La creazione in Tommaso, verità razionale o dato di fede?

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Secondo Tommaso d’Aquino, è possibile dimostrare razionalmente che il mondo è stato creato da Dio. Invece non si può dimostrare né la sua origine temporale né la sua eternità: se noi sappiamo che non è eterno, è grazie alla rivelazione. La verità della temporalità del mondo è de fide in senso stretto, come lo è il mistero della Trinità di Dio.

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  • 100 Aldo Vendemiati FFB

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    1. Introduzione

    La creazione in Tommaso, verit razionale o dato di fede?

    RAFAEL PASCUAL LC

    Nel 1981, l'allora cardinale Joseph Ratzinger tenne una serie di prediche quaresimali sul tema della creazione. Lui stesso spiegava il motivo nella pre-fazione del libro che raccoglie le sue riflessioni di allora. Questo ci fa capire l'importanza e l'attualit del tema che abbiamo scelto per il nostro intervento. Infatti, come si diceva nel testo al quale ho appena accennato, il tema della creazione, spesso dimenticato nella teologia e nella catechesi contemporanee, urgente. 1

    Certamente non abbiamo la pretesa di presentare qui la dottrina della cre-azione dell'Aquinate, sarebbe un compito troppo ampio, ma soltanto appro-fondire alcune questioni che ancora oggi sono oggetto di studio e di discus-sione tra gli esperti.

    In primo luogo, non possiamo evitare di segnalare l'importanza della dot-trina della creazione nel pensiero di Tommaso d'Aquino. Il tema della crea-zione, tra l'altro, costituisce l'asse della Summa Theologiae. Come ricordava lo stesso cardinale Ratzinger in un'altra occasione, seguendo un'intuizione di Chesterton, l'Aquinate potrebbe essere chiamato Thomas a Creatore: Chester-ton, cui tanto spesso sono riuscite delle formulazioni indovinate, ha colto un aspetto d'importanza decisiva nell'opera di san Tommaso d'Aquino quando ha osservato che, se al grande dottore si dovesse apporre un nome nel modo in cui si soliti fare nell'ordipe dei carmelitani (del Bambin Ges ... della Ma-

    l

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    dre di Dio ... ), bisognerebbe chiamarlo

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    b) Riflessione metafisica sulla creazione: l'essere di Dio e quello delle creature

    Come si detto all'inizio, non intendiamo sviluppare l'argomento della creazione in tutta la sua ampiezza, perch sarebbe troppo generale ed impe-gnativo, ma ci fermeremo ad alcune conseguenze ed applicazioni concrete. Si potrebbe sintetizzare il pensiero filosofico di Tommaso al riguardo, dicendo che si pu dimostrare la verit della creazione a partire dal carattere "creatu-rale" delle cose, il quale si manifesta:

    - a partire dalla sua struttura ontologica: il fatto che le cose siano "compo-ste", esige che ci sia una causa della loro composizione;

    - a partire della sua indole contingente: le cose non sono necessariamente; l'essere non spetta loro di per s, ma l'hanno ricevuto dall'essere necessario e assoluto che Dio; alle cose capita di esistere; in questo senso, l'essere non gli dovuto, non appartiene alla loro essenza, e per questo, in un certo qual modo, gli "accidentale";

    - a partire della sua pluralit, perch questo implica che qualunque perfe-zione si trova sia limitata, sia partecipata in diverse entit.

    Infatti, soltanto Dio in senso pieno; anzi, Lui Ipsum esse, '' per essenza, la sua essenza quella di essere; assolutamente semplice: in Lui essere ed essenza coincidono. Le altre realt non sono il loro essere, ma hanno l'essere, e lo hanno perch ne partecipano; per questo sono per partecipazione; nelle cose create l'essere altro dall'essenza (c' una distinzione reale fra questi due principi ontologici); c' una composizione di essere ed essenza, la quale impli-ca una causa, perch non possono darsi l'essere da loro stesse, ma lo ricevono da un principio estrinseco. Dio per essentiam; le cose sono per participationem.11

    Nel caso di Dio, bisogna parlare della semplicit ontologica, nel senso che in Lui non c' composizione, e nemmeno propriamente distinzione, ma iden-tit tra essere ed essenza: Egli Essere per essenza, anzi Ipsum esse subsistens, Atto puro; in Lui l'essenza non limita l'essere, e nemmeno altro Jell'essere

    11 Necesse est ut omnia composita et patticipantia, reducantur in ea, guae sunt per essen-tiam, sicut in causas (In Mel. II, le. 2, n. 296). Omne illud quod est secundum participationem, reducitur ad aliquid quod sit illud per suam essentiam, sicut ad primum et ad summum; sicut omnia ignita per patticipationem reducuntur ad ignem, qui est per essentiam suam talis. Cum ergo omnia quae sunt, participent esse, et sint per participationem entia, necesse est esse aliquid in cacumme omnium rerum, quod si! ipsum esse per suam essenliam, idest quod sua essenlia si! suum esse: et hoc est Deus, qui est sufficientissima, et dignissima, et perfectissima causa tolius esse, a quo omnia quae funI, participant eSfe (Super Ioannem, prooem.). li corsivo mio.

    La creazione in Tommaso... 105

    stesso:

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    om~ium perfectionum,15 e ancora: ipsum esse est perfectissimum omnium, comparatur enim ad omnia ut actus [ ... ] ipsum esse est actualitas omnium rerum;16

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    Aristotele siano arrivati ad affermare la creazione, e se Tommaso d'Aquino attribuisca loro, a ragione o a torto, tale dottrina. Cominceremo trattando brevemente il primo aspetto.

    (i) La posizione di Platone e di Aristotele Per quanto riguarda Platone, possiamo trovare la sua dottrina al riguardo

    soprattutto nel Timeo, in cui si parla di un demiurgo o artefice che sarebbe il creatore (poietn) del mondo. Sebbene agisce su una specie di materia informe Oa chora), ci sarebbe un inizio temporale nella creazione (il tempo sarebbe stato creato dal demiurgo insieme al mondo).29

    Per ci che concerne Aristotele, vorrei fare presente che qualche rico-nosciuto studioso ha sostenuto di recente che il Dio di Aristotele sarebbe motore (o meglio "movente") delle cose, non solo come causa finale (il che comunemente sostenuto tra gli storici dello Stagirita) ma anche come causa efficiente, e che proprio a questo riguardo ci sia stata da parte sua una

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    di quello che di solito si disposti ad ammettere, soprattutto tra i tomisti re-centi, dopo gli studi di Gilson e Fabro, i quali sottolineano le discontinuit e le differenze, nella loro insistenza della novit del pensiero dell'Aquinate rispet-to allo Stagirita. Questo non toglie che ci siano differenze, approfondimenti e, naturalmente, influssi da altre fonti. Non si pu dimenticare che fra loro due troviamo una distanza temporale e culturale di ben pi di quindici secoli.

    (iii) Critica della posizione di tienne Gilson Riguardo al tema della creazione, non mi sembra condivisibile la posizione

    di Gilson sul supposto distacco tra la metafisica

  • 112 &fael Pascua! Le

    di Aristotele e quello di Tommaso. Cosi, la metafisica di Tommaso non si deve interpretare come una

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    arrivato certamente alla considerazione di Dio come causa dell'essere di tutte le cose, contrariamente a quello che sostengono autori come Gilson, Elders ed altri.

    Ci sono dei testi paralleli dove si trovano affermazioni simili, come quelli in cui si fa una specie di percorso storico del pensiero filosofico riguardo le cause delle cose ch esistono. Vediamo alcuru di essi, in cui si presentano esplicitamente Platone ed Aristotele come quelli che sono arrivati alla consi-derazione della causa di tutte le cose:

    - Postremi vero, ut Plato et Aristoteles, pervenerunt ad cognoscendum principium totius esse;49

    - Posteriores vero philosophi, ut Plato, Aristoteles et eorum sequaces, pervenerunt ad considerationem ipsius esse uruversalis; et ideo ipsi soli posue-runt aliquam universalem causam rerum, a qua omrua alia in esse prodirenb>;50

    - Quidam autem venerunt in cogrutionem Dei ex dignitate ipsius Dei: et isti fuerunt platoruci. Consideraverunt enim quod omne illud quod est secun-dum participationem, reducitur ad aliquid quod sit illud per suam essentiam, sicut ad primum et ad summum; [ ... ] et hoc est Deus, qui est sufficientissima, et dignissima, et perfectissima causa totius esse, a quo omrua quae sunt, par-ticipant esse;51

    - Sed et primam philosophiam Philosophus determinat esse scientiam veritatis; non cuiuslibet, sed eius veritatis quae est origo omnis veritatis, scili-cet quae pertinet ad primum principium essendi omrubus; unde et sua veritas est omrus veritatis principium; sic erum est dispositio rerum in veritate sicut in esse;52

    - Profundius autem ad rerum originem ingredientes, consideraverunt ad ultimum totius entis creati ab una prima causa processionem;53

    49 In Pf?ys. VIII, le. 2. 50 QD po!entia q. 3, a. 5. 5J Super Ioannem prooem. 52 se I, 1. Anche questo passaggio, proprio all'inizio di un'opera cos fondamentale come

    la Somma contro igentili, e per questo fuori del contesto di un commento ad Aristotele, smen-tisce ancora una volta la tesi di Gilson.

    53 se II, 37. Sebbene in questo testo non si faccia menzione esplicita di nessun filosofo, pi che probabile, anche alla luce dei testi precedenti, che Tommaso stia pensando a Platone, Aristotele e i loro seguaci. Infatti, proprio il fatto di levarsi fino alla considerazione dell'essere stesso (ipsum esse) e della causa di tutto l'essere (causa !otius esse) quello che fa possibile la nascita della metafisica come considerazione dell'ente in quanto ente, e non soltanto, come le altre scienze, di un determinato genere di enti, come abbiamo visto nel testo precedente.

    La creazione in Tommaso ... 115

    -

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    subsistens non potest esse nisi unum, sicut supra habitum est, necesse est omnia alia quae sub ipso sunt, sic esse quasi esse parcicipancia. Oportet igitur communem quamdam resolucionem in omnibus huiusmodi heri, secundum quod unumquodque eorum intellectu resolvitur in id quod est, et in suum esse. Oportet igitur supra modum hendi quo aliquid ht, forma materiae adve-niente, praeintelligere aliam rerum originem, secundum quod esse attribuitur toci universitati rerum a primo ente, quod est suum esse;57

    - Etiam apud philosophos, qui conhtentur et probant omne quod est quocumque modo, esse non posse nisi sit causatum ab eo qui maxime et verissime esse habeD>.58

    (vi) Come, secondo Tommaso, Platone ed Aristotele siano arrivati a Dio come causa di tutto

    Una considerazione ulteriore sarebbe come Platone e Aristotele siano ar-rivati a sostenere che Dio la causa di tutte le cose. Platone e i suoi discepoli sarebbero arrivati attraverso la dottrina della partecipazione;59 Aristotele, dal canto suo, sarebbe arrivato attraverso la via del movimento e della causali-t.60 Inoltre, secondo Tommaso, la stessa eternit del mondo, sostenuta da

    57 De sub. sep. 9. Il riferimento a Platone e ad Aristotele esplicito, e per questo fuori di ogni dubbio. Di nuovo si tratta qui di un testo che non apparene ai commen ad Aristotele, e pertanto fuori di ogni sospetto. E se questo non bastasse ancora, nello stesso brano si torna a fare riferimento ai filosofi greci, dicendo che n le sostanze immateriali n i corpi celes si sottraggono alla causa dell'essere:

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    3.2: La questione dell'eternit del mondo

    Cerchiamo di presentare, per sommi capi, per concludere queste riflessio-ni, la questione dell'eternit del mondo. Possiamo farlo soprattutto alla luce dell'opuscolo che san Tommaso dedic interamente a questo argomento: il De aeternitate mundi contra murmurantes.67 Ma vogliamo far presente che si tratta di una questione che Tommaso ebbe a cuore e studi a pi riprese, come testimonia il corpus dottrinale che ci ha lasciato in ben altri sei scritti, i quali si collocano in diversi momenti della sua vita.68

    Parafrasando il testo del De aeternitate, possiamo fare una sintesi del pensie-ro dell'Aquinate al riguardo. Tommaso parte dal fatto, conosciuto grazie alla rivelazione, e dunque come dato di fede,69 dell'inizio temporale del mondo, ma si domanda se sarebbe possibile un mondo eterno, cio che sia esistito da sempre. Certamente, per Tommaso, non pu esistere niente da sempre che non sia stato creato da Dio, perch questo sarebbe contrario non soltanto alla fede, ma anche alla ragione. Infatti, anche i filosofi riconoscono e dimostra-no che quello che esiste non pu esistere se non in quanto causato da quella

    moventia et mota per ordinem in infinitum, non erit aliquod primum movens, sed omnia erunt quasi media moventia. Ergo nullum aliorum poterit moveri. Et sic nihil movebitur in mundo (SG I, 13).

    67 Il curatore dell'edizione inglese di questo opuscolo, Cyril Vollert, sottolinea a ragione l'importanza di questo argomento per Tommaso d'Aquino: From the earliest years of his literary productivity to the end of his life, St. Thomas turned again and again to the subject of the eternity of the world. He regarded the question as so important that he wrote a special treatise on it, De aeternitate mundi (ST. THOMAS AQUINAS - SIGER OF BRABANT - ST. BONAVEN-TURE, On the Eterniry rif the World (De Aeterrutate Mundi), Translated from the Latin With an Introduction by C. VOLLERT, L.H. KENDZIERSKI, P.M. BYRNE, Marquette University Press, Milwaukee 1964).

    68 On six other occasions, in different works and at various periods of his career, he expressly took up the same theme, notably in the Scriptum super IV libros Sententiarium magistri Petn' Lombardi, II, disto 1, q. 1, 5 (c 1256); Summa contra Genti/es, II, cc. 31-38 (c 1262); De Po-tentia Dei (1259/68), q. 3, a. 14,17; Summa Theologiae, P, q. 46 (c 1265); Quodlibetum III, q. 14 (c 1270); and the Compendium theo/ogiae, cc. 98 f. (c 1271)>> (ivI).

    69 Bisogna far presente che pochi anni prima c'era stata un'importante definizione dog-matica al riguardo: quella del Concilio Lateranense IV (1215). In esso si professa solenne-mente la fede in un solo Dio vero, principio unico di tutto, creatore di tutte le cose visibili e invisibili, spirituali e materiali. Con la sua onnipotente potenza [simul, omesso nella traduzio-ne italiana) fin dal principio del tempo [ab initio temporis) cre dal nulla [de nihilo) l'uno e l'altro ordine di creature: quello spirituale e quello materiale, cio gli angeli e il mondo, e poi [dein-de] l'uomo, quasi partecipe dell'uno e dell'altro, composto di anima e di corpo (cfr. DS 800).

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    realt che maxime et verissime esse habet. Ma sembra che non sia assurdo che qualcosa creata da Dio possa esistere da sempre. Tommaso si domanda su questa possibilit da due prospettive:

    _ a partire dell'onnipotenza di Dio (peus potuit facere aliquid quod semper fue-ri!); su questo sembra che tutti siano d'accordo;

    _ in linea di principio (utrum sit possibile aliquid fieri quod semper fueri!); su questo ci sono diverse posizioni.

    Tommaso prende la seconda questione, e si domanda se sia assurdo che qualcosa sia stata creata da Dio e sia esistita da sempre: In hoc ergo tota consistit quaestio, utrum esse creatum a Deo secundum totam substantiam, et non habere durationis principium, repugnent ad invcem, vel non. Tom-maso risponde negativamente, e offre questa argomentazione contro quelli che sostengono la tesi opposta:

    _ non necessario che la causa agente preceda temporalmente il suo ef-fetto; la creazione non ha luogo attraverso un movimento (per motum). Infatti creatio non est mutatio.70 Il moto esigerebbe successione, e dunque tempo-ralit, ma la creazione no: questa istantanea (subita) e per questo atemporale; nella causa che produce un effetto istantaneo, non necessario che la causa preceda l'effetto. Il problema che non abbiamo esperienza se non della mu-tazione, in cui la causa deve precedere temporalmente l'effetto. Et inde est quod multo rum inexperti ad pauca respicientes facile enuntianb>.71

    _ La causa che produce totalmente qualcosa (secondo tutta la sua sostanza: causazione totale") non pu fare a meno della causa che soltanto produce la forma (eductio formae a potentia materiae), ma molto di pi (productio ex nihilo).

    Inoltre, Tommaso si domanda se la creatio ex nihilo implichi una preceden-za temporale del nulla; la risposta no: l'ex nihilo non si riferisce a qualcosa di temporale, ma alla negazione della preesistenza di qualcosa a partire della quale si farebbe qualcos'altro; l'ex nihilo vuoI dire semplicemente non ex aliquo.

    70 QD potenti a q. 3, a. 2 sed contra. 71 De aeternitate. Ecco un testo parallelo preso dalla Summa Theologiae: Causa efficiens

    quae agit per motum, de necessitate praecedit tempore suum effectum, quia effectus non est nisi in termino actionis, agens autem omne oportet esse principium actionis. Sed si actio sit instantanea, et non successiva, non est necessarium faciens esse prius facto duratione; sicut patet in illuminatione. Unde dicunt quod non sequitur ex necessitate, si Deus est causa activa mundi, quod sit prior mundo duratione, quia creatio, qua mundum produxit, non est mutatio successiva (ST I, q. 46, a. 2).

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    Pertanto non bisogna supporre che 'prima' ci fosse il nulla, e poi qualcosa (post nihil). Di conseguenza, non sarebbe assurdo dire che qualcosa che sia stato fatto abbia potuto essere da sempre (mai non sia non stato). Tommaso illustra questa idea con un esempio che prende in prestito da Agostino, il quale, citando a sua volta dei platonici, argomenta che si potrebbe immagi-nare un'impronta che fosse coeterna con il piede che l'abbia prodotta, senza lasciare di essere prodotta ab aeterno da esso.72

    Poi Tommaso offre alcuni argomenti di autorit: - se fosse assurda una creatio ab aeterno, sant'Agostino lo avrebbe fatto no-

    tare, e non lo fece; - se l'essere stato creato dovesse implicare aver avuto un inizio temporale,

    questo sarebbe stato scoperto dai pi nobili dei filosofi, i quali affermano come noi che Dio il Creatore di tutto quello che non Lui, ma non trovano che sia contraddittorio affermare che il mondo sarebbe esistito da sempre e che sia stato creato da Dio.73

    Finalmente Tommaso dimostra l'inconsistenza degli argomenti contrari alla sua posizione:

    - se il mondo fosse eterno, la sua eternit non sarebbe come quella di Dio, perch soltanto Dio immutabile, e la sua eternit di un genere diverso di

    72 [Augustinus] dici! lO De civ. Dei, cap. 31 de Platonicis loquens: "Id quomodo intel-ligant, viderint non esse hoc videlicet temporis, sed substitutionis initium. Sicut enim, in-quiunt, si pes semper ex aeternitate fuisset in pulvere, semper ei subesset vestigium, quod tamen vestigium ex calcante factum nemo dubitaret" (De neteroitate). Ci sono dei testi paralleli che riportano lo stesso esempio quasi alla lettera: Sicut enim, inquiunt, si pes ex aeternitate semper fuisset in pulvere, semper subesset vestigium, quod a calcante factum nemo dubi-taret; sic et mundus semper fuit, semper esistente qui fecit (ST I, q. 46, a. 2);

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    stesso lo avrebbe ammesso nei Topici,77 il che sembra corrispondere al vero. 78 Ci non toglie il fatto che Aristotele fosse convinto dell'eternit del mondo, come gi abbiamo accennato, e come si vede soprattutto nel De caelo.79

    Possiamo dunque concludere il nostro percorso dicendo che, secondo Tommaso d'Aquino, sebbene sia possibile dimostrare razionalmente che il mondo stato creato da Dio (e prova di questo il fatto che i filosofi pagani sono stati in grado di farlo), non lo n la sua origine temporale n la sua eternit: se noi sappiamo che non eterno, grazie alla rivelazione. La verit della temporalit del mondo de jde in senso stretto, come lo il mistero della Trinit di Dio. Ma non possibile dimostrare neanche che il mondo sia esistito da sempre (ab aeterno).

    In questo senso, come abbiamo visto, per Tommaso le prove di Aristotele riguardo l'eternit del mondo non sono n sufficienti n concludenti. Ma nemmeno lo sono le prove contrarie: non possibile dimostrare che il mon-do non possa essere creato da sempre (come pretendevano Bonaventura ed altri autori del tempo), giacch una creazione ab aeterno non implica n con-traddizioni n assurdit. Di conseguenza, l'inizio temporale del mondo una verit rivelata in senso stretto, accessibile soltanto alla fede, non dimostrabile razionalmente.8o

    suppositione hic procedit, non sunt demonstrationes simpliciter, sed probabiles rationes [ ... ]. Et praetermissis allis rationibus quas hic non tangit, manifestum est quod ratio quam hic posuit ad probandum sempiternitatem temporis, non est demonstrativa (In Mel. XII, le. 5).

    77 Tertio, quia expresse dicit in I lib. ToPic., quod quaedam sunt problemata di>tlectica, de quibus rationes non habemus, ut utrum mundus sit aeternus (STI, q. 46, a. 1); . L>ifficile enim est ad hoc inducere efficaces rationes: unde et ipse Aristoteles dicit in I ToPic. quod quaedam problemata sunt de quibus rationes non habemus, ut utrum mundus sit aeternus vel non (In De caelo I, le. 22).

    78 In effetti, in Top. I, 11,1 04b 15-18, Aristotele presenta la questione dell'eternit del mondo ("se il mondo sia eterno oppure no'') come un problema dialettico, nel quale ci sono diverse opinioni contrastanti, e non si hanno a disposizione delle argomentazioni convincenti.

    79 Cfr. ARISTOTELE, De cado I, 10-12; II, 1. BO Cos lo afferma esplicitamente Tommaso almeno in due testi: