla Husserl, che mirano a cogliere i tratti essenziali in cui si configura ogni

    possibile esperienza dellente nei vari campi. Il suggerimento riguardo alla necessit di non fermarsi esclusivamente al piano dellente, s da collocare questultimo nellevento dellessere, quindi affidato allintelligenza dellinterprete, il quale chiamato a ripensare le indicazioni heideggeriane in un contesto del tutto diverso, che appare dominato da ricerche

    ontologiche divergenti rispetto a quanto proposto da Heidegger.

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    97 GA 65, p. 267; trad. it. p. 269. Sulla concezione heideggeriana dellessere in quanto altro cfr. S. Galanti Grol-lo, Heidegger e il problema dellaltro, pref. di L. Samon, Mimesis, Milano, 2006. 98 Cfr. ivi, p. 269; trad. it. p. 270.