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1 Das Blatt der Romanistik-Doktorierenden Der akademische Nachwuchs berichtet zu aktuellen Veranstaltungen Ibidem MAI 2013 Attraverso Feldis. Luogo di condivisione e confronto I giorni 26 e 27 dell‘Aprile 2013, un pugno di dottorandi in lingue e letterature romanze dell‘Università di Zurigo, ha avuto il privilegio di godere di due opportunità singolari. La prima: discutere le loro tesi di dottorato sotto la supervisione di un luminare dell‘Università di Amburgo; la seconda: di poterlo farlo nel cuore di un incantevole paesino di montagna, incastonato nella Domleschg Valley e custode di un perfetto e antico retoromancio. Feldis 1470 metri sopra il mondo Di RiccaRdo Spagnoli Occorre entrare in una rossa cella metallica per raggiungere l‘alta Feldis. Un breve scivolare verso uno degli alti volti del Domleschg, 1470 metri sopra il mondo. Il tempo è mite, una leggera pioggia accarezza le acque, al di sotto dei nostri occhi, di una vena del fiume “nato libero”, il grande Reno. Siamo in dodici, la lingua italiana e quella spagnola trovano un armistizio nel poderoso tedesco, dodici accademici guidati dalla Prof. Rita Imboden, magnifica ospite dei due giorni in Feldis. L‘arrivo è silenzioso e gentile, non c‘è nessuno ad accoglierci, poche le anime che vivono in questa piccola cima, poiché nelle vette dimora non chi fugge, ma chi ardisce ad una prossimità al cielo, nella distanza dal mondo, ma con lo sguardo che lo Il gruppo di Dottorandi e la Prof. Imboden raggiungono Feldis raccoglie in quella vicinanza agli dei, poiché nelle vette dimorano i pochi, coloro che hanno rinunciato a molto, ma chissà cosa hanno trovato... Percorriamo con umore allegro le vie del paese per guadagnare quella che sarà la nostra dimora per questi due giorni; due giorni dedicati alla conoscenza e al miglioramento dei nostri lavori grazie al corposo aiuto offerto dal Professor Jörg Hennig, luminare dell‘università di Amburgo; alle sue domande e ai suoi preziosi suggerimenti. E grazie alla condivisione delle nostre vite. Sternahaus Eccola! La Casa della stella («Sternahaus»), in cima alla vallata, dove un uomo, una donna, una giovane e un beagle ci attendono, mostrando l‘ospitalità discreta ma sincera di questo piccolo frammento di vita e memoria che è Feldis. Gli unici rumori che toccano la coltre immacolata del paese sono le nostre parole, ci stiamo conoscendo. Qui e lì nascono stradine più o meno moderne, ma in nessun modo nascosto è il carattere solitario e raccolto in cui riposano i sentieri che incrociano le case di Feldis, le case... Ogni casa è una piccola storia, una Una delle “perle” che colorano le case di Feldis

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Das Blatt der Romanistik-DoktorierendenDer akademische Nachwuchs berichtet zu aktuellen VeranstaltungenIbidem

MAI 2013

Attraverso Feldis. Luogo di condivisione e confrontoI giorni 26 e 27 dell‘Aprile 2013, un pugno di dottorandi in lingue e letterature romanze dell‘Università di Zurigo, ha avuto il privilegio di godere di due opportunità singolari. La prima: discutere le loro tesi di dottorato sotto la supervisione di un luminare dell‘Università di Amburgo; la seconda: di poterlo farlo nel cuore di un incantevole paesino di montagna, incastonato nella Domleschg Valley e custode di un perfetto e antico retoromancio.

Feldis 1470 metri sopra il mondo

Di RiccaRdo Spagnoli

Occorre entrare in una rossa cella metallica per raggiungere l‘alta Feldis. Un breve scivolare verso uno degli alti volti del Domleschg, 1470 metri sopra il mondo. Il tempo è mite, una leggera pioggia accarezza le acque, al di sotto dei nostri occhi, di una vena del fiume “nato libero”, il grande Reno. Siamo in dodici, la lingua italiana e quella spagnola trovano un armistizio nel poderoso tedesco, dodici accademici guidati dalla Prof. Rita Imboden, magnifica ospite dei due giorni in Feldis.

L‘arrivo è silenzioso e gentile, non c‘è nessuno ad accoglierci, poche le anime che vivono in questa piccola cima, poiché nelle vette dimora non chi fugge, ma chi ardisce ad una prossimità al cielo, nella distanza dal mondo, ma con lo sguardo che lo

Il gruppo di Dottorandi e la Prof. Imboden raggiungono Feldis

raccoglie in quella vicinanza agli dei, poiché nelle vette dimorano i pochi, coloro che hanno rinunciato a molto, ma chissà cosa hanno trovato...

Percorriamo con umore allegro le vie del paese per guadagnare quella che sarà la nostra dimora per questi due giorni; due giorni dedicati alla conoscenza e al miglioramento dei nostri lavori grazie al corposo aiuto offerto dal Professor Jörg Hennig, luminare

dell‘università di Amburgo; alle sue domande e ai suoi preziosi suggerimenti. E grazie alla condivisione delle nostre vite.

Sternahaus

Eccola! La Casa della stella («Sternahaus»), in cima alla vallata, dove un uomo, una donna, una giovane e un beagle ci attendono, mostrando l‘ospitalità discreta ma sincera di questo piccolo frammento di vita e memoria che è Feldis. Gli unici rumori che toccano la coltre immacolata del paese sono le nostre parole, ci stiamo conoscendo.

Qui e lì nascono stradine più o meno moderne, ma in nessun modo nascosto è il carattere solitario e raccolto in cui riposano i sentieri che incrociano le case di Feldis, le case... Ogni casa è una piccola storia, una

Una delle “perle” che colorano le case di Feldis

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memoria, la pacifica resistenza alla moderna velocità. Ogni casa è una fune tesa verso il passato, l‘equilibrio per percorrerla è dato solo a chi le appartiene, a noi è dato lo spettacolo, lo sguardo sul passato, qui dove il passato è dono, appartenenza, silenzio e festa. Ogni scritta incisa è una suggestione, nel romancio di cui si vantano esser i più privilegiati possessori. In ogni scritta vi è la vita e la morte, nell‘elemento naturale, nella consueta rimessa al tempo mortale, nell‘indomandata fiducia nella clemenza del cielo, nel periodo della semina e in quello della raccolta, nella giovinezza e nella vecchiaia, ogni scritta è un inno alla fragilità, e alla bellezza di essa.

La religiosità di Feldis corre per le staccionate in legno consumato, nella fontana edificata sull‘antica pietra del mugnaio, nel modo di custodire gli animali che accompagnano la vita dell‘uomo da sempre, offrendo nutrimento, riparo dal freddo e, alle volte, semplice compagnia. La religiosità è incisa nel legno di un vecchio abbeveratoio, ove scintillano simboli che somigliano a rune, che scopriamo essere i simboli delle case stesse, delle famiglie che abitano Feldis e

persino dei loro animali, che rendono Feldis una minuscola patria.

Il cuore antico di Feldis

Ogni casa, ogni iscrizione, ogni simbolo è un granello di storia nella storia. Una storia che ha conosciuto, nei suoi piccoli spazi, ogni dolore e, forse, ogni gioia. Una storia che ha incontrato occupazioni militari, soldati, viaggiatori, artisti e nostoi poetici. Il fuoco, come l‘acqua dei ruscelli, attraversa Feldis, la colora e la accende... è amico nei freddi inverni, ma non ammette manchevolezze, non perdona distrazioni né incurie, egli è imperituro, e quando una donna del paese, nel 1774, sbadatamente ne perse il controllo, l‘intera città arse, il lavoro solidificato di una vita. Eppure...

Feldis ricostruì se stessa in una stagione, nel consueto abbandono alla natura, in un modo antico dell‘abitare, un abitare che è ascolto, preghiera, elevazione. Oggi le strade e le case di Feldis sono nuove, ma il cemento che le lega è antico, è il sangue dei suoi figli. Continuità è ancora la parola che fa battere il cuore dei suoi abitanti.

Seminario di apertura del Prof. Hennig Il Prof. Hennig presenta i suoi suggerimenti didattici

Un suggestivo scorcio offerto dalla Casa della StellaPlasch Barandun, memoria vivente e artista di Feldis mentre dipana il

“mistero” dei simboli incisi su un antico abbeveratoio

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di sospensione, scendiamo la via verso la cella rossa, salutando il Professor Hennig, la Prof. Imboden, congedandoci, graffiati dalla pioggia, dal caldo rifugio che ci ha dato amicizia. Da Feldis.

La via del ritorno

Ora noi tutti siamo più vicini, miracolo consumato in poche ore, ci conosciamo in un modo più completo, più vivo; attraverso la condivisione delle nostre ricerche, del desco, dei sorrisi in tarda ora di Cristina accompagnati dalla musica arpeggiata di Paul, dalle fragorose risate della colonia sudamericana nelle gaudenti figure di Jhemiel, Gloria, Susan, dalle burle di Luis, dalla grazia delle donne ticinesi, Katia e Maria Chiara, dal colorato e colorito binomio italiano, Emanuela e Riccardo, dall‘istanza coraggiosa e impetuosa di un nuovo inizio di Cristina, il tutto orchestrato da una dotatissima e disponibile Jasmine, sotto l‘egida della Prof. Imboden e della saggezza del Prof. Hennig. Attraverso un attimo di vita, come la intendono gli abitanti di Feldis.Attraverso Feldis.

Riccardo Spagnoli è dottorando in letteratura italiana presso il dipartimento di studi romanzi dell‘Università di Zurigo. Nel suo progetto di ricerca, sotto la direzione della Prof. Tatiana Crivelli, affronta la questione del senso della parola “Nichilismo” nella linea di confine che separa l‘Ottocento dal Novecento, attraverso la poetica di Giacomo Leopardi e la produzione letteraria di Carlo Michelstaedter.

Il cuore di Plasch Barandun, l‘artista, l‘incisore delle scritte, la memoria vivente di Feldis. La sera tutti insieme ci facciamo guidare da questa splendida figura di 88 anni, la sua ironia e i suoi lunghi solchi sul viso parlano e uniscono tutti noi a Feldis, felici di essere anche noi frammenti di essa, per soli due giorni, ma che importa, non si abbandona Feldis “mendicanti di giorni”. Raggiungiamo la chiesa e il piccolo cimitero che la circonda, lo sguardo si spalanca sulla vastità del mondo di sotto, il campanile sembra un minareto pronto a diffondere i canti mai interrotti delle famiglie di Feldis, canti di padri, madri e figli che accompagnano nel tempo i propri lutti. Ci si sente ricchi, dominati dal vento e dalla vicinanza al silenzio, che imita con parsimonia la pace di quella vetta.

Il secondo giorno, dopo una splendida colazione, ci aspettano le presentazioni finali dei nostri progetti e la conferenza di chiusura del Prof. Hennig. E ci aspettano i saluti.

Con la felicità di quanto ricevuto e un leggero sbadiglio di nostalgia per un consumato momento

Autografo d‘artista su una copia del libro scritto da Barandun stesso, per la Prof. Imboden e l‘UZH

La fontana eretta e ricavata dalla pietra del mugnaio

Punti dalla pioggia, insieme, per le strette vie di Feldis

IMPRESSUM

Herausgegeben vom «Doktoratsprogramm Romanistik: Methoden und Perspektiven» der UZH.Autorinnen und Autoren sind die Romanistik-Doktorierenden der Universität Zürich.Layout und Gestaltung: Paul SutermeisterKontakt: [email protected]: www.rose.uzh.ch/doktorat/ibidem.html

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que equivaldría a la forma El estado regala esclavos la libertad en la que el cambio de la posición indica la función gramatical. Esta diferencia estructural no es especialmente llamativa, ya que existen lenguas que tan solo usan una de las estructuras como el PE con el objeto indirecto (cf. rojo en la imagen 1) o el B con la estructura de doble objeto (cf. celeste en la imagen 1). Sin embargo, algunas lenguas alternan las estruc-turas y usan una al lado de otra como, por ejemplo, el inglés donde se encuentra tanto I gave the book to John como I gave John the book (cf. gris en la imagen 1). Como es visualizado en la imagen 1, se nota un predominio claro de las estructuras con objeto indi-recto en Europa, mientras que en la región subsaha-riana prevalecen las estructuras con doble objeto. En cuanto al orden de palabras, el PE conoce la forma simétrica expresando tanto una estructura de OI + OD como de OD + OI. En oposición al PE, en algunas lenguas bantúes sólo existe una expresión asimétri-ca, es decir, que sólo se realiza una estructura con el

El homenajeado profesor Georg Bossong con los dos conferenciantes invitados, los profesores Alan Baxter (Bahia) y Hans-Jörg Döhla (París)

POR MARIO A. DELLA COSTANZA

El workshop Línguas em contacto – Lenguas en contacto fue organizado por parte de la lusitanística de la Uni-versität Zürich en conjunto con el Instituto Camões y el programa de doctorado interuniversitario «Procesos de transculturación en la Iberorromania». El work-shop tuvo lugar en honor de Prof. Dr. Georg Bossong debido a su próxima jubilación en verano de este año. Para esta ocasión se ha invitado al Prof. Dr. Alan N. Baxter (Universidade Federal de Bahia, Brasil) y al Dr. Hans-Jörg Döhla (SeDyL, CNRS Paris-Villejuif) que a lo largo de dos días impartieron clases tanto para los doctorandos como para los todos interesados en el contacto lingüístico. A parte del workshop el evento incluía dos ponencias en el mismo campo de interés para honrar los méritos de Prof. Dr. Georg Bossong.

El primer día constaba de dos lecciones a dos horas en las que se discutían las investigaciones actuales de los dos investigadores. La apertura fue hecha por Alan N. Baxter, quien nos gratificó con la posibilidad de echar una mirada a un estudio de campo en trans-curso. Posteriormente, nos habló Hans-Jörg Döhla de las bases teóricas y los problemas que surgen al estu-diar aspectos sintácticos en situaciones de contacto. En la tercera y última sesión del workshop, Baxter planteó la pregunta si el portugués criollo de Malac-ca utilizaba tonos para expresarse.

«The double object construction and substrate in-fluence in Afro-Brazilian (and African) Portuguese»

El workshop se abrió con una clase en portugués so-bre un fenómeno posiblemente originado en el habla de los esclavos subsaharianos llevada hasta el portu-gués brasileño. Se trata del prototipo de la construc-ción ditransitiva (o dativa), es decir, de la construcción con el verbo dar que en diferentes idiomas puede te-ner diferentes expresiones. El punto de partida com-pone la peculiaridad que en las construcciones de

«Línguas em contacto - Lenguas en contacto»Reseña del workshop que tuvo lugar del 11 al 12 de abril en el Seminario de lenguas y literaturas románicas de la Universidad de Zurich.

este tipo el portugués de las comunidades brasileñas de origen subsahariano (PBS) utiliza una estructura distinta a la del portugués europeo (PE), al igual que el portugués de São Tomé (PS) y el de Mozambique (PM). Esta estructura concuerda con la expresión en bantú (B) como se puede ver en el cuadro 1 (véase página siguiente).

La diferencia en estos casos radica en que el PE utiliza la forma (sujeto implícito –) verbo – objeto di-recto – objeto indirecto mientras que las demás len-guas utilizan una estructura diferente. Basándose en la estructura del PE, el objeto indirecto introdu-cido por la preposición a en el PE es expresado por el orden de palabras en el PBS. Se posiciona lo que corresponde al OI en PE entre el verbo y el objeto di-recto evitando de tal modo el uso de la preposición a. Por lo tanto, en vez de reproducir la construcción portuguesa al estilo español como El estado le regala la libertad a los esclavos se expresaría una estructura

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una L1 a una L2. Al mismo tiempo Baxter recurre a un cuadro sociolingüístico en el entendimiento de Labov que explica la situación de contacto en las antiguas co-lonias adoptando una pers-pectiva variacionista.

Los resultados indican en cuanto a los esclavos que una parte primordial de los esclavos afrobrasile-ños provienen de las regio-nes bantú-hablantes y que lo mismo se puede decir de Cuadro 1: Comparación de la estructura ditransitiva en cuatro variedades de portugués y en bantú

(ejemplos extraídos de la presentación de A. N. Baxter).

orden fijo entre los dos objetos del estilo OD + OD1 sin variación entre ellos.

Teóricamente la influencia de un sustrato para Baxter sería explicable mediante dos diferentes acer-camientos: Por un lado a través del full access-model (Schwartz & Sprouse 2007) y, por otro lado, desde una hipótesis de relexificación como expuesta por Lefeb-vre (2008). La primera propuesta proveniente de una tradición generativista entiende como base en la ad-quisición de una L2 siempre los parámetros estable-cidos por la L1 que van cambiando paulatinamente. El punto de vista de Lefebvre parte de la semejanza entre L1 y L2, por lo tanto, si un contenido semántico concuerda en las dos lenguas o si configuraciones se-mejantes se pueden dar a nivel sintáctico, entonces en estos casos las estructuras pueden ser transferidas de

modo la homofonía entre artículo y preposición.

«El contacto de lenguas: la replicación de estructuras morfosintácticas»

Hans-Jörg Döhla arrancó su clase en español marcando que existen contactos entre lenguas que son fáciles de detectar como los cambios en la fonética, y otros cam-bios que son difíciles de reconocer como los fenómenos a nivel sintáctico o morfosintáctico, dado que pueden provenir de un cambio interno de la lengua o resultar por un contacto entre dos lenguas (con referencia a Hei-ne 2012). Los hablantes tampoco tienen la misma con-ciencia para estos cambios sintácticos y, por lo tanto, pa-recen más sutiles que los cambios fonéticos. Sakel (2007) explica la diferenciación entre los cambios fonéticos y sintácticos con referencia a otra publicación (Matras &

Monte Café (São Tomé). Dado que, por un lado, el PE conocía la estructura simétrica y, por otro, el artículo homófono con la preposición a es acústicamente muy propenso a ser contraído, se daba la situación para una re-lexificación basada en la transfe-rencia en base al modelo de full access, ya que en ciertos casos el OI antepuesto al OD concordaba entonces con la estructura de la L1. Por ende, las estructuras di-transitivas de doble objeto serían un reflejo del sustrato subsaha-riano en el PBS. Al mismo tiem-po se ha introducido para expre-sar una estructura simétrica la preposición para, evitando de tal

Los estudiantes y doctorandos interesados acudieron numerosos a las conferencias de Alan Baxter y Hans-Jörg Döhla

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Sakel 2007) como la distinción entre matter y pattern la que fue adoptada para este workshop. Al haber intro-ducido de tal modo al tema, la pregunta de inicio para asegurar la solidez de los fundamentos en los próximos 85 minutos era ¿qué es un contacto de lengua? Con la res-puesta se aclaró que el contacto entre lenguas sólo exis-te en el ser humano, más precisamente en nuestro cere-bro al utilizar más de una lengua a la vez. Esta situación se puede dar por varias razones sociológicas que reper-cuten en lo lingüístico. De esta manera la emigración

código suceda con un oyente que no hable la LB, pri-mero el propósito de comunicación se pierde, ya que no se transmite la información, y segundo, infracciones de las ‘reglas’ sintácticas son percibidas como errores, lo que no suele ser adaptado por la mayoría de los oyen-tes. Queda claro que no se sabe aún con certeza cómo se difunden los cambios, pero sociológica- y sobre todo psicológicamente hay ciertas restricciones al no encon-trarse en un grupo de personas de la misma calidad (= peers), sin embargo, se trata de un proceso dinámico en-tre personas (Matras 2012). De este modo, y gracias a ejemplos extraídos del contacto entre el español y el in-glés en los EE.UU., entre el español y el guaraní en Para-guay y entre el español y el quechua en Ecuador, Döhla mostró cómo funciona un cambio puramente pragmáti-co para excluir a un tercero, cómo se producen cambios por las acepciones semánticas que determinadas pala-bras tienen en un idioma sin tenerlas en el otro (ingl. wintertime vs. esp. estación de invierno), cómo, a veces, sólo ciertas partículas llamadas marcadores discursi-vos son intercambiadas (ingl. so, yeah, you know) o cómo estas y otras palabras funcionan como impulso inicial

Imagen 1: Distribución mundial de las estructuras ditransitivas con dar (sacado de WALS/Haspelmath 2011).

individual, pero también la masiva, el comercio, las guerras y conquistas, o la escolarización pueden llevar a que un individuo adquiera dos lenguas en un momento dado de su vida. El caso contrario, ser monolingüe, es más bien infrecuente en el mundo, y en muchas partes del mundo una persona no sabe sólo dos lenguas, sino muchas más. No obstante, la capacidad de expresión y la fluidez puede variar en los dos (o más) idiomas en cuestión. Döhla modela las capacidades lingüísticas a lo largo de la vida de la manera siguiente (cf. imagen 2):

En su modelo la lengua materna o la primera lengua adquirida no tiene que

Imagen 2: Competencia de habla en situaciones de contacto.

ser forzosamente la lengua dominante y por ello uti-liza, en vez de los términos L1 y L2 (primera lengua y segunda lengua) los términos LA y LB, donde no existe la interrelación entre dominio de lengua y momento de adquisición.

Aclarado este punto hizo ver que saber dos lenguas a la vez aún no crea transferencias de una variedad lingüística a otra. Para que se efectúen cambios lingüísticos, todavía faltan algunos requisitos. Primeramente, el uso, en el caso óptimo, regular de ambas lenguas es primordial, además del hecho de que el oyente y el hablante hablen las dos (o más) lenguas, porque sólo entonces el uso de las lenguas en contacto se produce simultáneamente y es aceptado. Asumiendo el caso que un cambio de

para cambiar de una lengua a otra. Existen también ca-sos en los que aún se pueden separar las lenguas por unidades más grandes u otros idiomas en los que esta separación ya parece imposible, dado que la mezcla de los dos idiomas en cuestión es tan profunda que ni un monolingüe en la LA ni uno en la LB logran entender la mezcla. El primero sería por ejemplo el jopará, una mezcla hablada en Paraguay, donde una informante le describió el jopará a Döhla explicando que “[el] jopará sería si tu me haces pregunta[sic!] en castellano y yo te respondo en guaraní”, es decir, se cambian a nivel inter-sentencial los idiomas. El segundo caso lo componen el jehe’a y la media lengua. La media lengua funciona gra-maticalmente como el quechua, pero todas las palabras

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orden VOS lo que parece ser una replicación del orden básico de palabras en tagalo, lengua filipina que no tie-ne contacto con el chabacano en su isla de origen, pero sí en Manila. También el guaraní en Paraguay parece haber replicado la estructura del español al usar hoy la marcación diferencial del objeto (MDO). En las gramáticas misioneras todavía no se encuentra ninguna huella de esta marcación lo que lleva a la interpretación de que, tal vez, esta marca recién se ha introducido con el éxodo rural a partir de los años 1950. En Bolivia, el aimara en las primeras gramáticas misioneras parece haber tenido algo como una MDO, no obstante, se perdió posterior-mente. Con el español se reintrodujo esta distinción, aunque muy probablemente no ex nihilo, ya que las es-tructuras anteriormente habían existido. En el tarasco (p’urhépecha, Colombia) existe la MDO desde la coloni-zación de los europeos, pero recién en el siglo xx se ha extendido su uso. ¿Será un cambio interno o externo? No queda claro del todo, pero al mismo tiempo se notan otras entradas al sistema del tarasco, como el artículo y la gramaticalización de la pluralidad, lo que invita a

deducir que la expansión de la MDO se produce como efecto secundario de otras réplicas del sistema español adaptadas al tarasco. Döhla concluyó indicando que no siempre cuando uno espera una réplica realmente nos encontramos ante una réplica de estructuras ajenas in-troducidas a un nuevo sistema y que cada caso debe ser considerado por separado.

«Are there “long” and “short” forms of verbs in Malacca Creole Portuguese (MCP)?»

La última sesión del workshop en honor de Prof. Dr. Georg Bossong se dedicaba a aspectos fonético-fonoló-gicos. En el papia kristang, lengua hablada en Malasia, se encuentra la peculiaridad que muchos verbos di- o plu-risilábicos pueden variar su acentuación, aunque, por lo normal, en esta lengua existe una tonicidad fija. Pero el acento no parece ser distintivo, como se ejemplifica en (1ab):

El fenómeno no es nuevo del todo y se ha estudiado ya en varias lenguas criollas. Una explicación para esta va-riación la da Veenstra (2009) observando que el sustrato puede influir de tal modo en el proceso que se establez-ca un resultado como dicha variación. Esto sobre todo se ha señalado en cuanto a los criollos con una base le-xical francesa. Sin embargo, para el papia kristang Bax-ter quiere encontrar primero regularidades sistemáticas antes de proponer o aceptar una hipótesis de sustrato.En un primer momento y para hacer ver lo que significa un estudio fonético-fonológico, todos los participantes del workshop obtuvieron un texto transcrito en el que había que precisar el acento en las palabras di- y plu-risilábicas escuchando la Stori rainya “Prispi di kobra” leída por una persona L1 en papia kristang. Finalizado el ejercicio, Baxter explicó su procedimiento para la ob-tención de datos fiables.

En una primera fase fueron seleccionados y graba-dos 4 hablantes nativos entre 50 y 65 años que conta-ron oralmente cuentos tradicionales. Dos personas, una con conocimientos del papia kristang y otra sin ellos, detectaron los acentos de un total de 763 verbos di- y plurisilábicos. Los casos divergentes (9%) de los resul-tados fueron desechados. De los restantes 91% se ha analizado aún los espectrogramas para verificar inde-pendientemente de la persona y de un modo estandari-zado los resultados. Estos han sido verificados al 100%.

con un significado léxico son españolas aunque foné-ticamente adaptadas al sistema quechua. Entre estos dos polos, jopará y media lengua, se encuentra el jehe’a, donde los cambios son tan frecuentes que los mismos hablantes ya no se dan cuenta de ellos. Aunque los cambios requieren un alto grado de aptitud y capaci-dad lingüísticas, como en los casos del code-switching inglés-español en el que se mantienen las respectivas pronunciaciones, la sociedad resulta, por lo normal, poco tolerante a estos fenómenos y su actitud lingüísti-ca los lleva a denominar estos fenómenos como lenguas impuras, mientras que el prestigio y la expresión culta se da en el uso puro de las lenguas respectivas que tie-nen su literatura y una escritura codificada.

Pasando a la aplicación, Döhla enseñó cambios ocu-rridos en diferentes situaciones de contacto con el espa-ñol siempre como un posible cambio de pattern resul-tante de un contacto. Primero señaló que el chabacano de Manila tiene la peculiaridad de expresarse en un

Participantes del workshop

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sílaba final tónica es preferido con una probabilidad estadísticamente significativa cuando posteriormente se da una pausa. Además, también la fuerza oracional de una interrogación y las dos vocales temáticas –e e –i muestran un funcionamiento análogo al igual que las construcciones intransitivas y predicativas. En cuanto a los núcleos verbales con auxiliar, estos enseñan una leve preferencia hacia una sílaba tónica final frente a núcleos verbales de un solo verbo. Los marcadores temporales también tienden a llevar el acento hacia la última sílaba verbal, no obstante, esto no se da con la misma proba-bilidad anterior (p=0.006), sino con grados menos signi-ficativos (p=0.039). Baxter concluye que aspectos fonéti-cos parecen desencadenar la variación descrita.

Este resultado ahora, como hipótesis para un nuevo estudio, podría ser interpretado como un reflejo de un sustrato antiguo en el sentido de Veenstra (2009), pero aún se tendrá que tener en cuenta los diferentes esta-dos de la lengua y la situación peculiar de renovación del portugués malayo en el siglo XIX. Al mismo tiempo aún se tendrá que investigar el estatus del Malacca ma-lay. En un próximo proyecto se tratará de hacer un test de aceptación de acentos con los propios hablantes del papia kristang para verificar la otra cara de la moneda, es decir, si los hablantes están conscientes del cambio de acentuación o no y si existen preferencias en cuanto al uso de una u otra acentuación.

El workshop dio la posibilidad de aprender investigan-do lo que concuerda con el credo de la Universidad de Zurich de educar a través de la realidad investigadora. Además, el workshop se complementaba con dos ponen-cias de los dos invitados sobre su labor investigadora, es decir, lenguas en contacto en Asia Sudoriental, una película y, para mimar el paladar lingüista, un bufete.

El conjunto entre película, workshop y ponencias dio un panorama amplio y completo desde las bases teóri-cas pasando por las dificultades del estudio de campo hasta las investigaciones actuales con las preocupacio-nes teóricas y prácticas del momento. El workshop en honor de Prof. Dr. Georg Bossong siempre se iluminaba especialmente cuando junto al ponente el honrado en este evento se sumaba a las discusiones y los dos espe-cialistas juntos se invitaban mutuamente a interpretar los datos expuestos viendo al final que los fenómenos bastante exóticos a primera vista se encuentran, a veces, también en nuestras lenguas romances y/o germánicas, y por consiguiente, no son tan exóticos como se ha pen-sado en un primer instante.

BibliografíaHaspelmath, Martin (2011): Ditransitive Constructions: The Verb

‘Give’. In: M. S. Dryer & M. Haspelmath (eds.): The World At-las of Language Structures Online. Chapter 105. Munich: Max Planck Digital Library. En línea: http://wals.info/chapter/105, (06.05.2013).

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Mario Andrés Della Costanza es doctorando en Lingüística española en el Seminario de Lenguas Románicas de la Uni-versidad de Zurich. Su proyecto de investigación, desarro-llado bajo la orientación del Prof. Dr. Georg Bossong, trata de la marcación diferencial del objeto (DOM) en español.

Las organizadoras del evento, las doctoras Maria Ana Ramos y Marilia Mendes

Posteriormente, se ha buscado 10 posi-bles variables, unas gramáticas como la vocal temática del verbo o la estructu-ra verbal con verbo auxiliar, otras foné-ticas o pragmáticas como la distancia a la próxima sílaba tó-nica o la fuerza ora-cional (afirmación vs. interrogación vs. orden).

Los resultados de este análisis mues-tran que el verbo con